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sabato 27 Luglio 2024
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Tangenti e traffici illegali, la “Lista Falciani” mette a nudo i conti in Svizzera di Vip ed evasori

Dall’inchiesta “Swissleaks” emerge un tesoro di cento miliardi messi al riparo dal fisco nelle casseforti del colosso bancario Hsbc. Oltre 5mila gli italiani nella lista dell’ex funzionario, a Torino si torna ad indagare.

Cento miliardi depositati in oltre ottantamila conti correnti, tenuti nascosti per evadere il fisco, pagare tangenti, finanziare guerre e traffici illeciti di diamanti e armi. È quanto emerge dal dossier “Swissleaks” su 106 mila clienti della filiale di Ginevra di Hsbc svelato dal consorzio di giornalisti investigativi Icij, la stessa che nel novembre scorso fece scoppiare lo scandalo “Luxleaks” e tremare il presidente della commissione Ue Junker. Il team di giornalisti ha analizzato gli 81mila conti della “Lista Falciani”, un elenco che porta il nome di un ex funzionario della Hsbc che per anni ha sottratto prove documentali finendo poi per collaborare con i magistrati francesi a un’inchiesta giudiziaria avviata nel 2008. Un fiume di denaro che getta nuove ombre sul segreto bancario svizzero e racconta di una finanza offshore avventata, illecita, dominata da oscuri faccendieri e broker spericolati, ma popolata anche di star dello sport, artisti e politici di ogni nazionalità e livello. Tra gli intestatari dei conti compaiono anche cinquemila italiani su cui già nel 2011 le procure di Roma e Torino aprirono indagini. Ma nel frattempo, buona parte dei capitali è rientrato con lo scudo fiscale, molti reati sono caduti in prescrizione e il bottino recuperato dal fisco italiano è di soli 30 milioni.

La vicenda. C’è un ex funzionario di Hsbc dietro l’operazione “Swissleaks”. Si tratta di Hervé Falciani, un informatico italo-francese che tra il 2006 e il 2008 trafuga dati e informazioni sui correntisti dell’istituto di credito: su di lui nel 2008 ricade il mandato di arresto da parte delle autorità elvetiche, con l’accusa di avere sottratto migliaia di file al colosso bancario. Scelta che non pagherà: l’ex dipendente accetta di collaborare con la giustizia e consegnare il dossier ai magistrati francesi. Ed è dalla “lista” in mano a Falciani che parte l’inchiesta giudiziaria. Un elenco di nomi e numeri, con l’indicazione di migliaia di clienti e intestatari: un fiume di denaro celato per anni, a testimonianza di un sistema opaco, in cui società offshore e faccendieri depositavano in Svizzera proventi spesso illeciti per sottrarli al fisco e proteggerli col segreto bancario. Un’inchiesta giudiziaria, quella francese, che ricollega parte di questi 100 miliardi a tangenti, traffici di armi usate per i massacri in Liberia, broker dediti al commercio illegale di diamanti per finanziare le guerre nel cuore dell’Africa. Nei file compaiono nomi riconducibili a Organizzazioni non governative sospettate di finanziare Al Qeada, ma anche politici. Come l’ex ministro del commercio con l’Estero egiziano, famoso per la fuga dalla rivolta del Cairo con 31 milioni di dollari in tasca. O come Rami Maklouf, cugino del presidente siriano Al Assad. Un sistema che arriva persino a toccare il parlamento inglese con l’ex presidente di Hsbc Steven Green, deputato alla camera con il partito dei Lord e fino al 2013 ministro del governo Cameron.

“Prima bassi standard”. Alla pubblicazione dell’inchiesta sul quotidiano francese “Le Monde”, i vertici di Hbsc, pur ammettendo “le irregolarità della filiale” si sono difesi dicendo che “gli standard dei controlli erano molto più bassi di quanto lo siano oggi” in quanto la banca ginevrina, acquisita nel 1999, “era rimasta per lungo tempo indipendente all’interno del gruppo”. Inizialmente, sostiene il consorzio di giornalisti che ha coordinato l’inchiesta, la stessa Hsbc aveva intimato di distruggere i dati.

La lista italiana. Campioni su due ruote, attori e stilisti, fino a casalinghe prestanome. Nella lista Falciani, finita sulle scrivanie delle procure di Roma e Torino cinque anni fa, figurano 5.439 italiani per un totale di 6,5 miliardi di depositi. Ma i risultati delle due inchieste parallele sono ad oggi scarsi: c’è chi ha dimostrato di non aver sottratto l’imponibile, chi ha visto il proprio reato prescritto, chi non ha superato la soglia penale dei 50mila euro di evasione e chi ha regolarizzato la posizione con lo scudo fiscale del 2009. A Roma su 800 segnalazioni si è arrivati al rinvio a giudizio in tre casi, a Torino solo in uno su 250. E non va meglio sul versante degli accertamenti. Secondo i dati della Guardia di Finanza, su 3.276 controlli ispettivi –inclusi i casi di adesione allo scudo- è emerso che il totale dei redditi non dichiarati ammonta a 741 milioni di euro. Col risultato che 190 sono stati denunciati per reati tributari e il recupero da evasione è stato complessivamente di 30 milioni di euro. Molti vip italiani presenti nella lista hanno nel frattempo regolarizzato la propria posizione col fisco. Valentino Garavani nel 2006 aveva un conto in Svizzera di circa 108 milioni, ma alla fine versò alcuni milioni di euro e chiuse la vertenza. Stessa sorte per Valentino Rossi che nelle casseforti elvetiche di milioni ne aveva 23 e, per un contrasto col fisco che riguardava anche la sua presunta residenza a Londra, risolse il contenzioso pagando 30 milioni all’erario.

Nuove indagini. L’inchiesta “Swissleaks” promette però nuove rivelazioni. Le Fiamme Gialle di Torino sono a lavoro su una lista Falciani-bis con 500 nominativi in più, consegnata a metà dello scorso anno dall’autorità fiscale spagnola, con la quale l’informatico collabora da tempo.

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