Non c’è legalità né equità se non si riparte dalla questione etica: questo lo “spirito” del convegno organizzato da Lef lo scorso 27 ottobre a Rimini, che ha visto la partecipazione di oltre 130 ragazzi delle scuole superiori.
I falsi miti legati all’evasione fiscale, le problematiche culturali del sistema paese e riflessioni sulla tassazione italiana. Ma anche, e soprattutto, etica: dall’obbligazione tributaria come pilastro delle società alla necessità di insegnare ai più giovani i principi alla base del vivere insieme. Questi i temi dibattuti lo scorso 27 ottobre a Rimini, in occasione del convegno “La mano che prende e la mano che dà”, organizzato da Lef – Associazione per la legalità e l’equità fiscale. L’evento, moderato dal Adalberto Gambetti del direttivo di Lef, ha visto la partecipazione di numerosi esponenti della società civile e di oltre 130 studenti delle scuole superiori di Rimini.
Tanti i relatori che hanno animato il convegno. Il presidente di Lef Orlando de Mutiis, nel presentare l’iniziativa si è soffermato sull’attualità del dettato costituzionale in materia di contribuzione alla cosa pubblica e sulle finalità dell’Associazione: “Equità e legalità -ha detto- sono valori che in materia di fisco si traducono in realtà tangibili. La loro promozione e affermazione passa per una riscossa anzitutto culturale. Alla quale comunque occorre accompagnare una efficace lotta all’evasione e a tutti quei comportamenti che negano il fondamentale valore del concorso al bene pubblico di ognuno in rapporto alle proprie disponibilità”. (Qui la relazione del Presidente de Mutiis).
Chi invece si è concentrato sull’etica è stato Luigi Lorenzetti, docente di teologia morale presso la Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna, che ha invitato a ragionare sul «senso delle tasse, che è quello di rendere possibile lo stato sociale oggi in crisi profonda per colpa dell’esaltato individualismo che ha lasciato indietro socialità, solidarietà e senso civico». Il teologo ha poi aggiunto che pagare le tasse deve essere «una convinzione ancor prima che un dovere», ma ha ammesso che «l’etica cattolica non basta, serve il dovere impositivo come forma di partecipazione e progresso sociale».
Dello stesso avviso anche Stefano Vitali, già presidente della Provincia di Rimini, secondo cui «l’analfabetismo etico è alla base dell’evasione», senza la quale «ogni anno a Rimini si potrebbero costruire ex novo 40 asili nido e asfaltare 800 chilometri di strada».
Al convegno è poi intervenuto Innocenzo Cipolletta, presidente di Aifi- Associazione italiana del private equity venture capital e private debt, che sulla scorta di quanto scritto nel suo libro “In Italia paghiamo troppe tasse: falso”, ha spiegato che «l’impressione che il carico fiscale sia eccessivo» deriva «dalla forte evasione e complessità del sistema tributario» e dal fatto che «quasi tutto il peso poggia su lavoro e imprese, poco su consumi e patrimonio». Per l’ex direttore di Confindustria in pratica servirebbe l’opposto di ciò che si appresta a fare il Governo in materia di tassazione sulla casa con legge di stabilità. “Tutte le risorse disponibili -ha spiegato- andrebbero utilizzate per ridurre il carico sul lavoro e sui fattori produttivi e non sugli immobili”.
Poi la seconda parte del convegno, focalizzata in particolare sulla negazione dell’obbligazione tributaria: l’evasione. Un fenomeno di massa, attorno al quale circolano da sempre falsi miti che Lelio Violetti- ex dirigente Sogei- e Oreste Saccone (già dirigente delle Entrate), entrambi del direttivo di Lef, hanno cercato di illustrare dati alla mano (qui il link per consultare i grafici mostrati durante l’intervento). Dagli studi effettuati, è emerso che la base imponibile Irpef è per oltre l’80% costituita dai redditi di lavoro dipendente e pensionati; che la struttura dell’imposta è diventata nel corso degli anni sempre più distorsiva ed oggi risulta straordinariamente asfissiante per i redditi medi, vanificando la progressività originaria. Che grazie alla tecnologia di oggi sarebbe possibile individuare ampia fetta dell’evasione (ad esempio con la tracciatura dei pagamenti e della contabilità a fini fiscali) , ma si è preferito adottare strumenti poi rivelatisi poco efficaci quali il redditometro e lo spesometro. (Qui il link dell’intervento).
Spazio poi a Franco Fichera, professore ordinario di diritto tributario, che ha raccontato la sua esperienza con “Le belle tasse – ciò che i bambini ci insegnano sul bene comune”, un progetto di educazione civica da lui promosso nelle scuole elementari e basato sul gioco delle tasse. In sostanza la simulazione di una società organizzata, attraverso la quale spiegare il funzionamento del governo locale, la gestione delle risorse pubbliche e del gettito fiscale. Protagonisti i bambini, ai quale è affidato un ruolo e una certa quantità di monete secondo una distribuzione casuale. L’iniziativa, che da anni va in giro per l’Italia, è stata replicata il giorno prima del convegno presso la scuola elementare De Amicis di Rimini, e ha avuto risultati sorprendenti: non solo per il basso tasso di evasione (4%), ma soprattutto per la sanzione morale che gli altri bambini hanno applicato ai compagni più “furbi”.
E proprio sul tema della sanzione morale si è concentrato l’ultimo intervento. Quello di Bruno Tinti, oggi giornalista per Il Fatto Quotidiano, che ha raccontato di quando, da magistrato in Piemonte, scovò un oculista che aveva evaso il fisco e che pur di evitare il disprezzo delle persone attorno a lui cercò di corrompere i finanzieri. «L’oculista aveva paura della sanzione morale perché aveva vissuto negli Stati Uniti e sapeva che i reati fiscali lì sono considerati un atto gravissimo», ha detto Tinti, mentre in Italia «l’evasione non è percepita come un fatto grave». «Oggi abbiamo politici che inseguono esclusivamente interessi personali» ha chiosato l’ex magistrato, «basta vedere come Berlusconi prima e Renzi ora stiano distruggendo il sistema penale tributario per rendersene conto».