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martedì 29 Aprile 2025
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Tagli alla spesa informatica Inps, a rischio qualità servizi e contrasto evasione contributiva

di Lelio Violetti

Integrare le banche dati Inps con l’Anagrafe tributaria e comprimere al massimo la frammentazione informatica nell’ottica di una piattaforma tecnologica comune. Dovrebbero essere queste le linee guida attorno alle quali costruire un percorso di ammodernamento dell’apparato pubblico, sia centrale che locale.

Linee che peraltro Renzi e il suo governo condividono, senza però riuscire a concretizzarle. Perché mentre a parole magnificano l’evoluzione tecnologica e l’integrazione fra banche dati come presupposto per facilitare il rapporto fra Stato e cittadino e contrastare l’evasione fiscale e contributiva; nei fatti assumono decisioni che vanno nella direzione opposta, come l’inserimento all’ultimo istante di un emendamento nella legge di stabilità che prevede il taglio del 50% alle spese informatiche dell’Inps.

Una misura che getta ombre sulla reale volontà di rendere più efficiente la Pa. Anche perché va a colpire una delle pochissime eccellenze (assieme all’Anagrafe Tributaria, gestita dall’Agenzia delle entrate) nel campo informatico pubblico.

Queste due realtà sono da considerare anomale nel contesto tecnologico dell’amministrazione pubblica italiana; in questi due sistemi informativi, infatti, nel tempo si è investito molto e il ruolo di sintesi fra esigenze degli utenti finali e opportunità offerte dalla tecnologia è stato svolto in modo efficace non da un organo regolatore dell’intero settore pubblico, ma da una Società, la Sogei, nel caso dell’Anagrafe tributaria, e da una forte struttura interna, anche con elevate competenze tecniche, nel caso dell’Inps.

In assenza d’un coordinamento tutti gli altri comparti dell’Amministrazione Pubblica italiana hanno progettato in autonomia, senza sinergie e senza vincoli, il proprio sistema informativo; hanno sviluppato le proprie applicazioni informatiche e hanno costituito le proprie banche-dati principalmente con l’obiettivo di migliorare l’efficienza interna e di soddisfare le esigenze degli utenti esterni nelle specifiche materie di competenza. Tutto ciò non solo ha influenzato la qualità dei servizi, ma ha anche inciso e incide tuttora negativamente sulla spesa in quanto sono poche le economie di scala realizzate.

Nel “retrobottega” dell’Amministrazione Pubblica centrale e territoriale non esistono, pertanto, processi e strutture organizzative integrati, né tanto meno una piattaforma tecnologica comune.

Raramente i diversi sistemi informativi, costruiti con una logica proprietaria, colloquiano ed interagiscono in modo strutturato. Anche quando si creano le condizioni per superare l’attuale stato di frammentazione c’è necessità di forti investimenti economici.

Questo è ancora più vero per i sistemi informativi degli enti territoriali dove addirittura in molti casi le applicazioni e le relative banche dati, appartenenti ai diversi settori amministrati, non sono in grado di colloquiare tra di loro. L’assenza di una visione organica del sistema informatico dell’ente (regione o comune) ha portato ad investire un fiume di denaro che oggi non offre quel valore aggiunto che le nuove tecnologie potenzialmente avrebbero potuto dare soprattutto nel rapporto con i fruitori dei servizi: i cittadini.

Suscita, pertanto, forti perplessità il fatto che il Governo e il Parlamento vogliono comprimere la spesa informatica corrente di un istituto che è all’avanguardia in questo campo e che ha svolto, svolge e potrebbe svolgere in futuro un ruolo di traino per il miglioramento della qualità e l’integrazione dei servizi tecnologici di tutto il settore pubblico.

Tutto ciò risulta ancora più inspiegabile se si considera il fatto che proprio grazie al sistema informativo dell’Inps e a quello dell’Agenzia delle entrate (l’Anagrafe Tributaria gestita dalla Sogei) si va delineando al centro una infrastruttura tecnologica pubblica, fatta di banche dati e applicazioni, nell’ambito della quale un indirizzo politico accorto e lungimirante potrebbe programmare la crescita e il miglioramento dell’intero comparto  pubblico.

In merito a ciò spesso si fa confusione tra la posizione arretrata che ha l’Italia nella graduatoria del livello di diffusione della infrastruttura di rete (capillarità e ampiezza della banda) su cui vengono erogati i servizi in tempo reale e della facilità di accesso a questi ultimi e la qualità delle banche dati nazionali e delle relative applicazioni che  consentono agli operatori (interni ed esterni) di interagire con i dati in queste archiviati.

È curioso ma proprio nel settore delle banche dati e degli applicativi, a queste collegati, il nostro Paese, se venisse stilata una classifica di questo tipo, risulterebbe tra i primi al mondo e ciò, soprattutto, grazie alle banche dati nazionali relative all’”identificazione dei contribuenti”, al “registro degli immobili e delle proprietà”, alla “posizione contributiva e previdenziale dei lavoratori pubblici e privati” e ad applicazioni come “il cassetto fiscale”, “il fascicolo previdenziale”, “il 730 precompilato”  e “il sistema dei pagamenti con F24”.

A questo va aggiunto che recentemente, questa volta in modo avveduto, è stata affidata all’Agenzia delle entrate (Sogei) la costituzione dell’”Indice Nazionale delle Anagrafi” che aggiunge, a quanto già presente, una ulteriore banca dati nazionale fondamentale in quanto localizza il luogo di residenza del cittadino, creando le premesse per lo sviluppo di nuove applicazioni che facilitino e semplifichino il suo rapporto con l’amministrazione pubblica.

In questo contesto più che ridurre la spesa informatica dell’Inps sarebbe stato opportuno pianificare, con i necessari investimenti, una maggiore integrazione fra fisco e previdenza.

È assurdo, infatti, che alla distanza di poco più di due chilometri in linea d’aria l’Amministrazione pubblica tenga in piedi due separati Centri di elaborazione dati (Anagrafe tributaria ed Inps) che gestiscono infrastrutture ed archivi che potrebbero essere, riducendo di molto i costi, integrati in un solo luogo.

Anche perché dal punto di vista operativo sia l’Agenzia delle entrate che l’Ips si avvalgono dello stesso canale per riscuotere sia spontaneamente con il modello F24 che coattivamente con Equitalia. Inoltre l’Agenzia delle entrate e l’Inps gestiscono informazioni simili (fiscali e previdenziali) relative agli stessi soggetti sia persone fisiche che società. Non a caso la compilazione del 730 era accessibile agli utenti da ambedue i sistemi. Si può pertanto ipotizzare una riorganizzazione delle banche dati nazionali in una prospettiva d’identificazione univoca dei soggetti e con la creazione dell’Anagrafe Unica Fiscale/Contributiva.

Una impostazione politica di questo tipo aprirebbe la strada in prospettiva non solo a consistenti risparmi ma anche a considerare i sistemi informatici pubblici non più come proprietà esclusiva dell’ente di appartenenza (fonte di potere), ma come risorsa da condividere ed integrare con gli altri enti al servizio del paese sia nello sviluppo dei servizi verso i cittadini che nella gestione delle risorse strumentali (centri di elaborazione, archivi, piattaforme, ecc.).

Una riflessione da ultimo merita la considerazione, fatta anche da Boeri, che indebolendo l’informatica dell’Inps s’indeboliscono anche le potenzialità dell’amministrazione pubblica di contrastare l’evasione fiscale e contributiva.

In un paese come l’Italia dove l’evasione fiscale e contributiva è elevata ed interessa milioni di soggetti disporre d’un sistema di banche dati a carattere nazionale con informazioni affidabili e tempestivamente aggiornate è fondamentale non solo nella fase di controllo ma anche e soprattutto nella fase di adesione spontanea all’obbligo (“compliance”).

L’esperienza ha, infatti, dimostrato che l’adozione di strumenti costrittivi e di natura repressiva a posteriori, che riguardano un elevato numero e, in alcuni casi, addirittura intere categorie di contribuenti è, in termini di recupero di gettito evaso, decisamente insufficiente.

La ricerca di metodi e strumenti che facilitino l’adesione volontaria all’obbligo passa tuttavia, quasi esclusivamente, attraverso l’uso corretto delle nuove tecnologie solo con le quali è possibile riacquistare la capacità delle istituzioni di proporsi in modo adeguato per migliorare il rapporto tra Stato e cittadino, recuperando fiducia e rispetto reciproci.

Anche la ricerca della fedeltà fiscale e contributiva deve, pertanto, puntare sulla soddisfazione per i servizi resi da un’azione amministrativa autorevole, piuttosto che sul timore delle sanzioni.

Un capovolgimento di impostazione quindi: non solo gestione e controllo dell’assolvimento degli obblighi, ma anche e soprattutto supporto e collaborazione nel momento stesso dell’adempimento.

Per tali ragioni sviluppare e mantenere un sistema informatico pubblico è cruciale per il futuro di questo paese e non è di certo un buon segnale l’annunciata riduzione della spesa informatica dell’Inps.

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