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Un anno di riforma fiscale: norme inique e regali agli evasori (pubblicato su “Domani”)

Enrico Dalcastagné

16 agosto 2024 • 07:00

È passato un anno dal varo della legge delega per riformare il sistema tributario. Finora il governo ha adottato 11 decreti: dalla revisione dell’Irpef al concordato preventivo, dall’addio al redditometro alla dilazione dei debiti. Chi è stato avvantaggiato e chi penalizzato? La retorica del “Fisco amico” e la lotta fantasma a chi evade le tasse

La legge delega è stata approvata dal parlamento giusto un anno fa. Ora il governo è a metà percorso, convinto di aver rivisto per buona parte il sistema fiscale italiano. Il ddl varato ad agosto 2023 stabiliva che palazzo Chigi adottasse entro due anni i decreti legislativi «per la revisione del sistema tributario». Ad oggi sono undici i testi già pubblicati in Gazzetta ufficiale, mentre altri tre sono sottoposti all’esame delle commissioni parlamentari.

«Sarà una riforma strutturale che l’Italia aspettava da 50 anni: meno tasse su famiglie e imprese, un fisco più giusto e procedimenti più semplici», aveva detto un anno fa la premier Giorgia Meloni. «Abbiamo ridotto le sanzioni, introdotto una disciplina per la global minimum tax e adottato più garanzie per il contribuente. Noi vogliamo un fisco dialogante che non abbassi la guardia con gli evasori», ha rivendicato pochi giorni fa il viceministro dell’Economia Maurizio Leo.

Eppure la riforma ha attirato molte critiche, fin dalla presentazione della legge delega. «Non c’è un disegno razionale dietro queste misure, che non sono eque perché favoriscono le classi abbienti dimenticando quelle povere – ha scritto su Domani l’economista Alfredo Roma – La riforma avvantaggia imprenditori, commercianti e professionisti, da cui dipende la maggior parte dell’evasione fiscale».

In tutto ammonta a 83 miliardi di euro la stima delle tasse non pagate nel 2021 (ultimo dato disponibile). Dal 2018 la cifra si sarebbe ridotta di quasi 20 miliardi: un miglioramento imputabile a misure come lo split payment (il versamento dell’Iva direttamente dal cliente) e la fatturazione elettronica. L’evasione fiscale e contributiva è così scesa dai 100,4 miliardi del 2019 agli 83,6 miliardi del 2021. E il calo è ben visibile anche in percentuale di quanto dovuto al fisco.

La revisione dell’Irpef

Ma quali sono i provvedimenti presi dal governo per riformare il sistema tributario? Quali le categorie avvantaggiate e chi invece ne esce penalizzato? Tra i primi decreti attuativi c’è stato quello sull’Irpef, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 30 dicembre scorso. La revisione, valida soltanto per il 2024, prevede la riduzione degli scaglioni da quattro a tre e l’aumento delle detrazioni per i redditi più bassi.

Se il passaggio dal 2021 al 2022 aveva comportato il taglio da cinque a quattro aliquote, da gennaio si è passati a tre sole aliquote (con effetti sulla dichiarazione dei redditi 2025). I primi due scaglioni di imponibile si sono fusi in uno (da zero a 28mila euro): il vecchio secondo scaglione è confluito nel primo, con annesso cambio di aliquota verso il basso, dal 25 al 23 per cento. Il terzo e quarto scaglione sono invece rimasti uguali.

Sempre per il 2024, si è poi innalzata da 1.880 a 1.955 euro la detrazione prevista per i titolari di redditi da lavoro dipendente e di alcuni redditi assimilati fino a 15mila euro. In questo modo si è ampliata fino a 8.500 euro la soglia di no tax area prevista per i lavoratori dipendenti, che è stata parificata a quella già vigente per i pensionati.

obiettiva difficoltà» potrà chiedere, dal 2025, una rateizzazione fino a 84 rate mensili. Ad oggi, invece, il limite massimo è fissato a 72 rate.

La norma sul discarico anticipato prevede invece che le cartelle notificate da gennaio 2024 saranno cancellate se non riscosse entro cinque anni. Gli atti finiranno fuori dal “magazzino della riscossione” dell’Agenzia, ma non è un vero e proprio stralcio: i titoli di debito tornano in mano all’ente creditore (ad esempio il comune nel caso di una multa), che avrà altre opzioni per gestire la riscossione. Lo stato, inoltre, avrà massimo nove mesi per l’invio delle cartelle esattoriali.

«Il Fisco amico passa anche dalla rateizzazione dei debiti, dando la possibilità ai contribuenti di pagare in tempi congrui», ha spiegato in coro il governo. Ma nei fatti è un regalo a chi non ha versato il dovuto. «Cancellare le cartelle non riscosse è un incentivo al mancato pagamento ed è ingiusto nei confronti di chi, nonostante le difficoltà, sceglie di adempiere ai propri doveri», ha attaccato Angelo Bonelli (Alleanza verdi e sinistra).

Ma ormai c’è poco da stupirsi. Due sono le cifre del rapporto della destra con il Fisco, ha notato Monaco su Domani: «la propensione a comprare il consenso di un pezzo di elettorato mettendo il costo a carico del debito pubblico e la “cultura” dello stato come bestia famelica che opprime cittadini e imprese». Per questo non vanno messe «le mani nelle tasche degli italiani», come amava dire Berlusconi, e bisogna salvare i cittadini dal temibile «pizzo di stato», per usare le parole di Meloni.

L’accertamento del Fisco sarà infatti possibile solo se il reddito “accertabile” grazie ai dati sul tenore di vita del contribuente supera del 20 per cento quello dichiarato (come è sempre stato) e se supera di dieci volte l’assegno sociale (cioè sfora i 70mila euro). Il contribuente potrà poi difendersi dimostrando che le spese sono state sostenute con redditi diversi da quelli ottenuti nel periodo d’imposta.

È evidente l’intento di ridurre al minimo il numero dei falsi positivi e di indirizzare i controlli su casi in cui c’è un’evasione elevata. «Il vecchio e odioso redditometro è stato sostituito dal “ladrometro”, uno strumento che aiuterà a scoprire i grandi evasori che possiedono beni di lusso senza pagare le tasse», ha detto il deputato di Fratelli d’Italia Francesco Filini.

Di fatto però si indebolisce un meccanismo prezioso (per quanto perfettibile) e utile a contrastare sul serio evasione ed elusione. «I partiti di destra fanno a gara a chi è più generoso a brandire chi evade con il più ipocrita dei messaggi: la retorica della guerra ai maxi evasori. Ma i dati evidenziano che il problema si annida soprattutto nella sterminata platea dei piccoli evasori», ha scritto Franco Monaco su questo giornale.

La dilazione dei debiti

Come se non bastasse, a inizio agosto è stato pubblicato anche il decreto di riordino della riscossione, approvato in prima lettura in Consiglio dei ministri già l’11 marzo. Il testo introduce piani di rateizzazione più lunghi per saldare i debiti con il Fisco. Il contribuente che deve pagare cifre sotto i 120mila euro e che è in una «temporanea situazione di obiettiva difficoltà» potrà chiedere, dal 2025, una rateizzazione fino a 84 rate mensili. Ad oggi, invece, il limite massimo è fissato a 72 rate.

La norma sul discarico anticipato prevede invece che le cartelle notificate da gennaio 2024 saranno cancellate se non riscosse entro cinque anni. Gli atti finiranno fuori dal “magazzino della riscossione” dell’Agenzia, ma non è un vero e proprio stralcio: i titoli di debito tornano in mano all’ente creditore (ad esempio il comune nel caso di una multa), che avrà altre opzioni per gestire la riscossione. Lo stato, inoltre, avrà massimo nove mesi per l’invio delle cartelle esattoriali.

«Il Fisco amico passa anche dalla rateizzazione dei debiti, dando la possibilità ai contribuenti di pagare in tempi congrui», ha spiegato in coro il governo. Ma nei fatti è un regalo a chi non ha versato il dovuto. «Cancellare le cartelle non riscosse è un incentivo al mancato pagamento ed è ingiusto nei confronti di chi, nonostante le difficoltà, sceglie di adempiere ai propri doveri», ha attaccato Angelo Bonelli (Alleanza verdi e sinistra).

Ma ormai c’è poco da stupirsi. Due sono le cifre del rapporto della destra con il Fisco, ha notato Monaco su Domani: «la propensione a comprare il consenso di un pezzo di elettorato mettendo il costo a carico del debito pubblico e la “cultura” dello stato come bestia famelica che opprime cittadini e imprese». Per questo non vanno messe «le mani nelle tasche degli italiani», come amava dire Berlusconi, e bisogna salvare i cittadini dal temibile «pizzo di stato», per usare le parole di Meloni.

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