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domenica 1 Settembre 2024
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Idee-risorsa per la Legge di bilancio: in Ue oltre 2mila mld di dollari di capitali in fuga, Italia al terzo posto con 198

Alla vigilia dell’elaborazione e presentazione di una Legge di bilancio 2024 che si presenta particolarmente critica per la difficoltà di trovare vere coperture ai tanti impegni di spesa, vogliamo richiamare l’attenzione dei decision maker su uno dei grandi serbatoi di ricchezza non ancora efficacemente tassati ma, al contrario, bellamente esentati.

I cittadini europei detengono oltre 2mila miliardi di dollari all’estero.

Solo in Italia il flusso di denaro approdato oltre confine in lidi giudicati più sicuri ammonta a 198 miliardi di dollari (9,8% del Pil), una cifra che negli ultimi anni è raddoppiata. In termini assoluti la Francia è il paese Ue che registra la più consistente ricchezza finanziaria offshore: 545 miliardi di dollari nel 2022. Segue la Germania con 377 miliardi e l’Italia, al terzo posto, con 198. Se però osserviamo il rapporto con il prodotto interno lordo, il dato più elevato è quello greco: la ricchezza offshore in Grecia ammonta al 64% del Pil. Quasi il doppio della Bulgaria, che si attesta al 37,1%.

Per quanto riguarda i paesi di destinazione si ridimensiona il ruolo della Svizzera, la quale ha perso notevolmente importanza negli ultimi 15 anni agli occhi dei gestori di patrimoni, a vantaggio soprattutto dei paradisi fiscali asiatici. Continua tuttavia a essere il principale paradiso fiscale in Europa, riportando 2600 miliardi di dollari provenienti da cittadini non residenti nel paese. Segue il Lussemburgo con 629 miliardi.

Per monitorare questo fenomeno, particolarmente esposto all’evasione fiscale, è di cruciale importanza la cooperazione internazionale. La raccolta e gli scambi di dati e informazioni societarie, che possono mettere in grado le agenzie fiscali di ricostruire efficacemente i movimenti monetari, hanno ricevuto un particolare impulso dalla costituzione del Common Reporting Standard,  un protocollo informativo per lo scambio automatico di informazioni relative ai conti finanziari a livello globale tra autorità fiscali, sviluppato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico nel 2014 con lo scopo precipuo di combattere l’evasione fiscale.

Evasione ed elusione fiscale possono assumere le forme più diverse. Spesso avvengono a livello di aziende, come nel caso delle multinazionali che, avendo sedi in più paesi, possono facilmente trasferire i propri profitti dove il regime di tassazione risulta più favorevole. Ma anche i privati cittadini possono evadere il fisco attraverso la movimentazione di capitali, per esempio detenendo ricchezze e risorse finanziarie fuori dal proprio paese nei cosiddetti paradisi fiscali. Episodi di importanti fughe di documentazione e di informazioni che hanno rivelato i nomi di detentori di grandi capitali all’estero, hanno avuto particolare risonanza mediatica, come ad esempio nel caso dei cosiddetti Pandora papers e gli Swiss leaks.

La ricchezza offshore, come ricorda il Global tax evasion report 2024 redatto dall’EU Tax Observatory e dai quali sono stati tratte queste note, è un fenomeno di ampia portata, non di per sé illegale, ma che, essendo maggiormente esposto all’evasione fiscale, può causare ingenti perdite alla collettività e allo stesso tempo inasprire le disuguaglianze economiche, rendendone più difficile la rilevazione. Di quest’ultimo aspetto si occupa l’Eu tax observatory, un laboratorio di ricerca finanziato dall’Unione europea.

Come si stima la ricchezza offshore

Con ricchezza finanziaria offshore delle famiglie si fa riferimento alle attività finanziarie detenute da individui al di fuori del loro paese di residenza. Tale categoria comprende i depositi bancari e i portafogli titoli (azioni, obbligazioni, quote di fondi comuni di investimento e altri strumenti finanziari).

Detenere asset finanziari all’estero è permesso, purché si dichiarino i guadagni che ne derivano alle autorità domestiche, dato che i paesi tassano i guadagni dei propri residenti a prescindere da dove essi siano ricavati. Tuttavia, l’evasione fiscale è molto più semplice al di fuori dal paese di residenza, per tutta una serie di dinamiche: la poca visibilità, la necessità di un forte coordinamento tra banche e Stati a livello internazionale nonché l’esistenza di una serie di possibili stratagemmi per aggirare la dichiarazione.

Per molto tempo è stato estremamente difficile delineare le dimensioni del fenomeno. Elaborarne i contorni è diventato più facile grazie alla metodologia di riferimento elaborata dall’economista francese Gabriel Zucman, dell’Eu tax observatory. Si tratta fondamentalmente di misurare il mismatch esistente tra attività e passività a livello internazionale. A segnare una svolta è stata anche la decisione di più di 100 paesi di adottare il common reporting standard (Crs) dell’Ocse. Da allora le banche nei paradisi fiscali comunicano automaticamente le informazioni sui propri clienti alle autorità fiscali dei loro paesi di residenza. Prima invece vigeva un vero e proprio regime di segretezza bancaria e le banche rispondevano soltanto a richieste esplicite.

Le attività finanziarie che i cittadini europei detengono all’estero

Secondo le stime effettuate dall’Eu tax observatory, a livello globale erano depositati fuori dal paese di residenza del proprietario alla fine del 2022 circa 12mila miliardi di dollari. Si escludono da questa stima le proprietà materiali come oro, opere d’arte e case. Una cifra molto elevata, pari al 12% del Pil mondiale. L’osservatorio stima che circa un quarto di queste ricchezze non vengano in alcun modo tassate.

Per quanto riguarda i 22 paesi membri per i quali sono disponibili dati (sono esclusi Cipro, Lussemburgo, Belgio e Austria, considerati dall’Eu tax observatory dei paradisi fiscali e non sono disponibili i dati di Malta), la cifra raggiunge i 2.141 miliardi di dollari.

L’evasione fiscale offshore

Detenere risorse finanziarie all’estero non è illegale. E spesso le persone possono scegliere di farlo per ragioni che non hanno nulla a che vedere con le tasse. Globalmente, come abbiamo visto, circa il 25% delle risorse finanziarie all’estero riesce a sfuggire alla dichiarazione ed è una quota ormai in calo da diversi anni.

Tuttavia quello della ricchezza finanziaria offshore resta un fenomeno che occorre monitorare con attenzione. Una serie di fattori lo espongono infatti al problema dell’evasione fiscale. L’Eu tax observatory ne individua otto in particolare:

  • l’inadempienza delle banche, che non dichiarano le informazioni che sarebbero tenute a rilasciare, per favorire i propri clienti;
  • la trasformazione delle aziende in banche di comodo (shell banks), che permettono al proprietario di eludere la dichiarazione a terzi, di fatto autodichiarando;
  • il ricorso ai programmi di ottenimento della cittadinanza tramite investimento;
  • la diluizione: ci sono delle soglie al di sotto delle quali non è obbligatorio dichiarare, pertanto si possono diluire gli investimenti in una serie di transazioni di importo più basso;
  • le eventuali lacune nei requisiti di dichiarazione;
  • la mancata partecipazione degli Stati Uniti (un attore finanziario di dimensioni notevoli) al Crs;
  • la carenza di capacità amministrativa;
  • le sfide nell’inclusione dei paesi a più basso livello di sviluppo.

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