di Giuseppe Fonte, Gavin Jones e Alvise Armellini
ROMA (Reuters) – Un nuovo studio rivela che il fisco italiano è squilibrato a favore del 7% più ricco della popolazione, alimentando la disuguaglianza e impoverendo le finanze pubbliche di una delle nazioni più indebitate d’Europa.
Nei Paesi avanzati è comune che l’1-2% più ricco paghi in proporzione meno di chi ha redditi inferiori, anche grazie all’uso di consulenti finanziari e alle imposte basse sugli investimenti.
In Italia queste distorsioni si manifestano molto prima, scattando dalla fascia del 7% dei più ricchi, secondo lo studio di cinque economisti tra cui Alessandro Santoro, ex consigliere dei ministri dell’economia Roberto Gualtieri e Daniele Franco.
Un sistema di tassazione è progressivo se chi più possiede, più paga in proporzione al proprio reddito e al patrimonio. Si parla invece di sistema regressivo quando questo principio viene rovesciato.
“Ci sono evidenze che la regressività in Italia sia notevole rispetto a economie simili e colpisce i redditi superiori a 76.000 euro con un patrimonio di circa 450.000 euro”, ha detto Santoro a Reuters.
RIDURRE DISUGUAGLIANZA E DEBITO
Questa situazione ha conseguenze importanti per l’economia italiana nel suo complesso, sostengono molti economisti.
Un aumento della tassazione sui redditi alti e medio-alti ridurrebbe la disuguaglianza in un Paese in cui la povertà è in aumento da anni e consentirebbe all’Italia di ridurre il suo debito, il secondo più grande della zona euro.
In alternativa, l’aumento potrebbe permettere di ridurre le tasse sulle persone a basso reddito, che spendono una quota proporzionalmente maggiore dei loro averi rispetto ai ricchi, rilanciando potenzialmente i consumi e la crescita di un’economia stagnante.
Un portavoce del Tesoro ha detto che il governo è contrario all’aumento delle tasse e ha sottolineato come nella legge di bilancio 2025 siano previsti tagli fiscali per le persone a reddito medio e basso.
L’Italia ha una tassazione relativamente elevata, con una pressione fiscale del 41,5% del Pil. Ma il peso del fisco non è distribuito equamente.
Le tasse sono basse sugli immobili e sulle rendite finanziarie, che sono tipiche fonti di reddito per i ricchi, i quali beneficiano anche di imposte di successione trascurabili. I lavoratori autonomi godono anch’essi di aliquote favorevoli.
I lavoratori con redditi più bassi pagano invece la più alta quota del loro salario lordo in tasse e contributi di tutta l’Unione europea, come mostrano i dati della Commissione europea.
“Abbiamo scelto un mix estremo di strumenti fiscali”, ha detto Marco Leonardi, professore di economia all’Università statale di Milano ed ex collaboratore di Mario Draghi a Palazzo Chigi.
La maggior parte degli investimenti finanziari è tassata dal 12,5% al 26%, l’affitto di immobili può avere un’aliquota forfettaria ridotta del 21% e non vi è alcuna tassazione sulla prima casa.
I lavoratori autonomi, un pilastro del governo Meloni, possono pagare solo il 15% su un reddito annuo fino a 85.000 euro, mentre l’aliquota fiscale più alta per i lavoratori dipendenti, pari al 43%, scatta già dai 50.000 euro l’anno.
Cinquant’anni fa, l’aliquota massima IRPEF sui redditi più alti arrivava al 72%.
IL PESO DELLA CLASSE MEDIA
A causa di queste distorsioni, le persone che guadagnano tra i 29.000 e 75.000 euro l’anno, che rappresentano solo il 21% dei contribuenti, forniscono oltre il 40% del gettito fiscale, come indicano i dati del Tesoro.
L’imposta di successione in Italia frutta solo 1 miliardo di euro l’anno, rispetto ai circa 18 miliardi della Francia e ai 9 miliardi della Germania e della Gran Bretagna.
“L’imposta di successione è così bassa da essere irrilevante”, ha detto Leonardi, aggiungendo che Meloni potrebbe finanziare tagli fiscali per i redditi medi con un aumento marginale di questa imposta.
Il governo, nell’ottica di sostenere la classe media, sta cercando di trovare 2,5 miliardi di euro nella legge di bilancio 2025 per tagliare le tasse sui redditi compresi tra i 50.000 e i 60.000 euro.
Ma Meloni non ha dimostrato alcuna intenzione di trovare i soldi prendendo di mira i più abbienti, ad esclusione del recente raddoppio a 200.000 euro della contestata ‘flat tax’ sui redditi prodotti all’estero dai super ricchi.
Mariana Mazzucato, professoressa di economia all’University College di Londra e consulente politico di diversi governi, ha detto a Reuters che qualsiasi tipo di flat tax è regressiva e dannosa per l’erario.
“In un Paese come l’Italia, con una crescente disuguaglianza, sono semplicemente assurde”, ha sottolineato.
Il governo sostiene che la flat tax, o schemi simili come l’aliquota unica del 15% per i lavoratori autonomi, semplificano il sistema e contribuiscono a ridurre l’evasione.
Santoro afferma invece che una tassa sul patrimonio a carico dell’1% più ricco, o anche solo dallo 0,1%, potrebbe fruttare fino a 12 miliardi di euro l’anno.
L’1% più ricco in Italia è costituito da 500.000 persone con un patrimonio di oltre 2 milioni di euro ciascuno, mentre lo 0,1% equivale a 50.000 persone con un patrimonio di oltre 15 milioni di euro a testa.