L’arbitrato fiscale internazionale non ancora trova uno spazio adeguato di sviluppo. Previsto per risolvere singoli casi di doppia imposizione si scontra con la resistenza degli Stati a cedere potere in materia tributaria.
di Ipazia
Adeguatamente sviluppato e sostenuto da procedure rapide e snelle l’arbitrato fiscale internazionale potrebbe diventare uno strumento utile per la soluzione dei casi di doppia imposizione in cui possono incappare le imprese che operano in più paesi e che spesso sono sottoposte alle richieste di più amministrazioni fiscali. Lo strumento potrebbe garantire efficienza ed efficacia e rendere l’azione amministrativa più economica ma stenta a decollare soprattutto nei paesi dove è più forte l’attaccamento alla formale applicazione delle disposizioni tributarie nazionali. Tuttavia molti paesi hanno ormai superato le iniziali diffidenze verso procedure che sottraggono le controversie ai propri tribunali e vedono con favore il ricorso all’arbitrato. E proprio per migliorarne il funzionamento sono state assunte iniziative tese a definirne in maniera più stringente i contenuti per evitare il ricorso all’arbitrato con l’obiettivo di aggirare le norme interne e favorirne quindi lo sviluppo.
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La procedura arbitrale internazionale in ambito fiscale è contemplata nelle disposizioni di natura convenzionale richiamate, in ambito comunitario, dalla Convenzione Cee n. 90/436 del 23 luglio 1990 e, in ambito internazionale, dal Modello di Convenzione Ocse, peraltro recentemente modificato.[1] Già il Trattato di Roma (art. 220) prevedeva la possibilità per gli Stati membri di semplificare le formalità cui erano sottoposti il reciproco riconoscimento e la reciproca esecuzione delle decisioni giudiziarie. Questa forma di cooperazione giudiziaria in campo civile è stata recepita dal trattato di Amsterdam del 1998, ai sensi dell’art. 293 che mutua il contenuto del precedente art. 220.
Nel frattempo era intervenuta la convenzione n. 90/436, concernente l’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate e di imputazione degli utili a una stabile organizzazione, successivamente modificata nel 1999[2]. Qualora sussistano le condizioni di applicazione, [3] specificate dall’art. 4 della Convenzione stessa, e non sono osservati i principi di tassazione correlati, l’impresa che si ritenga lesa nei propri interessi “ha la facoltà di sottoporre detto caso all’Autorità competente dello Stato contraente di cui è residente o nel quale è situata la sua stabile organizzazione, indipendentemente dai ricorsi previsti dalla legislazione nazionale degli stati contraenti interessati”. Il termine per adire è di tre anni dalla “prima notifica della misura che comporta o può comportare una doppia imposizione”, ex art. 1.
La medesima impresa è tenuta contestualmente ad informare l’Autorità competente se altri Stati contraenti sono interessati al caso di specie. La predetta Autorità, qualora valuti la fondatezza del reclamo, può, ai sensi dell’art. 6, instaurare una procedura amichevole con l’Autorità omologa di altri Stati eventualmente interessati sempre “al fine di evitare la doppia imposizione”. L’accordo amichevole prescinde comunque dai termini di scadenza previsti dalle rispettive normative interne. Alla procedura amichevole si affianca quella arbitrale, in quanto se, “entro due anni dalla data in cui il caso è stato sottoposto per la prima volta ad una delle Autorità competenti, ”[4] non si raggiunge un accordo, le Autorità in questione istituiscono una Commissione consultiva con l’incarico di rassegnare un parere sulle modalità da seguire per evitare la doppia imposizione[5]. Tale parere deve essere reso entro il termine di “sei mesi dalla data in cui è stata adita”.[6]
Ciò non impedisce allo “Stato contraente di avviare o continuare…azioni giudiziarie o procedure per l’applicazione di sanzioni amministrative”. Naturalmente anche le imprese possono produrre ricorso secondo le disposizioni previste dal diritto interno; in questo caso però il termine biennale decorre dal momento “in cui è diventata definitiva la decisione pronunciata in ultima istanza”. L’aspetto più rilevante della Convenzione, senza entrare nei dettagli applicativi, è rappresentato dunque dalla possibilità, che si traduce in auspicata previsione, di adottare in casi simili una procedura arbitrale. Resta inteso che il ricorso a tale procedura non è obbligatorio “quando, con procedimento giudiziario o amministrativo, è stato definitivamente constatato che una delle imprese interessate…è passibile di sanzioni gravi” ed anzi, nel caso sia stata già avviata la procedura, la stessa può essere sospesa fino alla conclusione del procedimento giudiziario o amministrativo ancora pendente.
La procedura arbitrale di cui all’art. 7 prevede, tra l’altro, che le imprese e le Autorità competenti degli Stati interessati debbano collaborare con la Commissione consultiva, fornendo, ove richiesto, informazioni, prove e documenti. La portata obbligatoria della disposizione incontra, tuttavia, dei limiti, in quanto non comporta per l’Autorità competente l’adozione di “provvedimenti amministrativi in deroga alla propria legislazione nazionale” o la trasmissione di “informazioni che potrebbero rivelare un segreto commerciale, industriale o professionale …oppure informazioni la cui comunicazione sarebbe contraria all’ordine pubblico”. La Convenzione stabilisce anche un termine per la definizione dell’intero iter che si conclude, entro sei mesi dalla data in cui la Commissione consultiva ha reso il suo parere, ”[7] quando le autorità competenti decidono di comune accordo sul caso di specie e possono altresì convenire di pubblicare, previo consenso delle imprese interessate, l’esito della loro deliberazione.
La bontà delle procedure di cui trattasi (sia amichevole che arbitrale) trova ulteriore conferma nel fatto che si può ricorrere alle medesime pure in presenza di una decisione definitiva adottata dagli Stati contraenti in materia di imposizione sugli utili provenienti da un’operazione tra imprese associate.[8] L’adesione alla Convenzione è stata prorogata di volta in volta, come previsto dall’art. 20[9], con cadenza quinquennale; da ultimo, per quanto riguarda l’Italia, nel 2004[10]La Comunità europea ha sottolineato anche in tempi recenti l’opportunità di adottare misure condivise, sia per assicurare un migliore coordinamento dei sistemi fiscali dei Paesi membri che per trovare soluzioni adeguate e di portata generale “per i contribuenti che sono soggetti a doppia imposizione a causa di conflitti di potestà impositiva”. In particolare la Commissione europea si è pronunciata esplicitamente sulla volontà di migliorare il funzionamento della convenzione arbitrale che, di fatto, sino ad oggi si applica solo alle controversie in tema di prezzi di trasferimento. Infatti la stessa Commissione, dopo aver individuato settori delicati nei quali occorre intervenire per assicurare un migliore coordinamento e proteggere le basi imponibili degli Stati membri, ha segnalato la possibilità di introdurre un meccanismo vincolante, ma al tempo stesso efficiente e generalizzato, per la composizione delle controversie sorte in materia di doppia imposizione internazionale nell’ambito UE. “Un meccanismo di questo genere sarebbe realmente utile per i contribuenti che agiscono a livello transfrontaliero, in particolare per le persone fisiche e le PMI”.[11]
Allargando la prospettiva a livello internazionale si rileva che il Modello di convenzione Ocse, già citato, consente, grazie alla procedura amichevole di cui all’art. 25[12], al contribuente colpito da doppia imposizione di attivare presso l’Amministrazione finanziaria competente un aggiustamento dell’imposizione di comune accordo con l’Amministrazione finanziaria straniera che vanta una pretesa tributaria sulla stessa operazione trasnazionale. In pratica al contribuente doppiamente tassato, sulla base di una violazione delle norme convenzionali in esame, è riconosciuto il diritto di avviare una collaborazione amministrativa tra le Amministrazioni finanziarie al fine di eliminare la doppia imposizione tramite opportune correzioni, c.d. corresponding adjustment.
Se le predette Amministrazioni non pervengono ad un accordo, trascorsi due anni dalla presentazione dell’istanza del contribuente, la questione viene sottoposta a procedura arbitrale. Il Commentario al modello Ocse chiarisce in proposito che l’arbitrato non è una procedura alternativa a quella amichevole, ma si qualifica come estensione delle Map (mutual agreement procedure). Il principio di alternatività permane, invece, nel rapporto tra l’istituto in questione e la normativa interna che tende in genere a essere prevalente. Infatti il contribuente non può contemporaneamente avviare la procedura amichevole prevista dalla convenzione e agire in sede giurisdizionale presso la propria autorità finanziaria, ovvero, nel caso sia intervenuto l’accordo, può sempre rifiutarlo per scegliere una soluzione in base alla normativa domestica o, in caso contrario, rinunciare alla pronuncia dell’organo interno adito a vantaggio della soluzione concordata. Quando, però, vi sia una pronuncia definitiva degli organi giudiziari o amministrativi di uno degli Stati interessati, il contribuente può soltanto cercare la soluzione concordata al fine di ottenere il rimborso della doppia imposizione rivolgendosi alle autorità competenti dell’altro Stato interessato, purché la stessa pronuncia non sia esaustiva del caso di specie.[13] L’arbitrato non affronta, infatti, problematiche di interesse generale, ma si limita a risolvere singole fattispecie sottoposte all’attenzione dell’autorità competente. Il discorso vale anche per i casi analoghi, riferiti addirittura al medesimo contribuente ma relativi a periodi d’imposta differenti.[14]
Diversamente dalla precedente versione è introdotto un automatismo temporale, nel senso che, superato il limite biennale senza che le amministrazioni interessate abbiano raggiunto una soluzione amichevole, scatta obbligatoriamente la procedura arbitrale, a meno che il contribuente non accordi un lasso di tempo maggiore per risolvere la controversia o non sia ancora intervenuta la pronuncia di un organo giudiziario o amministrativo. La novità introdotta mira, quindi, a penalizzare l’inerzia dell’Amministrazione favorendo un accordo in tempi ragionevoli. Nel complesso l’arbitrato promuove, dunque, una forma più snella di risoluzione delle controversie fiscali che meriterebbe di certo maggiore considerazione.
Considerazioni critiche e prospettive future
In ambito internazionale il pendolarismo delle volontà, suffragato da una sana dose di esterofobia, tende a rappresentare la regola quando, in forza di vincoli pattizi s’impone la necessità di conferire cittadinanza a strumenti o procedure, come quella arbitrale, le cui implicazioni fiscali sottraggono competenza ai giudici togati nazionali per deferirla a organi super partes di matrice internazionale. L’arbitrato indubbiamente è un efficace strumento internazionale di risoluzione delle controversie transnazionali civili o fiscali in tempi più celeri rispetto a quelli ordinari di diritto interno. A ciò si aggiunga che un più diffuso ricorso a questo istituto innovativo sembrerebbe trovare maggiori possibilità di successo proprio nei sistemi giudiziari come il nostro, caratterizzati da una patologica lentezza del processo, anche di natura tributaria. Contrariamente alla logica previsione, l’arbitrato stenta ancora a decollare, mentre il suo utilizzo trova più ampi consensi nei Paesi a common law. Per esempio, nella convenzione Italia Usa, dall’esame delle informazioni ufficiali rese disponibili dalle rispettive amministrazioni fiscali risulterebbe che l’autorità statunitense ha risolto positivamente circa l’85% dei casi presentati.[15]
Certamente, a parte le differenze culturali e la probabile diffidenza verso un istituto orientato più al risultato (vale a dire all’eliminazione della doppia imposizione) che alla formale applicazione delle disposizioni tributarie, le motivazioni prevalenti del suo sviluppo dovranno risiedere “soprattutto nel contemperamento della certezza del diritto, della stabilità delle regole e dell’immediatezza nelle risposte ad rem solvendam.”[16] Il fatto che l’arbitrato, pur aprendosi a prospettive ampie in linea con le dinamiche complesse del mercato globalizzato, non riesca ancora a trovare uno spazio autonomo alternativo al classico sistema contenzioso trova inoltre un limite nella scarsa applicazione del principio della convenienza economica che imporrebbe – proprio in nome dell’efficienza/efficacia e soprattutto dell’economicità dell’azione amministrativa – di trovare soluzioni diverse a quelle tradizionalmente perseguite, spesso con scarsi esiti defensionali.
D’altra parte bisogna riconoscere che attualmente non di assenza dello Stato si può parlare perché, dopo la diffidenza del passato, i governi hanno superato l’iniziale diffidenza verso procedure che sottraggono le controversie ai propri tribunali e vedono ormai con favore il crescere del numero dei casi deferiti ai collegi arbitrali. In considerazione della necessità di assicurare il buon funzionamento delle procedure arbitrali e di precludere che esse possano configurarsi come strumenti pregiudizievoli degli interessi in gioco, sono state assunte iniziative normative tese a perimetrarne i contenuti; ciò nel duplice intento, da un lato, di vietare che il ricorso all’arbitrato potesse comportare l’aggiramento o il mancato rispetto di importanti norme del proprio ordinamento e, dall’altro, di favorire ed aiutare lo svolgimento dell’arbitrato.
Note:
[1] The 2008 update to the OECD Model Tax Convention del 18 luglio 2008;
[2] Atto finale sottoscritto a Bruxelles il 25 maggio 1999;
[3] art. 4: nell’applicazione della presente Convenzione vanno osservati i seguenti principi:
- Allorché:
a. Un’impresa di uno stato contraente partecipa, direttamente o indirettamente, alla direzione, al controllo o al capitale di un’impresa di un altro Stato contraente, o
b. Le medesime persone partecipano, direttamente o indirettamente, alla direzione, al controllo o al capitale di un’impresa di uno Stato contraente e di un’impresa di un altro Stato contraente,
e, nell’uno e nell’altro caso, le due imprese, nelle loro relazioni commerciali o finanziarie, sono vincolate da condizioni convenute o imposte, diverse da quelle che sarebbero tate convenute tra imprese indipendenti, gli utili che in mancanza di tali condizioni sarebbero stati realizzati da una delle imprese, ma che a causa di dette condizioni non lo sono stati, possono essere inclusi negli utili di questa impresa e tassati di conseguenza.
- Allorché un’impresa di uno Stato contraente svolge la sua attività in un altro Stato contraente tramite una stabile organizzazione situata nel territorio dell’altro Stato contraente, vanno imputati a tale stabile organizzazione gli utili che essa dovrebbe poter realizzare qualora si trattasse di un’impresa distinta impegnata in attività identiche o analoghe, soggetta a condizioni identiche o analoghe e avente un rapporto del tutto indipendente con l’impresa di cui è una stabile organizzazione.
[4] Art. 7 Convenzione n. 90/436/CEE ratificata dall’Italia con legge n. 99 del 22 marzo 1993;
[5] Ex art. 9, la Commissione consultiva…è costituita, oltre che dal presidente:
- Da due rappresentanti di ciascuna Autorità competente interessata; questo numero può essere ridotto a uno previo accordo tra le Autorità competenti;
Da un numero pari di personalità indipendenti designate di comune accordo in base all’elenco delle personalità…(si tratta di personalità competenti e indipendenti comprese in un apposito elenco individuato secondo i criteri di cui al successivo c. 4) oppure, in mancanza di accordo, mediante estrazione a sorte effettuate dalle Autorità competenti interessate.ect.;
[6] Art. 11 della citata Convenzione;
[7] Art. 12 della citata Convenzione;
[8] Art. 13 della citata Convenzione;
[9] art. 20: La presente convenzione è stipulata per un periodo di cinque anni. Essa viene di volta in volta prorogata di altri cinque anni, a meno che uno Stato contraente entro sei mesi dalla scadenza del periodo corrispondente non sollevi per iscritto obiezioni presso il Segretariato Generale del Consiglio dell’Unione europea;
[10] Legge n. 132 del 28 aprile 2004;
[11] COM (2006) 823 del 19/12/2006: Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo sul Coordinamento dei sistemi di imposizione diretta degli Stati membri nel mercato interno;
[12] riformato rispetto alla versione del 2005 a seguito dell’emanazione in data 18 luglio 2008 del “The 2008 update to the OECD Model Ta x Convention”
[13] N. 58:…(…).
- a) A person cannot pursue simultaneously the mutual agreement procedure and domestic legal remedies. Where domestic legal remedies are still available, the competent authorities will generally either require that the taxpayer agree to the suspension of these remedies or, if the taxpayer does not agree, will delay the mutual agreement procedure until these remedies are exhausted.
- b) Where the mutual agreement procedure is first pursued and a mutual agreement has been reached, the tax payer and the other persons directly affected by the case are offered the possibility to reject the agreement and pursue the domestic remedies that has been suspended; conversely, if these person prefer to have the agreement apply, they will have to renounce the exercise of domestic legal remedies as regards the issues covered by the agreement.
- c) Where the domestic legal remedies are first pursued and are exhausted in a State, a person may only pursue the mutual agreement procedure in order to obtain relief of double taxation in the other State. Indeed, once a legal decision has been rendered in a particular case, most countries consider tat it is impossible to override that decision through the mutual agreement procedure and would therefore restrict the subsequent application of the mutual agreement procedure to trying to obtain relief in the other State…
[14]n. 65: The arbitration decisions is only binding with respect to the specific issues submitted to arbitration. Whilst nothing would present the competent authorities from solving other similar cases (including cases involving the same persons but different taxable periods) on the basis of the decision, there is no obligation to do so and each State therefore has the right to adopt a different approach to deal with these other cases;
[15] La procedura amichevole e l’arbitrato nella Convenzione tra Italia e Stati Uniti contro le doppie imposizioni, di G.R. Funaro & Co., P.C. – New York, da Il Fisco n .48/2002;
[16] L’arbitrato come giustizia alternativa, di A. Zifaro in Impresa c. i. , n. 1 del 31 gennaio 2001.