Il nuovo sistema impositivo sugli immobili, introdotto con la legge di stabilità all’esame del Parlamento, realizza una significativa redistribuzione del carico fiscale, che rischia di penalizzare, anche se in maniera molto contenuta le rendite più basse. Nel complesso, comunque, l’introduzione della Trise, rende il prelievo più razionale: vengono chiamati a contribuire in maniera contenuta anche i locatari, relativamente ai cosiddetti servizi comunali indivisi. Nel concreto molto dipenderà dalle scelte dei Comuni ai quali viene concessa una ampia autonomia. In pratica il nuovo sistema, che conserva l’Imu sugli immobili non prima abitazione e introduce la Trise che a sua volta si compone di Tari (rifiuti) e Tasi (servizi indivisi) , avvicina l’Italia agli standard europei e in particolare alla Francia e all’Inghilterra.
L’aspetto più problematico, totalmente sottovalutato dal governo, è la maggiore complessità del sistema rispetto a quello precedente. La Trise eredita la tassa rifiuti, che finora è stata pagata su bollettini prestampati dai Comuni, ma ingloba anche la Tasi che ha la stessa base imponibile Imu ed è pagata anche dai locatari. Nel complesso, ma molto dipenderà dai comuni, dalla tassazione degli immobili dovrebbe arrivare nelle casse di Stato e Comuni 1 miliardo in meno rispetto a quando l’Imu gravava anche sulla prima casa. (Vai all’analisi integrale)
LE NORME. Alla base della riforma c’è l’introduzione della Trise (Tributo sui Servizi comunali) che si articola in Tari (Tassa Rifiuti) che serve a coprire i costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e in Tasi (Tassa ServizI) che serve a finanziare i costi relativi ai servizi indivisibili forniti dai comuni. La Trise, che riguarda tutte le abitazioni, si affianca all’Imu che graverà d’ora in avanti solo su quelle abitazioni non occupate direttamente dai proprietari. Tasi e Imu hanno la stessa base imponibile pari alla rendita catastale rivalutata del 5% e moltiplicata per 160. La Tasi sarà pagata anche dagli inquilini per una quota che potrà variare dal 10% al 30%, a scelta del comune.
EFFETTI REDISTRIBUTIVI. L’insieme delle due imposte configura una complessa riorganizzazione della tassazione immobiliare che, al di là dell’annunciata riduzione complessiva delle entrate derivanti da questo tipo d’imposizione, provoca significativi effetti ridistributivi sul carico fiscale dei singoli contribuenti (c’è chi ci guadagna e chi ci perde). Focalizzando il confronto tra Tasi ed Imu, che hanno la stessa base imponibile, e ipotizzando che l’importo della tassa sui rifiuti non aumenti, emerge che relativamente alla casa adibita ad abitazione principale e considerando un valore Imu 2012 con aliquota standard dello 0,4% e detrazione di 200 euro, con la Tasi pagherà di meno a partire da una rendita di 300 con aliquota standard pari allo 0,1% e a partire da una rendita di 800 euro con aliquota massima pari allo 0,25%. Quindi per le rendite più basse ci sarà un leggero aggravio a causa del venir meno della franchigia di 200 euro. Uno svantaggio assai contenuto in quanto nel 2014 non si pagherà più la parte servizi della Tares pari a 0,30 euro per metro quadrato. Considerando un taglio medio delle abitazioni pari a 75 metri quadri vanno tolti dagli importi circa 22,5 euro. Pertanto nel caso di Tasi applicata dal comune ad aliquota standard dello 0,1% lo svantaggio si riduce a importi molto bassi per un numero di soggetti assai limitato. Non altrettanto accade se il comune applica l’aliquota massima pari allo 0,25%. Nel complesso la riorganizzazione della tassazione immobiliare ridistribuisce e riordina in modo equilibrato e progressivo il relativo carico fiscale tra le diverse tipologie di contribuenti: proprietari che occupano direttamente l’abitazione, proprietari che non la occupano e affittuari. E’ tuttavia ravvisabile una maggiore agevolazione per le abitazioni occupate direttamente rispetto a quelle affittate. Sotto questo aspetto si colloca in continuità con la politica abitativa seguita nel nostro paese che ha privilegiato la proprietà rispetto alla creazione d’una consistente offerta di case in locazione così come al contrario è avvenuto in gran parte del resto d’Europa.
CASE SFITTE. L’aggravio maggiore si avrà per i proprietari di abitazioni non occupate dove l’aumento riguarda tutti i contribuenti sia ad aliquote Imu e Tasi standard (rispettivamente 0,76% e 0,1%) che portate dai comuni ai valori massimi (rispettivamente 1,06% e 0,25%). Soprattutto in quest’ultimo caso gli aumenti sono d’importo consistente anche per rendite catastali pari a 300 euro. La quota servizi della Tares ha un effetto minimo sull’aumento che subiranno i proprietari di abitazioni non occupate; influenzerà in modo tangibile solo le rendite più basse.
CASE LOCATE. Anche per i proprietari di abitazioni locate, seppur in misura minore, sia che il comune stabilisca la loro quota al valore minimo (70%) che al valore massimo (90%). ci sarà un aggravio del prelievo. Tenendo conto della quota servizi della Tares non più dovuta, l’aggravio per i locatari comincia a diventare significativo per valori delle rendite molto elevati (oltre i 1.000 euro) se il comune adotta per i locatori una quota del 10% della Tasi. Se il comune adotta la quota del 30% l’imposta comincia ad incidere in modo significativo a partire da rendite sopra i 500 euro.
COMPLESSITA’. il nuovo sistema prevede una serie di nuovi adempimenti (la Trise si paga in quattro rate, una quota della Tasi la pagano anche i locatari, ecc.) che, se non ben gestiti, potrebbero aumentare i già pesanti e molteplici obblighi. Un aspetto che il provvedimento sottovaluta, per non dire ignora completamente, è l’effetto che la creazione d’un sistema così articolato e complesso avrà sulla gestione amministrativa con inevitabili conseguenze negative sull’operare dei contribuenti.
Ancora una volta una norma che riordina in modo razionale il nostro sistema impositivo rischia di avere pesanti ripercussioni sul rapporto fiduciario tra amministrazione finanziaria e contribuente, già gravemente compromesso, dando ulteriore spazio all’intermediazione professionale (Caf e commercialisti) che sicuramente, in questo caso, non aggiungerebbe alcun valore. La Trise mette insieme la Tassa sui Rifiuti, la cui riscossione è effettuata per immobile attraverso un bollettino pre-compilato, inviato al contribuente dall’amministrazione comunale, e la Tasi, che come l’Imu, dovrebbe essere versata singolarmente dai diversi proprietari e il cui importo, nella stragrande maggioranza dei casi, è determinato dal contribuente. Inoltre, in caso di locazione, come la proprietà comunicherà la rendita all’affittuario? Chi è responsabile tra i due se la rendita comunicata non corrisponde a quella determinata dal catasto? Inoltre la componente Tasi della Trise e l’Imu hanno la stessa base imponibile, ma non si pagheranno allo stesso modo per cui i proprietari di abitazioni non occupate direttamente si troveranno a pagare per il medesimo immobile, a scadenze diverse, la Trise (in quattro rate) e l’Imu (in due rate). Gli interrogativi e i nodi da sciogliere in tempi strettissimi, pertanto, sono molti poiché la prima rata della Trise si pagherà, salvo diversa decisione dei comuni, entro il 16 gennaio del 2014.
GUARDANDO ALL’EUROPA. L’introduzione della Tasi adegua il nostro sistema di tassazione degli immobili agli standard europei mutuando la componente di servizio dalla “Conuncil Tax – Housing and local services” del Regno Unito e dalla “Taxe d’habitation” della Francia e la componente patrimoniale dalla “Taxe Fonciére” della Francia.
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