“Gli strumenti di ordine tecnologico sono stati utilizzati finora in modo incompleto e poco razionale nell’ambito del contrasto all’evasione fiscale”. A dirlo è la Corte dei Conti, ascoltata lo scorso 18 febbraio dalla Commissione di vigilanza sull’anagrafe tributaria nell’ambito dell’indagine conoscitiva su le “prospettive di una razionalizzazione delle banche dati pubbliche e criticità del sistema nel contrasto all’evasione fiscale”. Nel rapporto i magistrati contabili rilevano come la tecnologia sia uno strumento ineludibile per semplificare le procedure amministrative e ridurre i costi di compliance, ma all’approvazione di regole tecniche in materia di documenti informatici e firma digitale” non è seguito l’adeguamento auspicato in termini di “fluidificazione dell’azione amministrativa”. Il problema insomma, nasce da un equivoco di fondo, ossia dall’idea di poter arrangiare i nuovi strumenti tecnologici a vecchie prassi consolidate.
La tracciabilità dei pagamenti. Nell’ambito delle misure di contrasto ai fenomeni evasivi, la tracciabilità dei pagamenti riveste un ruolo di primaria importanza. A riguardo, il legislatore ha avuto orientamenti ondivaghi negli ultimi anni, attenuandone in parte l’efficacia: il limite originario di 12.500 euro al contante è stato prima ridotto a mille nel 2007, poi riportato a 12.500 nel 2008, abbassato a 5mila nel 2010 e successivamente dimezzato a 2.500 nel 2011, fino all’ultima modifica del 2012, che ha riportato il tetto a mille euro. Stessa sorte anche per il tracciamento obbligatorio delle detrazioni Irpef per gli interventi di efficientamento energetico e ristrutturazione: la ritenuta d’acconto, fissata inizialmente al 10% è scesa al 4 per cento nel 2011 e ora, con la manovra finanziaria 2015, risalita all’8%. Esistono altre misure sulla tracciabilità: dall’obbligo, introdotto nel 2012, per aziende e professionisti di accertare i pagamenti superiori a 30 euro effettuati con carte di debito; alla detrazione fiscale subordinata al versamento tramite banca o altro sistema tracciato nel caso di erogazioni liberali, in favore di associazioni o partiti politici. Tuttavia, per la Corte un’estensione di queste modalità sarebbe auspicabile per l’emersione del “nero” e in tal senso i giudici invitano a valutare forme di incentivazione, come ad esempio l’abbattimento delle commissioni relative ai Pos.
Il pagamento tracciato però non basta. Le recenti indagini effettuate da Agenzia delle entrate e Guardia di Finanza, infatti, hanno rilevato che spesso l’incrocio dei dati non ha comunque consentito l’emersione di importanti casi di evasione fiscale. Per questo, i magistrati contabili consigliano, oltre allo sviluppo delle modalità di pagamento tracciato, anche l’estensione della ritenuta d’acconto ad opera degli intermediari finanziari.
Fatturazione elettronica. Altro strumento che consentirebbe di controllare la spesa pubblica e contestualmente rilevare i casi di evasione fiscale è la fatturazione elettronica. La quale, per produrre gli effetti sperati, dovrebbe però essere inserita in un processo strutturato e automatizzato, che al momento sembra mancare. Da un lato il “Sistema di interscambio” fornito dal Mef è gratuito solo per le Pmi abilitate al Mepa (mercato elettronica della Pa); dall’altro il meccanismo di generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche reso disponibile gratuitamente da Unioncamere è riservato ai soli soggetti iscritti nel Registro delle Imprese e, in ogni caso, consente di gestire un massimo di 24 fatture l’anno. In sostanza, la procedura potrebbe comportare più oneri che benefici per Pmi e professionisti. Ciononostante, l’estensione del meccanismo a tutte le amministrazioni, prevista per il 31 marzo, avrà ricadute positive in termini di affidabilità nel monitoraggio dei debiti e delle obbligazioni, sebbene va tenuto in conto il fatto che alcune amministrazioni potrebbero ritardarne l’attuazione. Nella delega fiscale è poi inserita la previsione di estendere la procedura anche ai rapporti fra privati “incentivando, mediante riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili a carico dei contribuenti, l’utilizzo della fatturazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi, nonché di adeguati meccanismi di riscontro tra la documentazione in materia di Iva e le transazioni effettuate, potenziando i relativi sistemi di tracciabilità dei pagamenti”. Per la Corte, la procedura dovrebbe integrarsi con il sistema già adottato per i rapporti con la Pa, e potrebbe portare all’eliminazione di alcuni oneri superflui, come quelli connessi con lo spesometro.
L’integrazione delle banche dati. Un’altra problematica che incide notevolmente sulla produttività e l’efficienza dell’intero sistema informativo pubblico è la mancanza di una reale integrazione e condivisione delle banche dati. Criticità che potrebbe essere risolta riducendo e razionalizzando le infrastrutture tecnologiche, operando quindi una concentrazione delle architetture Ict. Per i magistrati il superamento di questa problematica potrebbe avere ricadute estremamente positive sull’economia italiana e tradursi in una significativa crescita in termini di Pil.
Limiti e contributo dell’Anagrafe tributaria. Il contesto in cui si inserisce l’Anagrafe tributaria è reso favorevole dai notevoli sviluppi in materia di cooperazione fra amministrazione centrale ed enti territoriali. A quest’ultime infatti, l’attuazione della delega sul federalismo fiscale municipale ha consentito di partecipare sempre più attivamente all’attività di accertamento tributario. Dal 2011, i Comuni hanno accesso a tutte le banche dati pubbliche e possono autonomamente controllare l’evasione erariale o di tributi locali, limitatamente agli immobili e ai soggetti presenti e domiciliati nel comune. Tuttavia, affinché l’anagrafe tributaria possa essere più efficiente e incidere maggiormente sul livello di tax compliance dei cittadini, è necessario garantire la massima affidabilità dei dati e introdurre procedure più semplici a supporto degli adempimenti. Ed è qui che incidono i limiti del sistema: per la Corte “non è concepibile immaginare continue azioni di bonifica di milioni di dati dopo la fase di acquisizione, bensì è essenziale agire a monte di tale fase, predisponendo modulistica e soluzioni applicative semplici”, così da “guidare l’utente nei suoi adempimenti comunicativi ed evitare sul nascere errori od omissioni”. E peraltro l’efficace riuscita dell’Anagrafe è subordinata all’affidabilità delle basi informative delle amministrazioni, e da come esse acquisiscono e catalogano le informazioni.