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lunedì 10 Marzo 2025
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Assegno divorzio, illegittimo accertamento se il coniuge riceve solo una parte delle somme

L’accertamento per omessa dichiarazione dell’assegno divorzile è illegittimo quando il coniuge riceve solo una parte delle somme stabilite dal tribunale. Lo ha stabilito la Commissione tributaria del Lazio spiegando che le somme versate devono essere prioritariamente attribuite per quanto dovuto ai figli. Pertanto la pretesa dell’Agenzia delle Entrate non può essere giustificata dal fatto che il coniuge tenuto al pagamento abbia riportato tra gli oneri deducibili della propria dichiarazione dei redditi l’intera somma dell’assegno dovuto. La vicenda, relativa ai redditi 2013, prende l’avvio da una segnalazione effettuata dalla Direzione Centrale accertamento sulla base dei dati in possesso dell’Anagrafe Tributaria dalla quale risultava che la contribuente aveva ricevuto l’importo di euro 14.259 relativo ad assegno divorzile. L’ufficio procedeva ad effettuare un accertamento  per omesso versamento di 3.442,00 euro oltre addizionali, interessi e sanzioni. La tassazione veniva pertanto effettuata sulla base del dato formale della dichiarazione del coniuge che nella propria dichiarazione fiscale aveva indicato di aver corrisposto alla ex coniuge la somma complessiva di euro 14.259,00. 

La ricorrente eccepiva che l’imposta richiesta era relativa ad una somma che non era stata in realtà versata e quindi non era stata da lei percepita poiché l’ex coniuge – come riconosciuto anche dal Tribunale penale V sez. di Roma con sentenza n. 11631/2020 – non aveva mai provveduto alla corresponsione dell’assegno alimentare, determinato con sentenza del Tribunale Civile di Roma I sezione in euro 1.290,00 mensili (oltre ad euro 1.600,00 quale contributo al mantenimento dei tre figli della coppia). Relativamente  al versamento eseguito per l’anno 2013 dall’ex coniuge, si trattava, secondo le asserzioni della contribuente, della somma versata “solo per i figli” di 12.900,00 euro e anche ove fosse stata ripartita per una quota a favore della moglie, avrebbe comportato un importo di euro 3.225,00 annui, non tassabili in quanto inferiori al minimo previsto per legge.

In primo grado la Commissione tributaria provinciale di Roma ha confermato l’accertamento accogliendo la tesi dell’Agenzia secondo cui avendo l’ex coniuge dichiarato di aver corrisposto un reddito a titolo di mantenimento alla ex moglie, ne consegue la sottoesposizione a tassazione di esso. Di diverso avviso la commissione tributaria regionale che ha ribaltato il verdetto accogliendo l’appello della contribuente. I giudici dopo aver evidenziato la differenza tra l’assegno di mantenimento erogato al coniuge, che costituisce “reddito assimilato a lavoro dipendente” e i contributi ricevuti per il mantenimento dei figli, i quali non sono mai soggetti a tassazione e non possono essere portati in deduzione dal proprio reddito dal soggetto che li versa, rilevano che nel caso in esame il versamento effettuato dall’ex coniuge, oggetto di tassazione, risulta avere una causale “generica”.

Inoltre essendo l’importo versato notevolmente inferiore a quanto da lui giudizialmente dovuto per il mantenimento dei figli e dell’ex coniuge, la somma in questione non può essere imputata unicamente alla parte dell’obbligo in favore di quest’ultima, trascurando quanto dovuto in primo luogo ai figli, in ragione della natura alimentare dell’assegno dovuto a questi ultimi. Ove anche si volesse supporre una attribuzione della somma stessa in proporzione a ciascuno dei quattro beneficiari dell’assegno di mantenimento, la quota spettante all’ex coniuge, scrivono i giudici, in teoria ammontante a 3.225,00 euro e quindi “non sarebbe tassabile” in base all’articolo 13 del Tuir.

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