Il Governo per far cassa più rapidamente comprime il diritto di difesa. A pagare soprattutto i meno attrezzati per sostenere lunghi contenziosi
Le misure contenute nella manovra per accelerare la riscossione delle somme accertate trasformando l’atto di accertamento in titolo esecutivo indeboliscono notevolmente il diritto di difesa dei contribuenti e presentano anche aspetti di criticità rispetto alle garanzie previste dall’ordinamento per i cittadini. Il rischio è che il lodevole tentativo di potenziare la riscossione finirà per scaricare sul contribuente tutte le inefficienze del sistema. In pratica, ancora una volta, il governo, sembra guidato non tanto da un disegno riformatore in grado di inserire la giusta accelerazione della riscossione in un quadro di garanzie e certezze per il contribuente, ma dalla esigenza di individuare meccanismi per fare cassa in tempi più rapidi che andranno a colpire inevitabilmente i più deboli o comunque i meno attrezzati per sostenere un lungo contenzioso.
Ma andiamo per ordine. L’articolo 29 della manovra (Dl78) stabilisce che gli atti di accertamento emanati dall’Agenzia delle Entrate per le Imposte Dirette, l’Iva e le relative sanzioni dovranno contenere dal 1° luglio 2011, per i periodi d’imposta in corso al 31/12/2007 e successivi, anche l’intimazione ad adempiere, entro 60 giorni, all’obbligo di pagamento degli importi negli stessi indicati, in assenza di ricorso e degli importi stabiliti dall’art 15 del Dpr 602/1973 ( 50% delle imposte accertate più gli interessi ) in caso di tempestiva presentazione del ricorso. Viene anche stabilito che gli atti di accertamento divengono esecutivi all’atto della notifica e devono espressamente recare l’avvertimento che, decorsi 30 giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste è affidata agli agenti della riscossione anche ai fini dell’esecuzione forzata e che le somme richieste con gli atti di accertamento sono maggiorate, dal 1° giorno successivo a quello di scadenza del termine per ricorrere, degli interessi di mora, dell’aggio e delle spese relative alle procedure esecutive.
Scopo delle norme, come dicevamo, è quello di accorciare drasticamente i tempi per la riscossione delle imposte dirette, dell’Iva e delle relative sanzioni accertate attraverso l’eliminazione della cartella dei pagamenti e la qualificazione , con tutto ciò che ne consegue, dell’atto di accertamento come titolo esecutivo. Il previsto potenziamento della riscossione, lodevole in linea teorica, comporta però un inevitabile indebolimento del diritto di difesa del contribuente in quanto tutte le inefficienze del sistema, non riformato, si scaricheranno verosimilmente sulle spalle dei contribuenti. Tra le controindicazioni all’attuazione delle nuove norme va anzitutto osservato che la riforma non deriva da una riconsiderazione di tutta la materia secondo principi di razionalità e di rispetto dei principi costituzionali ma si basa sulla deroga a norme esistenti con lo scopo di ridurre solo i tempi di riscossione delle somme accertate.
Le modifiche introdotte finiranno verosimilmente da un lato per pressare maggiormente i soggetti già noti al fisco, tra l’altro in un momento in cui l’accesso al credito è diventato più difficoltoso di prima e dall’altro per allontanare maggiormente la collaborazione dei contribuenti, ritenuta indispensabile per facilitare la lotta all’evasione. Inoltre considerare i suddetti atti di accertamento, in gran parte basati su presunzioni e non su prove certe, come titoli esecutivi appare come una scelta vessatoria nei confronti dei contribuenti se non adeguatamente ( e al momento non lo è ) bilanciata da alcune garanzie. Si tratta ad esempio di assicurare l’esame tempestivo delle richieste di annullamento totale o parziale degli accertamenti per autotutela, con il vincolo di comunicazione all’interessato dell’esito dell’esame entro un termine certo. L’ inadempienza da parte dell’Ufficio dovrebbe poi comportare una conseguenza concreta per il contribuente come ad esempio lo slittamento dei termini di pagamento. La disposizione permetterebbe anche di ridurre le resistenze degli Uffici a rivedere gli atti, a volte non condivisi pienamente ma emanati, per non assumere ulteriori responsabilità , sulla base di processi verbali di constatazione redatti da altre istituzioni (Gdf, ecc .) Occorre inoltre stabilire tempi certi per l’esecuzione dei rimborsi non contestati e la piena applicazione della compensazione dei tributi.
Infine è opportuno ricordare l’altra novità introdotta dall’art 38, comma 9, del Dl 78, poi rientrata dopo le proteste delle associazioni delle imprese, che introduceva un limite di 150 giorni per la sospensione dei pagamenti concessa dal giudice, in base all’art 47 del D.Lgs 546/1992. La novità, se fosse stata mantenuta avrebbe rappresentato un ulteriore gravame per il contribuente costretto, soprattutto nelle grandi città a pagare l’inefficienza della giustiziai tributaria in quanto si sarebbe potuto trovare nella situazione, dopo i 150 giorni di sospensione, di dover pagare le somme pretese prima che il giudice di 1° grado avesse discusso la controversia o emesso la sentenza.
Orlando De Mutiis