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lunedì 10 Marzo 2025
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Concordato preventivo applicato anche ai contribuenti inaffidabili: partite Iva in fuga dalle tasse

Il futuro concordato biennale tra Fisco e autonomi sul reddito da dichiarare sarà aperto a tutte le partite Iva, senza escludere quelle considerate «inaffidabili» in base agli indici sintetici come previsto dal testo approvato in prima lettura dal governo il 3 novembre scorso. Ma pare cadere, nella versione finale all’esame del Consiglio dei ministri anche il vincolo di legge per l’Agenzia delle Entrate di non poter richiedere al contribuente che aderisce al massimo il 10% in più del reddito dichiarato nell’anno precedente.

Il mondo delle partite Iva, spiegano Gianni Trovati e Marco Mobili sul Sole 24 ore, è diviso in due gruppi, separati da quello che a tutti gli effetti appare un baratro enorme. Il confine oggi è tracciato dalle pagelle fiscali, gli «indici sintetici di affidabilità» che dal 2018 hanno sostituito i vecchi studi di settore nel tentativo di fotografare i redditi effettivi di lavoratori autonomi, professionisti e microaziende.

In base a una serie di indicatori che tengono conto, oltre ovviamente che del settore di attività, di parametri congiunturali e territoriali, gli Isa assegnano a ogni contribuente un voto in base al reddito dichiarato. Dall’8 in su si è considerati «affidabili», sotto si è giudicati a rischio evasione e più esposti agli accertamenti. In questa condizione si trova la maggioranza delle partite Iva interessate dagli studi di settore. Nella radiografia delle dichiarazioni 2022 sui redditi 2021, in base agli ultimi dati resi disponibili dal dipartimento Finanze sul proprio sito ufficiale, su 2,42 milioni di autonomi censiti erano 1,34 milioni, cioè il 55,4%, a fermarsi sotto la sufficienza rappresentata dall’«8». Ma, e qui arriva il dato chiave, in questo gruppo il reddito medio dichiarato si ferma a 23.530 euro all’anno, vale a dire il 68,5% in meno dei 74.698 euro dichiarati dai contribuenti «affidabili». Questi ultimi, in pratica, dichiarano mediamente più del triplo (3,17 volte per la precisione) le cifre comunicate al Fisco dagli altri.

La distanza è allargata anche dal fatto che in maggioranza chi si colloca sopra l’8 si avvicina in genera ai pieni voti (10), mentre chi è sotto si divide a sua volta in due gruppi, più o meno paritari, tra chi è a un passo dalla sufficienza e chi invece si ferma sui primissimi scalini nella graduatoria dei giudizi (e del rischio evasione). La media generale è il frutto di forbici che si ripetono in tutte le 175 categorie indicate dagli Isa. Nelle società immobiliari, il gruppo più numeroso, gli «affidabili» dichiarano in media 65.503 euro all’anno, mentre chi si ferma prima dell’«8» indica 13.816 euro (il 78,9% in meno). Nella ristorazione commerciale si passa dai 38.387 euro lordi annui medi dei contribuenti «virtuosi» ai soli 3.362 degli insufficienti (-91,2%), nei negozi di abbigliamento si va da 34.889 a 4.424 euro (-87,3%) e in bar e pasticcerie il primo gruppo dichiara 29.107 euro mentre il secondo non va oltre i 5.633 (-80,6%); uno stabilimento balneare giudicato fedele al Fisco indica in media 46.401 euro all’anno, gli altri dicono di accontentarsi di 13.853 euro.

Le quote più ampie di dichiarazioni «insufficienti» si incontrano tra lavanderie (82,9%9, noleggi auto (78,2%) e servizi di assistenza (76,1%), mentre all’altro capo della classifica studi medici e farmacie sono gli unici a raccogliere più del 75% di voti sopra l’8.

Dati come questi aiutano a indicare dove cresce quel «tax gap» che anche l’ultimo rapporto del ministero dell’Economia sul tema indica in un 68,8% (cioè: 68,8 euro ogni 100 teoricamente dovuti sfuggono alle casse dello Stato) che negli ultimi tre anni monitorati ha sottratto mediamente 31,2 miliardi l’anno di Irpef da lavoro autonomo o impresa al bilancio pubblico.

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