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domenica 1 Settembre 2024
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Condono 2002, gli evasori dimenticano di versare 4,6 mld

I furbetti del super condono 2002-2004 dopo aver ottenuto i bnefici della sanatoria versando la prima rata continuano a non saldare il conto con il fisco. All’appello a fine gennaio 2010 mancano ancora 4,6 miliardi. Il meccanismo previsto dal governo dell’epoca si sta trasformando in un ulteriore regalo per gli evasori.

di Oreste Saccone

Dopo il danno la beffa. Gli evasori, che hanno aderito al condono varato dal governo Berlusconi-Tremonti nel 2002 non soddisfatti di aver ottenuto un maxisconto sulle somme da pagare e l’impunità per i reati tributari e penali commessi (per i quali non era stata ancora avviata l’azione penale), continuano a beffare il fisco e a prendere in giro i contribuenti onesti non versando le somme dichiarate in sede di sanatoria. All’appello mancano ancora 4,6 mld, di cui circa 2,95 miliardi relativi ad omessi versamenti (art. 9bis) e la parte residua di 1,65 miliardi relativi alle altre forme di condono. A 8 anni dal varo della sanatoria grazie alla scelta del governo di garantire i benefici del condono anche con il versamento della sola prima rata gli evasori continuano a non saldare il conto.

Ad accendere i riflettori sugli esiti del condono è stata la Corte dei conti che in una prima relazione presentata nel novembre del 2008 aveva certificato in 5,2 mld le somme non ancora versate rispetto ai 26 mld dichiarati dai condonati. Un ammanco reso possibile dalla normativa che aveva stabilito che per gli importi superiori a 3.000 euro per le persone fisiche e 6.000 per le società era sufficiente versare la prima rata per rendere valido il condono. Proprio sulla scia dell’analisi della Corte dei conti si era cercato di correre ai ripari introducendo una serie di norme per facilitare la riscossione delle somme dovute. In particolare è stato permesso al concessionario della riscossione di agire direttamente in via di espropriazione immobiliare per i debiti da condono iscritti a ruolo di importo superiore a 5.000 euro, senza dovere prima procedere all’iscrizione di ipoteca ed attendere ulteriori 6 mesi per l’esecuzione ( art. 16 bis della L.189/2002, introdotto dall’art. 32 del Dl. 185/2008). Inoltre, per attingere notizie sulla situazione finanziaria del debitore, è stato consentito all’agente della riscossione, decorso inutilmente il termine di 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale di pagamento, di accedere ai dati relativi ai rapporti bancari del contribuente moroso.

Ciononostante, come si evidenzia dalla successiva relazione al rendiconto generale dello Stato 2009 della stessa Corte, risulta che fino a fine gennaio 2010 il recupero delle somme riscosse in via coattiva si è fermato a 786 milioni di euro, portando le somme ancora dovute, e a questo punto di improbabile esazione a 4,6 mld. Per gli addetti ai lavori la mancata riscossione di una parte non trascurabile del gettito da condono, pari a circa il 18% del totale delle somme dovute dai condonati, non è stato un fenomeno del tutto imprevisto. Ciò per il semplice motivo che il legislatore dell’epoca (stesso governo e stessa maggioranza parlamentare di oggi), per rendere più appetibile l’adesione alla sanatoria fiscale e fare cassa, non ha vincolato l’efficacia del condono al versamento dell’intera somma dovuta. In particolare, le disposizioni che disciplinano i diversi tipi di sanatoria (integrazione degli imponibili, definizioni automatiche, definizione degli avvisi di accertamento, processi verbali di constatazione, atti di irrogazione di sanzione, etc.), nel caso di importi superiori a 3.000 euro per le persone fisiche e a 6.000 euro per gli altri soggetti passivi ( società, enti, etc.) hanno consentito di godere dei benefici del condono con la presentazione della relativa dichiarazione, se prevista, ed il versamento della sola prima rata.

In pratica nei casi più rilevanti, cioè quando la somma da versare è risultata eccedere tali importi, la parte eccedente poteva essere versata in due rate successive di pari importo, senza però che l’omesso pagamento di esse determinasse l’inefficacia del condono. In caso di mancato o insufficiente versamento delle somme rateizzate si sarebbe proceduto al loro recupero in via di riscossione coattiva, mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo ex art. 14 del dpr. 602/73 assieme agli interessi legali e alla sanzione amministrativa pari al 30 % delle somme non versate, ridotta alla metà in caso di versamento nei 30 giorni dalla scadenza. Pertanto, il mancato pagamento delle successive cartelle esattoriali non ha cancellato i benefici assicurati ai condonati dalla sanatoria, né quelli di natura fiscale, né quelli di carattere penale. Ad esempio, l’imprenditore o professionista, che fosse stato assoggettato a verifica fiscale con recuperi milionari, con il semplice pagamento della prima rata di 3.000 euro poteva ottenere la definizione dell’accertamento in sede fiscale e l’esclusione della punibilità per i reati tributari e per quelli non tributari connessi, in relazione ai quali non avesse avuto ancora formale conoscenza dell’esercizio dell’azione penale.

Si fa riferimento alle ipotesi delittuose di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ( art. 2, dlgs. 74/2000), dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici ( art. 3,..), dichiarazione infedele ( art. 4..), omessa dichiarazione ( art. 5..), occultamento o distruzione di documenti contabili ( art. 10..), nonché ai reati di falsità materiale commessa dal privato ( art. 482 c.p.), falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico ( art. 483 c.p.), falsità in registri e notificazioni ( art. 484 c.p.), falsità in scritture private ( art. 485 c.p.), uso di atto falso ( art. 489 c.p.), soppressione, distruzione e occultamento di atti veri (art. 490 c.p.), falsità concernenti documenti informatici ( 490 bis c.p.), falsità concernenti copie autentiche che tengono luogo degli originali mancanti ( art. 492 c.p.), false comunicazioni sociali ( art. 261 c.c.), false comunicazioni sociali in danno dei soci e dei creditori ( art. 2622 c.c.), falso in prospetto ( art. 2623 c.c.). Ugualmente in caso di condono tombale, a prescindere dall’entità delle somme dovute a seguito del condono, la presentazione della relativa dichiarazione e il versamento della prima rata comportava la preclusione da ogni accertamento tributario e l’esclusione della punibilità per i reati tributari e per quelli non tributari sopra elencati.

Un discorso a parte merita, infine, il caso più eclatante, cioè la mancata riscossione collegata alle domande di sanatoria presentate, ai sensi dell’art. 9 bis, per ottenere la definizione agevolata, cioè senza pagamento di sanzioni, degli omessi versamenti, ammontante a circa di 2,95 md, pari al 64% del gettito complessivo da condono non riscosso. Anche in questo caso veniva prevista la possibilità del pagamento rateale per gli importi eccedenti per le persone fisiche 3.000 euro e per gli altri soggetti 6.000 euro. Gli importi eccedenti maggiorati degli interessi legali potevano essere versati in tre rate. Di fatto questo sistema ha comportato la sospensione e un lungo rinvio delle procedure di riscossione coattiva delle somme non versate, consentendo a molti debitori, contribuenti e sostituti d’imposta, siano essi persone fisiche che società, di avere tutto il tempo di pianificare una via di fuga e organizzare il proprio assetto patrimoniale in modo da rendersi incapienti rispetto alla futura azione esecutiva dell’erario. Ma questa è storia di oggi e come si sa la gente ha la memoria corta.

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