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lunedì 10 Marzo 2025
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Contribuente sempre responsabile degli errori degli intermediari nella dichiarazione se non ha vigilato

In tema di sanzioni per violazioni di disposizioni tributarie, la prova dell’assenza di colpa grava sul contribuente, il quale risponde per l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del professionista incaricato della relativa trasmissione telematica, a meno che non dimostri di aver vigilato sullo stesso e che comunque il professionista aveva posto in essere un comportamento fraudolento, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento, mediante, modalità di difficile riconoscibilità da parte del mandante.

Così si è espressa la Corte di Cassazione, con l’Ordinanza 15/05/2024, n. 13549.

Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate aveva notificato un avviso di accertamento e un atto di contestazione sanzioni, mediante i quali contestava un maggior reddito ai fini Irpef, Iva e Irap, con riferimento all’anno 2012, essendo stata accertata l’utilizzazione in compensazione di crediti fiscali inesistenti e la dichiarazione di ritenute per importi non congrui.

Il contribuente impugnava gli atti impositivi innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, sostenendo di non essere responsabile delle violazioni tributarie, le quali erano state commesse dagli intermediari che aveva nominato.

I giudici di primo grado riunivano i ricorsi e li accoglievano parzialmente, annullando le sanzioni per difetto dell’elemento psicologico. Anche la Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello dell’Amministrazione finanziaria e confermava la decisione della CTP.

L’Agenzia delle Entrate proponeva infine ricorso per cassazione, deducendo che il giudice di merito aveva erroneamente ritenuto non sussistere la responsabilità del contribuente in ordine alle violazioni tributarie commesse dagli intermediari che aveva scelto.

La Suprema Corte rilevava che il giudice di secondo grado aveva motivato la sua pronuncia ricordando come l’art. 6, comma 3, del D.Lgs. n. 472 del 1997 prevede che non è punibile il contribuente che dimostri che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all’Autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi.

Anche se l’Amministrazione sosteneva che l’irrogazione della sanzione era legittima perché il contribuente non aveva dimostrato di aver posto in essere un’adeguata attività di controllo dell’effettivo assolvimento dell’obbligo tributario del consulente, secondo la CTR, tali prove erano state invece adeguatamente fornite, atteso che l’atteggiamento fraudolento del professionista era stato oggetto di tempestiva denuncia da parte del contribuente, il quale si era anche immediatamente attivato per contattare i professionisti e per procurarsi la documentazione fiscale che lo riguardava, chiedendola, inutilmente, agli stessi consulenti, e successivamente, traendola dal proprio cassetto fiscale.

Secondo il giudice di secondo grado, inoltre, l’incapacità del contribuente, in ragione del titolo di studio, di verificare la correttezza dell’operato del consulente cui aveva affidato il mandato, aveva determinato la sua inconsapevolezza sulle operazioni fiscali oggetto di rettifica da parte dell’Ufficio.

Tanto premesso, secondo la Suprema Corte, il ricorso dell’Agenzia delle Entrate era fondato.

Evidenziano i giudici di legittimità che “in tema di sanzioni amministrative tributarie, l’esimente di cui all’art. 6, comma 3, del D.Lgs. n. 472 del 1997 si applica in caso di inadempimento al pagamento di un tributo imputabile esclusivamente ad un soggetto terzo (di regola l’intermediario cui è stato attribuito l’incarico, oltre che della tenuta della contabilità e dell’effettuazione delle dichiarazioni fiscali, di provvedere ai pagamenti), purché il contribuente abbia adempiuto all’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria e non abbia tenuto una condotta colpevole ai sensi dell’art. 5, comma 1, del detto decreto, nemmeno sotto il profilo della culpa in vigilando” (cfr., Cass., 7.11.2018, n. 28359).

Sebbene non sia stato l’autore materiale delle condotte, pertanto, ai fini fiscali il contribuente risponde sempre delle condotte evasive attuate in suo nome dai consulenti che si è scelto, a meno che, come detto, non provi l’assenza della propria colpa, in eligendo così come in vigilando.

Tanto premesso, nella specie, secondo la Suprema Corte, la valutazione espressa dal giudice di merito non era corretta.

In particolare, la Commissione Tributaria Regionale aveva sottolineato che il contribuente aveva sporto denuncia penale nei confronti dei suoi consulenti, come richiesto dalla norma citata, ma non aveva spiegato l’affermazione secondo cui questi lo aveva fatto “tempestivamente”, laddove il medesimo contribuente, nel 2014, aveva pacificamente ricevuto la notificazione del Processo Verbale di Costatazione, che già indicava gli addebiti contestatigli. Ma solo nel 2016 aveva poi sporto la sua denuncia.

Il giudice di appello affermava poi che il contribuente si era sollecitamente attivato richiedendo informazioni e documentazione ai suoi consulenti, ma non aveva chiarito quando il contribuente si fosse in realtà attivato, nè come fosse stata fornita la prova di queste attività.

Il giudice di appello, ancora, aveva sottolineato la difficoltà del contribuente a confrontarsi con i propri consulenti in considerazione della complessità della materia e del suo titolo di studio. Ma, a tal proposito, la Cassazione rilevava come il contribuente fosse “titolare di scuola secondaria superiore di perito meccanico” e che comunque chi esercita attività imprenditoriale risponde degli adempimenti fiscali anche se non è un esperto degli stessi.

La Commissione Tributaria Regionale, infine, neppure aveva evidenziato quali fossero i comportamenti fraudolenti tenuti dai consulenti, finalizzati a mascherare il loro inadempimento mediante modalità di difficile riconoscibilità da parte del mandante.

Quindi, concludeva la Corte, la responsabilità sanzionatoria del contribuente doveva ritenersi confermata.

A prescindere dallo specifico caso processuale, in termini più generali, giova anche evidenziare quanto segue.

In relazione ai casi di omesso pagamento del tributo da omessa dichiarazione il contribuente non assolve agli obblighi tributari con il mero affidamento ad un commercialista del mandato a trasmettere in via telematica la dichiarazione alla competente Agenzia delle Entrate, essendo egli, come visto, anche tenuto a vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto, ed essendo la sua responsabilità esclusa solo in caso di comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento.

In tema di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, ai fini dell’esclusione di responsabilità per difetto dell’elemento soggettivo, grava dunque sempre sul contribuente la prova dell’assenza assoluta di colpa, occorrendo a tal fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza, e non potendosi pertanto ritenere esente da responsabilità il contribuente che non abbia vigilato sul professionista al quale ha affidato le incombenze fiscali.

Il contribuente, in definitiva, al fine di andare esente da responsabilità deve fornire la prova dell’attività di vigilanza e controllo in concreto esercitata sull’operato del professionista (facendosi, ad esempio, consegnare le ricevute telematiche dell’avvenuta presentazione della dichiarazione), ovvero dare prova del comportamento fraudolento del professionista, come, per esempio, in caso di falsificazione dei modelli F 24, non essendo sufficiente la mera presentazione di denuncia penale.

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