Per migliorare il contrasto all’evasione fiscale occorre “completare e rafforzare la strumentazione finora adottata al riguardo”, a cominciare dall’estensione della fatturazione elettronica ai soggetti in regime forfettario. A sottolinearlo è la Corte dei Conti nella memoria sul Def. “La fatturazione elettronica, ormai da tempo in vigore per le imprese ordinarie -sottolinea la Corte- non è stata finora estesa obbligatoriamente ai 1,5 milioni di soggetti che si trovano in regime forfetario. Ciò limita fortemente l’efficacia dello strumento che si dovrebbe basare sulla conoscenza completa degli scambi intercorsi tra i soggetti che svolgono attività economiche indipendenti, a prescindere dal regime fiscale cui sono sottoposti. Sempre con riguardo alla fatturazione elettronica, va rilevato il permanere di preclusioni all’utilizzazione dei dati contenuti nelle fatture, non essendo ancora attuata” la norma che prevede l’utilizzo dei file delle fatture elettroniche da parte dell’Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza “per le attività di analisi del rischio e di controllo a fini fiscali”.
I magistrati contabili suggeriscono poi di meglio finalizzare la normativa sui pagamenti elettronici. “Quanto agli strumenti volti a incentivare i pagamenti elettronici nelle transazioni che interessano il consumatore finale, pur condividendone le finalità e in attesa di poter disporre di dati analitici sui risultati finora conseguiti con il cashback e la lotteria degli scontrini, si rileva l’esigenza -sottolineano- di una loro migliore finalizzazione e articolazione, essendo necessario comunque evitare la dispersione di risorse con l’incentivazione di operazioni in settori ove non si registrano significativi fenomeni di omessa contabilizzazione dei corrispettivi o nei quali il pagamento mediante carte di debito o di credito è da tempo invalso nell’uso. Al contrario, le incentivazioni dei pagamenti elettronici andrebbero concentrate relativamente agli acquisti di beni e servizi di modico valore o per i quali sono più probabili fenomeni di occultamento”. Da migliorare anche il sistema di tracciamento dei corrispettivi. Quello attuale, spiegano, è basato “sui due distinti canali del registratore telematico e del pagamento tramite Pos, risulti macchinoso e suscettibile di disallineamenti. Nell’ambito di un’azione di semplificazione e modernizzazione andrebbero, pertanto, ricercate nuove tecnologie e modalità unificanti i processi, tenendo comunque presente come attualmente non risulti possibile incrociare in via automatizzata i dati recati dai dueflussi finanziario e amministrativo”.
La Corte ricorda poi la rilevanza “che avrebbero da tempo dovuto assumere i servizi telematici di predisposizione dei registri, delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche e della dichiarazione annuale Iva. L’iniziale previsione legislativa (articolo 4, comma 1, del d.lgs. n. 127 del 2015) che comportava a beneficio dei soggetti Iva di minori dimensioni un’attività di assistenza on line per la predisposizione delle liquidazioni periodiche e della dichiarazione annuale, con conseguente eliminazione dei registri delle fatture emesse e degli acquisti, è stata oggetto di ripetute modifiche e rinvii. Da ultimo, con l’articolo 1, comma 10, del d.l. n. 41 del 2021, la predisposizione delle bozze dei registri Iva e delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche è stata rinviata alle operazioni effettuate dal 1° luglio 2021, mentre la bozza della dichiarazione annuale Iva sarà proposta ai contribuenti soltanto a partire dalle operazioni poste in essere dal 1° gennaio 2022. La precompilazione, dunque, riguarderà la dichiarazione la cui presentazione è prevista nell’aprile del 2023. Si tratta di un ritardo che certamente non giova all’evoluzione del sistema verso le forme di assistenza e di dialogo con i contribuenti da tempo auspicate”.
La Corte poi, anche per tenere conto delle attuali difficoltà finanziarie del mondo produttivo, suggerisce di valutare “l’introduzione di più favorevoli modalità di rateizzazione delle somme dovute in sede di definizione delle procure di controllo, riconducendo la procedura rateale nel suo ambito naturale, senza coinvolgere come attualmente avviene in modo massivo e prevalente, l’agente della riscossione e con minori oneri per il contribuente. In questa ottica, più volte in passato la Corte ha anche suggerito la possibile introduzione dell’obbligo di pagamento tracciato negli scambi tra soggetti Iva con correlata effettuazione della ritenuta d’acconto a cura della banca, analogamente a quanto da tempo avviene per le spese di manutenzione edilizia e per gli interventi di risparmio energetico. Ciò consentirebbe di raccordare sul piano temporale parte del versamento dell’imposta al momento di effettiva percezione delle componenti positive del reddito, in analogia a quanto avviene per i redditi da lavoro dipendente, contenendo in questo modo il fenomeno delle imposte dichiarate e non versate.
La magistratura contabile infine critica la mancata attuazione della norma che consente all’Agenzia delle entrate e alla Gdf di utilizzare i dati contenuti nell’archivio dei rapporti finanziari per le attività di analisi del rischio e di controllo a fini fiscali. “In tale contesto – che vede persistentemente disattesa la volontà del legislatore volta a consentire l’adeguata e ampia utilizzazione di strumenti di conoscenza fondamentali per una moderna azione di contrasto dell’evasione, quali l’oggetto delle prestazioni riportate
nelle fatture elettroniche o i movimenti finanziari registrati sui conti – ipotizzare un rafforzamento dell’attività di contrasto dell’evasione rischia di essere -ad avviso della Corte- un’affermazione meramente astratta”,.