back to top
domenica 7 Luglio 2024
spot_img
spot_img

Corte conti, migliorare equità prelievo partendo da revisione delle agevolazioni

In 5 anni entrate crollate di 90 miliardi rispetto a previsioni. Politiche restrittive e inasprimenti del prelievo fanno crollare il Pil e aumentano la pressione fiscale.

Ridurre la pressione fiscale, nonostante la difficoltà di coniugare l’obiettivo con il rispetto degli accordi europei, aumentando l’equità distributiva del prelievo. Lo sostiene la Corte dei Conti nel suo rapporto annuale sul coordinamento delle finanze pubbliche, aggiungendo come uno strumento possibile possa essere la riduzione delle agevolazioni fiscali. Dal documento emerge che in cinque anni l’Italia ha perso 230 miliardi di Pil. Al tempo stesso, nel periodo 2009-2013, le entrate sono crollate di 90 miliardi rispetto alle previsioni. Ma ciò non ha impedito alla pressione fiscale di crescere di un punto percentuale. I magistrati contabili sottolineano anche che la sola austerità non paga e che per ripartire servono stimoli alla crescita (anche in ambito Ue), tagli selettivi alla spesa e una riforma del fisco che lo renda più sopportabile e più equo.

L’utilizzo della leva fiscale. Una delle leve da utilizzare per provare a sostenere la crescita passa dal fisco. Nel definire la riduzione della pressione fiscale un obiettivo «non facile da coniugare con il rispetto degli obiettivi europei» il presidente della Corte dei Conti ha sottolineato che «di più immediata percorribilità potrebbe rivelarsi una scelta volta ad aumentare l’equità distributiva del prelievo». Lo strumento proposto è quello della riduzione delle agevolazioni fiscali. Una giungla di 720 voci con un costo di quasi 254 miliardi, che i magistrati contabili suggeriscono sì di disboscare ma nel quadro di una riforma complessiva del fisco. Per evitare che i costi della risistemazione li paghino solo alcuni.

La revisione delle agevolazioni. Il ridimensionamento dell’erosione fiscale, attraverso una revisione delle agevolazioni, ha alla base diverse motivazioni secondo il documento della Corte dei Conti, comuni a quelli declinati nel panorama internazionale: la consapevolezza che trattamenti tributari differenziati (deduzioni, detrazioni, esclusioni, esenzioni e aliquote ridotte), traducendosi in una riduzione di gettito, producono sul bilancio pubblico un effetto analogo ad un aumento di spesa (da cui il termine tax expenditures); il loro utilizzo per aggirare le regole che presidiano il livello, l’evoluzione e la copertura della spesa pubblica; il vulnus che si determina nella capacità di valutare in quale misura l’allocazione delle risorse pubbliche rifletta le priorità politiche; il concreto rischio, infine, di generare effetti negativi dal punto di vista dell’equità (verticale ed orizzontale) del sistema tributario. Il fenomeno dell’erosione fiscale infatti, si legge nel rapporto, presenta dimensioni superiori a quelle (stimate) dell’evasione.

Le prospettive di breve periodo. Innanzitutto – si legge nel rapporto – continueranno a farsi sentire gli effetti dei 140 miliardi di interventi correttivi varati dal 2008 a oggi (di cui 30 miliardi sul solo biennio 2013-2014). E poi non vanno trascurate le altre complicazioni: una «pressione fiscale portata a livelli comunemente ritenuti incompatibili con le esigenze della crescita, ma funzionale al rispetto dei parametri europei»; la scelta di come «accompagnare il percorso di sviluppo di lungo periodo con risorse che appare sempre più difficile cercare nel bilancio pubblico».

L’andamento della spesa pubblica. 
La Corte dei conti invita ad andare avanti sul processo di contenimento della spesa che ha già prodotto alcuni risultati. Nel 2012, al netto della spesa per interessi, le uscite delle amministrazioni centrali erano diminuite del 6,6% rispetto al 2009; quelle delle Pa locali del 7,2 per cento. Ciò significa che le prime hanno risparmiato 26 miliardi e le seconde 16.

Dello stesso autore

RISPONDI

Please enter your comment!
Please enter your name here

Altro in Attualità

Rubriche