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sabato 5 Ottobre 2024
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Corte conti, per semplificazione fiscale stop complessità redditometro e studi di settore

Altri casi di “appesantimento” legati alla mediazione tributaria. Nel corso di un’audizione alla commissione bicamerale per la Semplificazione Squitieri consiglia: “potenziare l’uso di tecnologie e sistemi informativi”.

Una posizione chiara che da un lato denuncia i troppi casi di complessità non necessaria nelle procedure fiscali del nostro Paese e dall’altro avanza delle proposte concrete per ridurre i costi e migliorare l’ormai tormentata relazione Fisco-contribuente. E’ quella del presidente della Corte dei Conti, Raffaele Squitieri, manifestata nel corso di un’audizione alla commissione bicamerale per la Semplificazione. Contro le procedure fiscali illogiche la soluzione proposta dai giudici amministrativi sé necessario in primis un corretto uso della tecnologia: dichiarazioni dei redditi precompilate, preparate dagli enti impositori, che i contribuenti potrebbero visualizzare direttamente sul “cassetto fiscale”, obbligo generale ed effettivo di autotutela a carico dell’amministrazione, anche in caso di errore del contribuente, con l’unico limite del giudicato e senza onerose formalità a carico dell’interessato. Un tema caldo, quella della semplificazione fiscale e dei relativi adempimenti, al centro della legge delega per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita approvata definitivamente dal Parlamento il 27 febbraio scorso.

Esempi di complessità formale dell’ordinamento fiscale: lo spesometro. Con lo spesometro è stato introdotto nel 20100 l’obbligo per gli operatori economici che intrattengono rapporti con il consumatore finale di comunicare telematicamente all’Anagrafe Tributaria le cessioni di beni e servizi effettuate nei confronti dei consumatori finali, quando l’importo dell’operazione è superiore a 3.600 euro Iva compresa. Un obbligo tuttora in vigore, nonostante a decorrere dal 1° gennaio 2012 sia stato ridotto a 1.000 euro il limite per i pagamenti in contanti. Si è così duplicato inutilmente il flusso informativo destinato all’Amministrazione finanziaria, con conseguenti maggiori oneri non indispensabili per gli operatori economici. Agli occhi di Squitieri non appare convincente l’argomentazione, solitamente addotta per spiegare questa illogica duplicazione, che ricollega tale adempimento all’applicazione dell’accertamento sintetico Irpef mediante il “redditometro”, ove si consideri che le informazioni sul reddito “consumato” possono essere ricavate indirettamente dall’anagrafe dei rapporti, cui l’amministrazione fiscale può oggi accedere sia per selezionare i soggetti da sottoporre a controllo che per sviluppare l’azione di accertamento sulla singola posizione. Senza considerare inoltre gli effetti negativi che ha avuto l’obbligo di comunicazione degli acquisti superiori a 3.600 euro sulla trasparenza dei rapporti commerciali e sulla propensione all’acquisto.

La mediazione tributaria. Altro esempio di complessità e appesantimento del sistema procedurale è quello della “mediazione tributaria” obbligatoria. Con tale istituto, introdotto a decorrere dal 1° aprile 2012 per le controversie riguardanti l’Agenzia delle entrate di valore fino a ventimila euro, si è imposto a tutti coloro che intendono contestare la pretesa tributaria l’obbligo di adire preventivamente l’ufficio dell’Agenzia delle entrate. Ciò anche quando il contribuente non intenda richiedere alcuna mediazione all’ufficio e nonostante che, almeno per quanto concerne l’attività di accertamento, vi sia già stata la possibilità di definizione agevolata attraverso gli istituti deflativi del contenzioso (acquiescenza, adesione all’accertamento, definizione del verbale). Si tratta, evidentemente, di una procedura – certamente onerosa per il contribuente, considerato che l’istanza di mediazione deve avere i contenuti di un ricorso giurisdizionale – che in molti casi dissimula l’autotutela totale o parziale che l’amministrazione avrebbe dovuto adottare senza alcuna formalità quando l’errore fosse dipeso da essa o fosse stato originato da una condotta scusabile del contribuente. Va ricordato in proposito come ai funzionari dell’Agenzia delle entrate che concludono la mediazione o accolgono il reclamo si applichi la limitazione di responsabilità al solo dolo già prevista per chi opera valutazioni di diritto e di fatto ai fini della transazione fiscale, dell’accertamento con adesione e della conciliazione giudiziale (art. 29, comma 7, del DL n. 78 del 2010). A ciò si aggiunga che, analogamente a quanto previsto per la conciliazione giudiziale, in caso di istanza di mediazione si può giungere alla riduzione al 40 per cento delle sanzioni anche quando venga confermato l’ammontare del tributo richiesto.

Gli studi di settore. Un ulteriore esempio di complessità superabile è quello dell’applicazione degli studi di settore di cui all’art. 62-bis del DL n. 331 del 1993. Tali studi, infatti, sono attualmente oltre duecento e coinvolgono un gran numero di soggetti per i quali l’applicazione degli studi stessi non risulta concretamente produttiva di risultati benefici a causa della natura dell’attività, poco misurabile con metodi statistici, o per l’insufficiente numerosità dei soggetti che la svolgono nei diversi ambiti territoriali. Preferibile e più convincente sarebbe, dunque, limitare l’operatività degli studi a quelle attività che si rivolgono al consumatore finale e presentano oggettive difficoltà di controllo dei ricavi conseguiti, producendo in tal modo anche un evidente alleggerimento degli adempimenti richiesti a coloro che esercitano attività di altro tipo.

Proposte. Il primo punto secondo la Corte dei Conti riguarda un uso evoluto delle tecnologie informatiche e telematiche che consenta di modificare un modello relazionale oggi sostanzialmente unidirezionale, nel quale il contribuente, per adempiere all’obbligo tributario, non può contare sull’attività dell’amministrazione fiscale ed è costretto quasi sempre ad avvalersi dell’opera di intermediari professionali. La predisposizione di una dichiarazione tributaria o, quando ciò non risulti possibile per la complessità della posizione, la più semplice messa a disposizione delle numerose informazioni di cui il Fisco dispone già oggi, o potrebbe agevolmente disporre, sono obiettivi che potrebbero essere raggiunti in tempi ragionevoli. Il grande patrimonio informativo di cui dispone l’Anagrafe Tributaria dovrebbe essere utilizzato tempestivamente, prima di tutto per fornire servizi e dati ai contribuenti che devono adempiere e non sia soltanto finalizzato, come accade oggi, tranne qualche limitata eccezione, all’esecuzione di controlli successivi all’adempimento.

Per la Conte dei Conti è necessaria insomma una moderna strategia nella gestione del rapporto con il contribuente, per indirizzarlo a corretti comportamenti fiscali già nella fase dell’adempimento, attraverso un uso evoluto delle tecnologie e una diversa capacità relazionale dell’amministrazione fiscale. Istituzionalizzare l’obbligo per gli enti impositori (Agenzia delle entrate, enti locali, Inps, ecc.) di sottoporre preventivamente ai contribuenti, con un congruo margine di tempo rispetto alla scadenza dei termini di adempimento, proposte di dichiarazione e/o di versamento formate sulla base dei dati conosciuti dai sistemi informativi, quali comunicazioni dei sostituti d’imposta, dati catastali, versamenti di acconto, ecc potrebbe essere un metodo efficace. Tali proposte e comunicazioni potrebbero essere messe a disposizione del singolo contribuente attraverso un unico canale di comunicazione, come quello da tempo istituito dall’Agenzia delle entrate ma ancora scarsamente utilizzato, che prende il nome di “cassetto fiscale”. Le proposte potrebbero poi essere condivise dal contribuente, con conseguente agevole presentazione della dichiarazione e/o versamento del tributo, ovvero, qualora i dati dovessero risultare errati o incompleti, potrebbero dare luogo ad una opportuna segnalazione agli uffici per l’aggiornamento e la rettifica delle basi dati.

Effetti positivi. Gli effetti positivi, conclude Squitieri, sarebbero tangibili e consisterebbero in minori costi di adempimento, innalzamento della correttezza fiscale e riduzione dell’evasione fiscale.

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