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sabato 27 Luglio 2024
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Corte dei Conti: evasione Iva ancora elevata, rendere obbligatoria la fatturazione elettronica anche per il regime forfetario

“Andrebbe valutato il superamento della facoltatività della fatturazione elettronica per i contribuenti che si avvalgono del cosiddetto regime forfetario, in considerazione del rilievo che assume, per il corretto funzionamento dell’intero sistema, la conoscenza completa degli scambi intercorsi tra tutti gli operatori economici e tenuto conto che le ragioni che hanno indotto a rendere solo facoltativo l’adempimento possono ritenersi ormai superate, dato il livello di semplificazione operativa raggiunto dalle attuali tecnologie disponibili sul mercato”. A scriverlo sono i magistrati della Corte dei Conti nella relazione sul Rendiconto generale dello Stato per il 2020, comunicato al Parlamento nel giugno scorso.  Per la magistratura contabile assume grande rilievo, tra le iniziative volte alla semplificazione degli adempimenti e all’innalzamento della tax compliance, anche l’impiego delle tecnologie e in primo luogo l’adozione della fatturazione elettronica avviata nel gennaio 2019.

Si tratta di una scelta, da tempo condivisa dalle Sezioni riunite della Corte, che sulla scorta dei dati ufficiali dall’Agenzia delle entrate, “avrebbe indotto una crescita del gettito IVA e un ridimensionamento dei fenomeni evasivi e fraudolenti” si legge ancora.  

Le sezioni riunite in sede di controllo tornano a segnalare i rischi che l’attuale impianto normativo presenta per l’efficace funzionamento di un sistema finalizzato alla prevenzione e repressione basato sulla fatturazione elettronica. Ci si riferisce, in particolare, agli effetti che ha sul sistema l’estensione del regime forfetario fino a 65.000 euro di ricavi e compensi in vigore dal gennaio del 2019. L’adesione a tale regime, infatti, comporta attualmente solo la facoltà di utilizzare la fatturazione elettronica. Ciò determina una vasta zona d’ombra nel sistema, data la numerosità dei contribuenti interessati (stimati in circa due milioni), inducendo “al nero” e facendo venire meno l’interesse a documentare le componenti passive del reddito.

Non va trascurato, inoltre, che un passaggio generalizzato alla fatturazione elettronica consentirebbe di gestire completamente in via informatizzata i processi di registrazione, liquidazione e dichiarazione IVA e permetterebbe all’Amministrazione fiscale di erogare i servizi di precompilazione delle dichiarazioni con il massimo dei benefici proprio nei confronti dei contribuenti in regime forfetario.

A questo riguardo la norma modificata prevede che a partire dalle operazioni effettuate dal 1° luglio 2021 saranno predisposte le bozze dei registri IVA e delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche e, a partire dalle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2022, verrà predisposta anche la bozza della dichiarazione annuale IVA.

Per l’elaborazione dei documenti precompilati IVA saranno utilizzati i dati delle fatture elettroniche, delle operazioni transfrontaliere e dei corrispettivi telematici. Nella prima fase sperimentale (secondo semestre 2021 e anno d’imposta 2022) la platea sarà costituita da soggetti di ridotte dimensioni, i quali potranno accedere ai documenti precompilati in un’apposita area riservata, direttamente o tramite i loro intermediari.

L’andamento dell’IVA in Italia e nei principali Paesi europei

Nel 2020 il gettito dell’IVA ha fatto registrare un decremento del 9,7 per cento; in termini monetari il gettito si è assestato a 123,6 miliardi, 13,2 miliardi in meno rispetto all’anno precedente. Sul totale dell’imposta, 113,6 miliardi sono da imputare alla quota degli scambi interni, diminuita di 9,4 miliardi (-7,6 per cento), mentre la quota derivante dalle importazioni ha fatto registrare una riduzione di 3,8 miliardi (-27,7 per cento).

La riduzione dipende dal marcato peggioramento congiunturale conseguente all’emergenza sanitaria da Covid-19 e dagli effetti delle disposizioni dei numerosi provvedimenti normativi, fra i quali ricordiamo gli articoli 61 e 62 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, che hanno rinviato i versamenti dell’IVA per i soggetti con ricavi o compensi non superiori a 2 milioni di euro, nonché, indipendentemente dal requisito dimensionale, per quelli appartenenti ai settori di attività più colpiti dall’emergenza o aventi sede nelle zone maggiormente colpite.

Dei 113,6 miliardi relativi alla domanda interna, 12,7 miliardi derivano dai versamenti delle PA a titolo di split payment che fanno registrare un incremento di circa 200 milioni rispetto al 2019. La quota del tributo derivante da questo istituto è passata dai 7,3 miliardi del 2015 (primo anno di applicazione) ai 12,7 miliardi del 2020.

In conseguenza della diminuzione delle imposte indirette dell’11,4 per cento (da 219,4 a 194,2 miliardi) e delle imposte totali del 5,3 per cento (da 472,0 miliardi a 446,8), la quota dell’IVA sul totale delle prime è aumentato al 63,9 per cento mentre è diminuito al 27,7 per cento rispetto alle seconde.

  • Dal punto di vista della quota dell’IVA rispetto alla crescita economica (in questo caso il rapporto è costruito sulla base del totale delle risorse interne) l’Italia presenta valori di poco superiori al 6 per cento e significativamente più bassi rispetto ai grandi paesi, ad eccezione della Spagna. La differenza con gli altri paesi, che comunque nell’ultimo anno (quello della pandemia) è leggermente diminuita, va da poco più di mezzo punto percentuale con la Francia a otto decimi con la Germania. Come messo in evidenza anche dal report sul Gap IVA redatto dalla Commissione, sebbene ci sia stato qualche lieve miglioramento dal punto di vista della compliance, il nostro paese non riesce ancora a raccogliere dall’imposta sul valore aggiunto gli stessi risultati degli altri paesi europei.

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