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domenica 1 Settembre 2024
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Delega fiscale, amnistia surrettizia e condono di 15 miliardi per i grandi evasori

Il Governo con una operazione spregiudicata e di dubbia costituzionalità, utilizzando la delega sul riordino del penale tributario opera di fatto la demolizione del sistema per favorire i grandi evasori. 

Non è facile riassumere in poche righe i misfatti che racchiude lo schema di decreto legislativo approvato dal Governo nel Consiglio dei ministri della vigilia di Natale che, senza tema del ridicolo, prende il nome di “disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente”. Con pochi tratti di penna viene di fatto azzerato il lavoro di anni dell’Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza. In pratica, innalzando le soglie di punibilità ed eliminando reati, si opera un doppio regalo ai grandi evasori: un condono, che secondo le prime stime di Lef-associazione per la legalità e l’equità fiscale, ammonta a circa 15 miliardi e una amnistia surrettizia e circoscritta ai grandi evasori indagati in relazione all’abuso del diritto. Il tutto in barba alle norme che prevedono per l’amnistia un voto qualificato del Parlamento. Il provvedimento, che contiene anche una norma salva-Berlusconi, appare sempre più un frutto avvelenato e inconfessabile del patto del Nazzareno. Ipotesi avvalorata dalla decisione del premier di riprendere l’esame del provvedimento dopo l’elezione del presidente della Repubblica. A questo punto l’unica soluzione credibile appare la via del ritiro incondizionato del decreto.

 

Gli organi di informazione in questi giorni hanno concentrato la loro attenzione sull’art. 15 dello schema di decreto che introduce nel sistema una nuova causa di non punibilità generale, applicabile a tutte le ipotesi di reato previste dalla normativa penale-tributaria, correlata al mero rapporto percentuale esistente tra l’imposta evasa e l’entità del reddito imponibile dichiarato o, nel caso dell’IVA, al rapporto percentuale esistente tra l’imposta evasa e quella dichiarata. In pratica, secondo la formulazione della disposizione approvata – stando a quanto viene sostenuto in modo del tutto inconsapevole dal Governo – l’evasione non sarebbe penalmente punibile se l’imposta evasoa non supera il 3 per cento dell’entità del reddito imponibile dichiarato ai fini dell’IRES o dell’IRPEF o il 3 per cento dell’IVA. Così, ad esempio, se una grande impresa ha dichiarato 10 milioni di euro di imponibile IRES, la sua licenza di evadere impunemente sul piano penale ammonterebbe a 300.000 euro in termini d’imposta. L’enormità della disposizione e la sua evidente incostituzionalità esonerano da ulteriori commenti tecnici.

Naturalmente, in base ai principi che regolano il nostro ordinamento penale, se dovesse entrare in vigore, la nuova disposizione, che in realtà sembra configurare una ulteriore soglia minima dell’evasione penalmente punibile piuttosto che una vera causa di esclusione della punibilità, produrrebbe effetti anche sulle sentenze definitive (in base all’art. 673 del c.p.p. che prevede la revoca della sentenza per abolizione del reato).

Questo fatto, insieme al generale disconoscimento di paternità della norma da parte del Governo e alle stesse dichiarazioni del Presidente del Consiglio, che ha preannunciato il rinvio della sua presentazione al Parlamento a dopo l’elezione del Presidente della Repubblica, legittimano il diffuso convincimento che essa costituisca una clausola non confessabile del c.d. “patto del Nazareno” sul quale si regge l’attuale maggioranza.

Ma il provvedimento approvato dal Governo contiene anche altre assurdità che, complessivamente considerate, rivelano la inequivoca volontà politica di demolire gli strumenti giuridici di contrasto all’evasione. Vediamo le principali.

L’articolo 1 esclude sempre la punibilità penale dell’abuso del diritto (comma 13) anche quando esso si traduca in comportamenti che finora la giurisprudenza della Cassazione considera penalmente rilevanti.

L’articolo 3 del decreto esclude il reato di dichiarazione fraudolenta quando si utilizzino fatture false di importo non superiore a mille euro. Parallelamente, l’art. 7 esclude la punibilità penale per l’emittente la fattura falsa quando essa non supera i 1000 euro.

L’articolo 4, riformulando il delitto di frode fiscale (art. 3 del d.lgs. n. 74), riduce l’ambito di operatività della norma eliminando l’attuale riferimento all’ipotesi di falsa rappresentazione nelle scritture contabili e innalza la soglia di punibilità. Inoltre, viene esclusa la qualificazione di operazione simulata quando sussistano flussi finanziari annotati nelle scritture contabili. In questo modo si può dire che vengono sottratte alla sanzione penale tutte le più sofisticate forme di evasione poste in essere in questi anni dalle imprese più strutturate e meglio assistite professionalmente operanti nel settore bancario e finanziario in genere.

L’articolo 5 aumenta grandemente le soglie di punibilità previste per il reato di infedele dichiarazione e, fatto di non minore gravità, rende irrilevante sul piano penale la non inerenza o l’indeducibilità dei costi e delle spese dedotti.

Gli articoli 9 e 10 triplicano le soglie attualmente previste per il reato di omesso versamento delle ritenute operate dal sostituto d’imposta e per il reato di IVA non versata. Data l’elevatezza delle nuove soglie, si amplia enormemente l’area di impunità penale per chi si appropria illecitamente di risorse della collettività.

Infine, l’articolo 17 del decreto di fatto viene ad abrogare la norma che raddoppia il termine per l’accertamento tributario quando sussistano comportamenti penalmente rilevanti.

Sulla base di queste brevi notazioni ciascuno può trarre autonomamente le conclusioni sull’effettiva volontà di contrastare l’evasione fiscale.

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