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lunedì 10 Marzo 2025
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Dichiarazione precompilata: complessità e inutilità delle norme azzoppano l’efficacia

Giustamente l’Agenzia delle entrate ha investito molto nella precompilazione del 730 al fine di rendere disponibile ai contribuenti più comuni, i lavoratori dipendenti e i pensionati, uno strumento via rete che consentisse loro di fare rapidamente in prima persona la propria dichiarazione senza ricorrere all’aiuto e all’assistenza dell’intermediazione.

Sono ormai vari anni che questa opportunità è offerta ai contribuenti e ogni anno aumenta il numero di quelli che ne usufruiscono. Aumenta anche il numero dei contribuenti che verificata la correttezza e la completezza di quanto già predisposto dall’Agenzia si limita semplicemente a trasmettere la dichiarazione. Tra l’altro quanto reso disponibile sull’apposito sito, dedicato dall’Agenzia alla compilazione del 730, si basa su un’applicazione chiara e comprensibile, di elevata usabilità e facilità d’impiego, che supporta il contribuente in tutte le fasi dell’adempimento.

Tenendo conto della complessità normativa che è alla base della nostra dichiarazione dei redditi, complessità che riguarda anche i contribuenti più comuni, l’applicazione ha un impianto organizzativo logico e razionale che guida passo passo, informandolo, il contribuente e impiegando al meglio tutti gli strumenti utilizzabili (finestre, avvertenze, segnalazioni, rimandi, calcoli, ecc.) sullo schermo d’un personal computer.

Purtroppo, questo pregevole impegno d’una struttura pubblica è sempre più messo in discussione da un parlamento che anno dopo anno emana leggi e regole, alla base del riconoscimento e del calcolo della miriade di agevolazioni concesse ai contribuenti, sempre più schizofreniche, a volte addirittura inutili, che con l’andar del tempo stanno vanificando lo sforzo di rendere agevole, attraverso, l’informatica e le nuove tecnologie la presentazione della dichiarazione dei redditi.

A titolo d’esempio di quanto affermato in precedenza e per comprenderne ed illustrane la portata si può citare l’introduzione dall’anno d’imposta 2020 della regola, nella concessione delle detrazioni per spese mediche, che i pagamenti verso le strutture sanitarie private devono essere effettuati con strumenti tracciabili (carte di credito, debito, bonifico, assegno, ecc.).

La nostra associazione si è battuta e si batte per incrementare l’uso della tracciatura delle transazioni economiche, come ausilio alla riduzione dell’evasione, ma nel caso della detrazione delle spese mediche, tenendo conto della strumentazione già in campo, questa misura ha un carattere esclusivamente demagogico in quanto è completamente inutile e, nella pratica, si è trasformata in una misura punitiva per il contribuente.

Non si comprende, infatti, il perché di quest’obbligo quando il medico o la struttura che ricevono il denaro per far godere il contribuente della detrazione debbono emettere fattura o ricevuta e debbono anche inviare i relativi dati all’amministrazione che è, quindi, in possesso di tutte le informazioni fiscali per la verifica dei ricavi del soggetto che ha effettuato la prestazione. In pratica, per queste spese, la tracciatura elettronica del pagamento è completamente ininfluente ai fini del contrasto all’evasione.

Già per i milioni di contribuenti anziani il controllo di quanto esposto per le spese sanitarie nella loro precompilata da parte dell’Agenzia delle entrate, a causa del loro elevato numero (mediamente tra medicinali, strumenti di diagnostica, visite, ecc. una cinquantina ma in molti casi superano anche le cento) era piuttosto faticoso e molti, proprio per questo, si affidavano all’intermediazione consegnando ad un centro di assistenza o a un professionista abilitato tutta la documentazione necessaria.

Quest’anno questo fenomeno si amplierà a dismisura in quanto la verifica dei dati esposti dall’agenzia, a causa dell’obbligo della tracciatura, sarà complicatissima e per molti aspetti anche incomprensibile. Compaiono, infatti, a fianco alla spesa anche i termini: “tracciato”, “non tracciato” e “non comunicato”.
Si presume, ma chi scrive non ne ha certezza, che queste tre voci siano state impostate da chi ha inviato i dati (il farmacista, il medico, la struttura sanitaria, ecc.).

Poiché era il primo anno in cui questa informazione era richiesta dall’Agenzia a chi inviava i dati della spesa, comprensivi di tutte le informazioni fiscali relative al pagamento, quali la partita Iva e il numero della fattura, ci sono molti “tracciati” che risultano “non tracciati” e viceversa e questo costringe il contribuente

ad una certosina modifica dei dati per ottenere la detrazione, nei casi in cui questa non è stata riconosciuta. Anche i moltissimi “non comunicato” non sono stati conteggiati nell’importo detraibile. A parte il fatto che il contribuente fatica a comprendere il significato di questo termine, “non comunicato” da chi? Dalla banca o dal medico, struttura, ecc.? Sta di fatto che queste spese, nel caso in cui erano detraibili, non sono state conteggiate e vanno inserite dal contribuente previa modifica dei dati. C’è anche da chiedersi perché questi dati siano stati accettati in questo modo dall’Agenzia in quanto incompleti non potevano essere respinti e rinviati al mittente per essere integrati e corretti?

C’è anche da sottolineare, infine, che sono finite nella voce “altre spese”, non conteggiate dall’Agenzia nell’importo detraibile, anche spese che ne hanno diritto. Non sarebbe il caso di incrementare la tipologia di queste voci per evitare ulteriori modifiche dei dati esposti dall’Agenzia da parte dei contribuenti.

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