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lunedì 10 Marzo 2025
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Disponibili tutti i dati per sconfiggere l’evasione, l’Agenzia delle Entrate proceda con nuovo software e più personale

di Carlo D’Adda, professore emerito di Economia politica presso l’Università di Bologna, socio linceo

Documento presentato all’Accademia Nazionale dei Lincei il 14 maggio 2021

1. Indicazioni dell’Unione europea per i Recovery plan dei paesi membri

Come è noto, Commissione europea, Parlamento europeo e leader dei paesi membri dell’UE, nel gennaio 2021, considerato lo sconvolgimento sociale ed economico prodotto dalla pandemia da coronavirus, si sono accordati per dare vita a un programma di sostegno ai paesi membri, autorizzando la Commissione a raccogliere fondi sul mercato (672,5 miliardi di euro) destinati a sostenere sia la ripresa, sia il rilancio dell’economia con una visione di lungo periodo. Next generation Europe (valore 750 miliardi di euro inclusivi dei precedenti 672,5 ma comprendenti anche altri fondi disponibili alla Commissione) è la denominazione dell’accordo che ne sottolinea l’obiettivo di lungo periodo: un’Europa più verde, più digitale, più resiliente e più preparata alle prossime sfide. La preminenza degli obiettivi legati alla transizione digitale si desume quindi da chiare indicazioni preliminari avanzate dall’Ue. Si può aggiungere che l’espressione prossime sfide, usata nella medesima fonte, si riferisce all’utilizzo, a integrazione della digitalizzazione, dell’intelligenza artificiale e dei cosiddetti big data, grandi serbatoi di dati oggi esplorabili in tempo reale. Si tratta dunque di tecniche destinate a rendere effettiva l’efficacia della digitalizzazione.

2. Chiarezza sul costo dei fondi acquisiti attraverso la Recovery plan facility

E’ opportuno chiarire che “raccogliere fondi”, da parte della Commissione europea, non significa “donare fondi”: i fondi raccolti potranno essere in parte oggetto di prestito, in parte di contributo a fondo perduto (grant da utilizzare entro il 2023). Si deve comprendere che anche nel caso di questi ultimi contributi, i fondi necessari alla copertura non cadono dal cielo nelle mani della Commissione, ma devono essere raccolti sul mercato e progressivamente rimborsati. In ultima analisi, i fabbisogni della Commissione europea devono essere coperti dai paesi membri, secondo quote proporzionali al rispettivo reddito nazionale (in futuro l’UE potrà disporre anche di imposte proprie). Il vantaggio, per i paesi membri, di passare per la facility della Commissione consistono nei minori interessi passivi sui prestiti (minori spread) e nella minore quota a carico (quota proporzionale al reddito nazionale anziché quota direttamente utilizzata dal paese destinatario del prestito contratto dalla Commissione europea) nel caso di contributi a fondo perduto.

3. Elevato debito pubblico italiano e conseguenze negative sull’economia

Per cogliere l’importanza della digitalizzazione del settore fiscale nel caso specifico del nostro paese, è bene ricordare che l’Italia, dagli anni Ottanta del secolo scorso, è divenuta un paese altamente indebitato e frenato nella sua crescita dal permanente tentativo di ridurre la dinamica della spesa pubblica (conseguenza questa della pratica impossibilità – fino a oggi – di distinguere tra debito cattivo e debito buono nel Patto di stabilità e crescita). Infine, negli anni recenti 2019-2021 – gli anni della pandemia da Covid – l’Italia è stata costretta, come gli altri paesi europei e dell’intero mondo, a far fronte con nuovi, ulteriori debiti alle necessità sociali ed economiche straordinarie causate dalla pandemia. Il richiamo a questa articolata situazione debitoria, resa più sopportabile grazie all’aiuto europeo, ma lungi dall’essere superata, è più che sufficiente a mettere in evidenza la rilevanza delle risorse proprie che il nostro Governo sarà in grado di destinare al rilancio dell’economia senza mettere in pericolo l’equilibrio di bilancio. Pervenire presto a un soddisfacente controllo della pesante evasione fiscale è dunque una delle priorità.

 4. Elevata evasione fiscale in Italia nei confronti dei maggiori paesi membri dell’Ue

Il fenomeno dell’evasione fiscale è di vecchia data e presente, con intensità notevolmente diversa, in tutti i paesi membri dell’Ue. Con riferimento all’anno 2014 Konrad Raczkowski (Università di Scienze sociali, Varsavia), aveva pubblicato un stima dell’evasione fiscale (in percentuale del Pil) nei diversi paesi membri nella quale l’Italia figurava detenere il poco invidiabile primato, con una stima di evasione pari al 13,8%, la Spagna presentava il 10,8%, Francia e Germania rispettivamente il 6,6 e il 6,3% e il Regno Unto il 3,3% e il Lussemburgo soltanto l’1,6%, la più bassa stima di evasione in tutta l’Ue (*). Per l’anno 2015 sono oggi disponibili stime, paragonabili alle precedenti, elaborate da Richard Murphy (City University London) per conto del Parlamento europeo (**). Ecco i dati che si confrontano a quelli indicati con riferimento al 2014: Italia 11,6% (pari a 190,9 miliardi di euro), Spagna 5,6% (60 miliardi), Francia e Germania rispettivamente 5,4% e 4,1% (117,9 e 125,1 miliardi), Regno Unito 3,4% (87,5 miliardi) e Lussemburgo 3,1% (1,6 miliardi). L’Italia conserva la posizione di primo evasore d’Europa, sebbene la misura dell’evasione appaia diminuita di 2,2 punti percentuali. Per l’anno 2015, nella ricerca effettuata per conto del Parlamento europeo, Murphy ha prodotto anche stime dell’evasione limitate alla sola IVA (imposta sul valore aggiunto); con riferimento ai paesi membri già considerati, abbiamo le seguenti stime percentuali di evasione rispetto al dovuto: Italia 25,78 %, Spagna 3,52%, Francia 11,71%, Germania 9,56%, Regno Unito 10,88%, Lussemburgo 5,56%. Si tratta evidentemente di stime non confrontabili con le precedenti, in quanto riferite a due diversi indicatori dell’evasione fiscale, stime però sufficienti a confermare la rilevanza generale del fenomeno e la sua particolare gravità nel caso dell’Italia. Per quanto riguarda l’Italia, tra le due stime considerate di elaborazione non italiana, soltanto quella di Murphy per l’anno 2015 ci permette di conoscere una somma in valore anziché in percentuale del Pil – precisamente 190 miliardi di euro – senza rischiare di mescolare dati non omogenei riguardo alla fonte. Con riferimento all’anno 2014, la Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva (anno 2018) del nostro Ministero dell’economia e delle finanze stima un’evasione complessiva (entrate tributarie e contributive) di 113 miliardi, decisamente più contenta di quella di Murphy per il 2015. Con riferimento al più recente biennio 2017-2018 la Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva (Commissione Giovannini) segnala una significativa riduzione dell’evasione sull’IVA, rispettivamente 36,8 e 33.3 miliardi di euro. Con riferimento a questa imposta, una efficace attività di contenimento dell’evasione è dunque in atto. La necessità di procedere con decisione in tutte le direzioni del contrasto all’evasione fiscale, comprese quelle più difficili da percorrere rimane comunque molto chiara, con l’obiettivo di consentire al bilancio pubblico di svolgere un ruolo molto più efficace di quanto sia stato nel primo ventennio di questo secolo. 

5. Centralità dell’Agenzia delle Entrate nel funzionamento del settore fiscale

Il quadro generale della politica economica appare oggi fitto di necessità; abbiamo peraltro motivo di ritenere che la digitalizzazione del settore fiscale della PA risulti meno problematica di quanto si potrebbe pensare. Da una recente audizione al Senato del Direttore dell’Agenzia delle entrate Avv. Ernesto Maria Ruffini, apprendiamo che attualmente l’Agenzia delle entrate, attraverso un paziente e poco noto lavoro di programmazione organizzativa, ha da tempo intrapreso un percorso di aggiornamento e potenziamento della propria capacità operativa.

Dall’audizione si evince che l’Agenzia può già accedere in modo autonomo al Catasto della proprietà immobiliare, alla situazione dei conti correnti bancari, alla conoscenza delle diverse forme di ricchezza finanziaria in titoli quotati, all’informazione relativa ai debiti verso istituzioni finanziarie contratti per l’acquisto di immobili, ai dati relativi alla proprietà degli autoveicoli, ai dati del grande deposito della fatturazione elettronica. Rimangono sempre i problemi connessi alla “schermatura” di proprietà registrate sotto nomi di copertura, rimangono aperti alcuni problemi relativi alla proprietà di valori mobiliari e immobiliari detenuti all’estero (nei casi di proprietà all’estero, l’individuazione delle coperture è evidentemente difficoltosa), ma una grande parte delle informazioni necessarie a conoscere l’entità patrimoniale dei contribuenti italiani sono già disponibili all’Agenzia delle entrate che ha il compito di reprimere l’evasione fiscale. Quale è dunque l’ostacolo che ancora si frappone a una drastica repressione dell’evasione? 

6. Difficoltà da affrontare e aree di investimento

La risposta chiama in gioco la disponibilità di personale dotato di competenze informatiche elevate, che richiede livelli retributivi anch’essi elevati perché le alte competenze informatiche sono oggi molto richieste dal mercato. Si deve anche segnalare la necessità di aggiornamento oggi permanente del personale responsabile della gestione informatica. L’Agenzia delle entrate ha parzialmente fatto fronte a questo problema attraverso il partenariato con la Sogei, che non è soggetta alle regole di reclutamento che normalmente si applicano al settore pubblico, ma la scarsità di risorse da destinare allo scopo ha rappresentato fino a oggi il problema principale. Nella situazione attuale, considerata le possibilità aperte dall’UE per costruire la Next generation Europe, il problema del reclutamento di personale provvisto di competenze informatiche adeguate merita di essere mandato avanti senza perdita di tempo. Accanto a questa esigenza primaria, vi è la necessità di acquisizione di hardware informatico di ultima generazione, acquisizione dei software occorrenti ad applicare tecniche di intelligenza artificiale all’analisi dei dati e acquisizione dei diritti di accesso a grandi banche dati non liberamente accessibili. 

7. Uso del contante e profitti dirottati all’estero

Il contrasto all’evasione fiscale, come è noto, avviene anche attraverso la limitazione all’uso del contante. Il ricorso alle carte e agli strumenti elettronici ovviamente permette la tracciabilità dei pagamenti ed è avversato dalle categorie che maggiormente praticano la non fatturazione o la riduzione del suo importo. Le norme intese a ridurre l’uso del contante vengono spesso contrastate con argomenti speciosi, non esclusa l’asserita convinzione, in alcuni settori della società, che “non si debba infierire sulle categorie produttive più deboli”. E’ difficile prevedere se un incentivo monetario all’uso delle carte riuscirà a cambiare rapidamente le abitudini italiane. Molto più promettente sembra essere il ricorso all’intelligenza artificiale e ai big data per guidare chi controlla e individuare le aree da sottoporre a verifica. Anche in questo caso specifico, permettere all’Agenzia delle entrate di accelerare il proprio programma di azione contro l’evasione con opportuni stanziamenti sembra la strada da seguire. Un’altra area di “perdita” di gettito fiscale è quella legata alla pratica, da parte di multinazionali o società comunque presenti in diversi paesi, di dirottare la formazione dei profitti nelle sedi in cui il trattamento fiscale risulta più favorevole. Le modalità con cui questa pratica si realizza sono diverse, ma la sostanza non cambia. Per di più, a causa della difformità della legislazione fiscale nei diversi paesi, la verifica della correttezza delle procedure seguite è particolarmente onerosa, con la conseguenza di rendere più costosa la repressione dell’evasione. Si tratta di un fenomeno importante, ma in gran parte estraneo rispetto alla fiscalità domestica dei diversi paesi. Occorre agire in sede europea o in sede internazionale. La via maestra, per quanto riguarda l’Ue, è quella di procedere verso livelli più avanzati di integrazione fiscale, così da evitare forme istituzionali di concorrenza sleale.

8. Contrasto all’evasione: risultati ottenuti dall’Agenzia delle entrate e risultati attesi

Negli anni dal 2016 al 2019 l’Agenzia delle entrate ha recuperato, nelle due principali linee di azione, cioè “imposte direttamente amministrate e controlli ordinari”, una media di 35-38 miliari di euro all’anno, 20 sulla prima linea, 15 sulla seconda e 3-5 miliardi annui conseguenti a operazioni di controllo straordinario. Per il 2019, il conto economico dell’Agenzia indica spese totali di 3,5 miliardi circa, di cui 1,7 miliardi per il personale. In data 27 aprile 2021 il Parlamento italiano ha approvato il Pnrr che prospetta una spesa complessiva di 248 miliardi di euro. Alla digitalizzazione è assegnato il 27% della spesa complessiva. Al complesso di digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella P.A. sono riservati 9,75 miliardi di euro, mentre alla sola digitalizzazione della P.A. la somma assegnata scende a 6,14 miliardi. Non è dato ricavare dai documenti fino ad ora disponibili quale sia la quota destinata a sostenere i programmi dell’Agenzia delle entrate. Nel testo ufficiale del Pnrr, si legge tuttavia che al fine di potenziare le proprie attività e rafforzare il contrasto all’evasione fiscale … “l’agenzia delle entrate ha bandito nell’ambito del concorso pubblico per 4113 unità, nell’ambito del quale si recluteranno risorse altamente specializzate …” e più oltre si aggiunge “E’ previsto a questo fine un rafforzamento della capacità operativa dell’Agenzia attraverso la selezione di ulteriori 2000 unità” (****). Rimane qualche dubbio, da questo testo, sul numero esatto delle assunzioni previste, ma è certo che deve trattarsi di alcune migliaia. Si tratta dunque di un’acquisizione massiccia di personale altamente qualificato. In mancanza di elementi ulteriori, possiamo limitarci a dire che un obiettivo sensato per l’arco dei prossimi 5-7 anni potrebbe essere la riduzione della nostra evasione media al livello annuo del 5-6%, pari all’evasione media che si realizza oggi in Francia e Germania, i nostri più prossimi partner nell’UE. Sembra lecito aspettarsi che un vero salto di qualità nel recupero dell’evasione si verificherà nel momento in cui la concreta applicazione dell’intelligenza artificiale ai big data permetterà la determinazione “automatica” delle aree dove la probabilità di evasione è più elevata, con risparmi di tempo straordinari rispetto alle procedure tradizionali. 

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