L’Irpef del futuro sarà più semplice, progressiva e più leggera. E’ questo, almeno, l’impegno del nuovo governo che ha anche assicurato in campo fiscale un maggior impegno nel contrasto all’evasione. Il presidente del consiglio Mario Draghi nel discorso con cui ha chiesto la fiducia al Senato non ha parlato di ‘pace fisacle’ ed ha anche lasciato intendere che sarà istituita una commissione di esperti facendo riferimento a quanto fatto in Danimarca nel 2008 e alla nostra riforma dell’Irpef del 1973 disegnata dalla commissione Cosciani. Dunque il governo accanto alla gestione delle emergenze porrà lo sguardo anche al futuro con il suo progetto riformatore: “non esiste un prima e un dopo”, ha sottolineato citando l’insegnamento di Cavour:”… le riforme compiute a tempo, invece di indebolire l’autorità, la rafforzano”. E per quanto riguarda il fisco occorre un intervento riformatore complessivo: “non è una buona idea -ha rimarcato- cambiare le tasse una alla volta”.
“Negli anni recenti i nostri tentativi di riformare il paese -ha premesso Draghi- non sono stati del tutto assenti, ma i loro effetti concreti sono stati limitati. Il problema sta forse nel modo in cui spesso abbiamo disegnato le riforme: con interventi parziali dettati dall’urgenza del momento, senza una visione a tutto campo che richiede tempo e competenza”. Soffermandosi sulla riforma fiscale il premier ha spiegato: “nel caso del fisco, per fare un esempio, non bisogna dimenticare che il sistema tributario è un meccanismo complesso, le cui parti si legano una all’altra. Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta. Un intervento complessivo rende anche più difficile che specifici gruppi di pressione riescano a spingere il governo ad adottare misure scritte per avvantaggiarli”.
Quanto al metodo che intende seguire ha spiegato: “le esperienze di altri paesi insegnano che le riforme della tassazione dovrebbero essere affidate a esperti, che conoscono bene cosa può accadere se si cambia un’imposta. Ad esempio la Danimarca, nel 2008, nominò una Commissione di esperti in materia fiscale. La Commissione incontrò i partiti politici e le parti sociali e solo dopo presentò la sua relazione al Parlamento. Il progetto prevedeva un taglio della pressione fiscale pari a 2 punti di Pil. L’aliquota marginale massima dell’imposta sul reddito veniva ridotta, mentre la soglia di esenzione veniva alzata. Un metodo simile fu seguito in Italia all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso quando il governo affidò ad una commissione di esperti, fra i quali Bruno Visentini e Cesare Cosciani, il compito di ridisegnare il nostro sistema tributario, che non era stato più modificato dai tempi della riforma Vanoni del 1951. Si deve a quella commissione l’introduzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e del sostituto d’imposta per i redditi da lavoro dipendente”.
Per Draghi, dunque, il riordino del fisco è una delle priorità: “una riforma fiscale -ha detto- segna in ogni Paese un passaggio decisivo. Indica priorità, dà certezze, offre opportunità, è l’architrave della politica di bilancio. In questa prospettiva va studiata una revisione profonda dell’Irpef con il duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività. Funzionale al perseguimento di questi ambiziosi obiettivi sarà anche un rinnovato e rafforzato impegno nell’azione di contrasto all’evasione fiscale”.
Tra le altre riforme annunciate da Draghi, quella della Pubblica amministrazione e quella della giustizia, che comunque si muoverà nel solco delle indicazioni della Ue.