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lunedì 10 Marzo 2025
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Evasione, bene recupero di gettito ma manca strategia complessiva

La lotta all’evasione ed elusione fiscale manca di una strategia complessiva in grado di aggredire con la forza necessaria il fenomeno. I dati sull’attività di contrasto nei primi 7 mesi dell’anno, diffusi nei giorni scorsi dall’Agenzia delle entrate, al di la del valore positivo in se del recupero di gettito evaso, rappresentano, paradossalmente, una spia preoccupante dell’aumento dell’infedeltà fiscale nel nostro paese.

di Villiam Rossi

Negli ultimi due anni, nonostante l’ottimismo dei comunicati ufficiali, l’evasione fiscale è drammaticamente aumentata. Lo dimostrano le analisi del Centro studi di Confindustria e il documento dell’Istat sul sommerso del 13 luglio scorso. In un sistema fiscale basato sull’adempimento spontaneo, dove il 90% delle entrate affluisce alle casse dello Stato sulla base dei versamenti dei contribuenti la strategia antievasione deve poter contare su tre pilastri: un coerente quadro normativo, una efficiente azione di contrasto e un costante impegno a livello di governo con strategie chiare e univoche.

L’azione di contrasto svolta dall’amministrazione finanziaria è dunque necessaria, ma non può essere in alcun modo sufficiente se mancano (o, peggio, se vengono improvvisamente a mancare) altri elementi indispensabili per il successo delle strategie antievasive. In particolare, se vengono meno da un lato la deterrenza del sistema sanzionatorio e, dall’altro, gli strumenti idonei a far emergere naturalmente la materia imponibile, che pure erano stati precedentemente introdotti. Sintomatico quanto avvenuto all’inizio di questa legislatura, con la riduzione a livelli quasi risibili delle sanzioni in caso di definizione bonaria e con la repentina ed ingiustificata soppressione di strumenti quali il tracciamento dei mezzi di pagamento e la riduzione dell’uso del contante, la trasmissione telematica dei dati riepilogativi annuali relativi a clienti e fornitori, la trasmissione telematica dei corrispettivi, la messa in rete dei distributori automatici, ecc.

Soltanto recentemente, il legislatore ha dato qualche segnale di voler invertire la rotta, anche se non appare chiaro fino a che punto ha effettivamente intenzione di spingersi. Sono state introdotte disposizioni come quelle dell’articolo 1 del d.l. 40 del 25 marzo 2010, che per contrastare frodi carosello e cartiere, consentirebbe di estendere l’obbligo di comunicazione all’Agenzia delle entrate delle operazioni con soggetti residenti nei paradisi fiscali anche ad operazioni interne relative a specifici settori di attività, o dell’articolo 21 del d.l. 78 del 31 maggio 2010 che, sotto la mimetica denominazione di Comunicazioni telematiche all’Agenzia delle entrate, ha previsto la reintroduzione degli elenchi clienti e fornitori limitatamente alle operazioni superiori ai tremila euro. Ammesso che si voglia effettivamente operare nella direzione giusta, resta l’amara constatazione di due anni (tre se si considerano i tempi attuativi) persi sulla via di una effettiva azione di risanamento del sistema fiscale di cui il Paese avrebbe estremamente bisogno.

In presenza, dunque, di un quadro normativo contraddittorio e di una azione dell’esecutivo più attenta a varare condoni e sanatorie per fare cassa, occorre dare atto del lavoro serio che migliaia di operatori della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate hanno continuato a fare in questi anni. Lavoro serio e professionale al quale deve andare il sostegno di tutti coloro che si riconoscono nei valori dell’equità e della solidarietà sanciti nella nostra Carta costituzionale. Tuttavia proprio per meglio riconoscere il buon lavoro svolto è opportuno evitare da parte dell’Agenzia delle entrate eccessivi trionfalismi, fornendo una lettura dei dati relativi ai risultati dei primi 7 mesi di attività più aderente alla realtà.

Esaminando i dati dell’Agenzia emerge che dei 400 mln di euro di incremento dell’imposta riscossa che si è registrato nei primi sette mesi del 2010 rispetto allo stesso periodo del 2009, circa 200 mln di euro, cioè il 50%, derivano da mera liquidazione delle imposte risultanti dalle dichiarazioni presentate. In pratica si tratta di contribuenti che non hanno versato a suo tempo ciò che pure hanno dichiarato. Quanta parte poi degli altri 200 mln di euro di incremento complessivamente riferiti ad attività di accertamento e di controllo formale derivi da una effettiva attività di accertamento non è dato sapere (qualificare enfaticamente lotta all’evasione l’attività di controllo formale di oneri e detrazioni esposti per lo più da lavoratori dipendenti e pensionati nei modelli 730 e Unico francamente pare eccessivo).

Andrebbe poi spiegata la ragione della diminuzione del numero dei controlli ordinari, passato dai 153.720 dei primi sette mesi del 2009 ai 151.543 dello stesso periodo di quest’anno. Inoltre, con riferimento ai tanto decantati accertamenti sintetici (cio quelli basati su elementi di spesa o di incremento di ricchezza ritenuti rivelatori di maggiore capacit contributiva ai fini della sola Irpef), occorre rilevare che l’incremento numerico evidenziato (+57% al 31 luglio 2010) corrisponde a valori assoluti del tutto marginali (da 7.899 accertamenti sintetici dei primi sette mesi del 2009 si passati a 12.399 dello stesso periodo 2010). A fronte di ciò l’incremento della maggiore imposta media totale accertata non raggiunge neppure l’1%. E, sempre a proposito del ricorso all’accertamento sintetico, andrebbe ancora ricordato che il loro incremento numerico quasi sempre equivale ad una rinuncia ad accertare l’effettiva fonte reddituale del soggetto e quindi a contrastare le correlate evasioni all’Iva e all’Irap.

Tornando all’analisi del Centro Studi di Confidustria (Scenari economici n. 8 di Giugno 2010), nel 2009 la base imponibile Iva evasa è stata pari al 28,8% della base teorica, contro il 25,6% del 2005, per imposte complessivamente evase nel 2009 pari a circa 125,5 mld di euro. Ciò significa che ogni giorno si evadono 344 mln di euro di imposte. Se confrontiamo questo dato con ciò che l’Agenzia contabilizza come recupero di evasione (4,9 mld in sette mesi, pari a poco più di 23 mln di euro al giorno), è agevole concludere che con la repressione si recupera meno del 7% di quanto si evade. E’ evidente, dunque, che l’azione repressiva da sola è insufficiente e che sono necessaarie strategie persuasive per accrescere la compliance oggi del tutto assenti.

 

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