La relazione sul federalismo presentata al Parlamento prevede per le regioni la possibilità di ridurre le aliquote standard fissate a livello nazionale e per le province un meccanismo simile a quello dei comuni
Service tax con dote di circa 25 miliardi complessivi ai comuni, introduzione di aliquote ‘standard’ fissate a livello centrale con possibilità di interventi ‘virtuosi’ al ribasso per le regioni e una imposta provinciale che raggruppi gli attuali introiti dell’ente con un meccanismo simile a quello dei comuni. Il federalismo fiscale, come disegnato nella relazione al Parlamento presentata dal governo comincia a prendere corpo. Obiettivo dell’esecutivo è quello di semplificare il sistema, rendere chiaro il percorso tra entrate e spesa di ogni ente superando il concetto di finanza derivata e attivare attraverso il federalismo un processo di responsabilizzazione della spesa. Tutto il percorso del federalismo fiscale sarà attuato con citeri di solidarietà nel pieno rispetto degli articoli 2 e 119 della Costituzione. A garanzia di tale solidarietà saranno istituiti Fondi perequativi e sarà previsto per l’attuazione della riforma ‘’un percorso temporale adeguato per evitare effetti di rottura’’.
La relazione sottolinea con forza le ragioni e i vantaggi del federalismo fiscale, un processo dettato non solo dalla necessità di riportare ordine nella finanza pubblica degli Enti locali, ma anche da ragioni europee. Il riordino della finanza pubblica italiana ‘’è necessario anche per evitare l‟irrogazione di sanzioni ed in particolare la perdita di finanziamenti europei’’ che andrebbero a penalizzare proprio le aree più deboli del paese. E’ evidente, si legge nella relazione, ‘’che il rischio di divisione non viene da chi vuole fare ma all‟opposto da chi non vuole fare il federalismo fiscale’’.
Regioni: per quanto riguarda il comparto regionale, dove si concentra il maggiore potere di spesa, il federalismo fiscale deve soprattutto attivare un processo progressivo di responsabilizzazione. Una prospettiva, che ad avviso della relazione, può essere garantita da un lato attivando i ‘costi standard’ e dall’altro razionalizzando le attuali fonti di gettito. Un processo da realizzare a ‘invarianza complessiva di pressione fiscale’ e con l’obiettivo di recuperare una fetta di evasione. Si tratta di un processo ancora in corso di elaborazione, che comunque dovrà garantire ai contribuenti regionali, si legge nella relazione, ‘’visibilità e misurabilità’’ tanto dei risparmi indotti dai recuperi di efficienza quanto dai risparmi. Perciò le ipotesi alle quali sta lavorando l’esecutivo ‘’sono mirate all’obiettivo prioritario di permettere manovre virtuose, da parte dei governi regionali, rispetto a standard di aliquota fissati a livello nazionale’’. Un meccanismo che il governo, come ricorda la relazione, ha già introdotto con l’articolo 40 del Dl 78 (manovra correttiva) con il quale si prevede la possibilità di manovra “verso il basso” sui tributi propri. In pratica le regioni del Sud possono con propria legge, in relazione all’Irap modificare le aliquote, fino ad azzerarle, e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei riguardi delle nuove iniziative produttive”.
Comuni: ai Comuni andrà una dote di circa 25 miliardi, di cui 10 sono già attualmente gettito degli Enti e altri 15 proveniente dal trasferimento ai comuni di tributi statali inerenti al comparto territoriale ed immobiliare, quali le imposte di registro, le imposte ipotecarie e catastali, l’Irpef sugli immobili, ecc.). In una prima fase si precederebbe ad attribuire ai comuni la titolarità di tali imposte, salvo poi prevedere la possibilità per gli estessi Enti, in una fase successiva di procedere all’istituzione di un tributo unico comunale in cui far confluire dai 17 ai 24 tributi gestiti dai Comuni nella cosiddetta ‘service tax’. Una scelta quest’ultima, che sarebbe comunque lasciata alla facoltà dei comuni. Un percorso che, si legge nella relazione, semplificherebbe radicalmente la vita dei cittadini introducendo una forma di prelievo unico legata ad un unico adempimento. Dalla service tax sarebbe comunque esclusa la prima casa destinata a restare esente dal tributo. Il tutto i redditi da affitto che attualmente incidono sul reddito complessivo. Tutta la riorganizzazione del prelievo dei Comuni dovrebbe essere attuata lasciando comunque invariato l’onere complessivo per i contribuenti, puntando nel contempo ad un significativo recupero di evasione fiscale da destinare a sgravi per i contribuenti onesti o all’incremento dei servizi offerti ai cittadini. Tutta l’operazione di passaggio dagli attuali trasferimenti alla finanza diretta sarebbe graduale e verrebbe garantita da un fondo di perequazione gestito dalla Conferenza Stato-Città.
Province: quanto alle Province la relazione si limita a sottolineare che si opereraà con una prospettiva in parte analoga a quella dei comuni. L’autonomia finanziaria sarà attuata semplificando il sistema ed eliminando le fonti di gettito maggiormente caratterizzate da difetti strutturali, e operando all’interno di un quadro di invarianza della pressione fiscale complessiva. Con molta probabilità, quindi si andrà verso un ntributo unico provinciale simile alla service tax del comune.