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lunedì 10 Marzo 2025
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Fisco italiano incassa 874 ml dai colossi delle prenotazioni turistiche on-line per evasione Iva e della cedolare secca

La società Booking.com, con sede in Olanda, ha corrisposto all’erario 94 milioni di euro, attraverso una procedura di adesione con l’Agenzia delle Entrate, chiudendo un contenzioso tributario per mancata presentazione della dichiarazioni ai fini Iva dal 2013 al 2021 ed evitando il sequestro della somma. L’evasione era stata scoperta dalla Guardia di finanza di Chiavari coordinata dalla Procura di Genova.

Dall’inchiesta era emerso che il sito di prenotazioni online fatturava le prestazioni di intermediazione rese in favore di tutti gli albergatori/affittacamere “inserzionisti” senza percepire la relativa Iva ed applicando per tutti i clienti italiani, indistintamente, il cosiddetto meccanismo del reverse-charge, in forza del quale l’Iva su ciascuna prestazione è dovuta non dal fornitore ma dal committente, in questo caso dall’albergatore o “affittacamere”, ma solo se titolare della relativa partita Iva. Booking.com ha però emesso fatture senza l’imposta sul valore aggiunto, anche per gli affittacamere che ne erano privi. L’indagine della Procura di Genova si è sviluppata anche grazie alla documentazione fornita dalla l’autorità giudiziaria olandese.

   “Riteniamo di essere in regola con le vigenti leggi italiane sull’Iva e possiamo confermare di aver aderito ad un accordo di reciproca soddisfazione con l’Agenzia delle Entrate per il periodo 2013-2021”. Così la società in una nota commenta l’accordo. 

A seguito del mancato versamento dell’imposta veniva instaurato un procedimento penale presso la Procura di Genova, competente per essere stato il primo ufficio giudiziario ad iscrivere la relativa notizia di reato.
Il pagamento delle somme accertate come evase ha consentito alla multinazionale di evitare che venisse eseguito un sequestro preventivo in sede penale.
Booking.com, recependo le indicazioni dell’agenzia delle Entrate e una precisa richiesta della Procura di Genova, per l’anno 2022 ha presentato la dichiarazione a fini Iva in Italia, per un’imposta da versare pari ad oltre 19 milioni di euro.

Booking.com ha inoltre adottato un modello organizzativo conforme all’impostazione del fisco Italiano, in ragione del quale se il cliente albergatore non fornisce partita Iva, o se fornisce alla Società un numero di partita Iva non valido per l’Ue, Booking applicherà l’Iva al 22% sulla fattura e provvederà a compilare la dichiarazione Iva e al relativo pagamento dell’imposta in Italia su tutte le transazioni con privati non titolari di partita Iva.

In sette anni, dal 2013 al 2019, il colosso del turismo online avrebbe evaso in Italia oltre 153,7 milioni di Iva.
E’ questa, almeno, la conclusione alla quale era giunto il primo Reparto della Guardia di finanza di Genova guidato dal colonnello Filippo Ivan Bixio, dopo indagini e verifiche, che hanno potuto contare sulla collaborazione della società ma poco o nulla su quella delle autorità giudiziarie dei Paesi Bassi, dove la casa madre ha la sede fiscale.

Nel frattempo è finito nel mirino del fisco italiano un’altra multinazionale degli affitti turistici, la Airbnb Ireland.  Sono migliaia i proprietari che tra il 2017 e il 2021 hanno affittato il loro appartamento utilizzando la piattaforma che ha mancato di versare, secondo le indagini, la cedolare secca del 21% sulla provvigione incassata in qualità di sostituto d’imposta. Tutti sono finiti nel mirino del Fisco. Dopo il sequestro preventivo di 799,4 milioni di euro ai danni di Airbnb Ireland, l’indagine parallela avviata dalla Guardia di Finanza e dall’agenzia delle Entrate già la scorsa estate  prosegue e potrebbe portare a sanzioni tributarie nei confronti dei proprietari che non hanno versato la ritenuta.
Le verifiche fiscali effettuate dalla Guardia di Finanza hanno accertato che nel periodo al centro dell’inchiesta gli affitti brevi hanno generato in Italia un giro d’affari di oltre 3,7 miliardi. La cifra si riferisce soltanto alle provvigioni incassate dagli host non professionali, cioè da coloro che posseggono uno o più appartamenti ma per i quali l’affitto delle abitazioni non costituisce l’attività principale.

Negli scorsi mesi, ricorda il Sole 24 ore,  sono stati esaminati tutti i contratti stipulati e l’analisi minuziosa della Guardia di Finanza ha consentito di far emergere situazioni anche più gravi, come affitti in nero e casi limite come quelli di alcuni proprietari che possedevano e affittavano diversi appartamenti pur risultando nullatenenti o denunciando redditi che non giustificavano il patrimonio immobiliare. Airbnb Ireland ha confermato, intanto, di avere in corso un’interlocuzione con l’agenzia delle Entrate dallo scorso giugno e ha affermato di essere sorpresa e amareggiata dalla decisione della Procura di Milano di avviare il sequestro preventivo.
L’inchiesta potrebbe essere estesa anche agli anni fiscali fino al 2023. Nel frattempo sono pronte le rogatorie verso l’Irlanda.

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