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lunedì 10 Marzo 2025
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Fmi, i vantaggi del minimum tax rate, aliquote ridotte utili per preservare base imponibile

Gli interventi del presidente Usa, Joe Biden, sulla opportunità di rivedere al rialzo la soglia minima dell’aliquota dell’imposta sulle società – cui ha fatto eco la dichiarazione dei ministri finanziari del G7 per fissare l’asticella almeno al 15% – sono alla base del report, pubblicato la scorsa settimana dal Fondo Monetario Internazionale, in cui si evidenzia come l’applicazione a livello nazionale di aliquote fiscali ridotte si sia rivelata strategicamente utile per preservare la base imponibile dell’imposta sulle società e favorire, al contempo, la mobilità dei redditi. Lo studio rileva, innanzi tutto, una contraddizione latente nel generale atteggiamento degli Stati che, da un lato, sono in competizione tra loro per attrarre capitali ed investimenti ed offrire alle imprese incentivi ed agevolazioni fiscali mentre, dall’altro, stigmatizzano il comportamento “eticamente scorretto” delle stesse multinazionali che proprio dalle agevolazioni loro offerte lucrano grandi vantaggi finanziari ed economici.

Tutto ciò mentre le imprese locali sono, spesso, abbandonate a sé stesse nel compito di destreggiarsi in un mercato profondamente alterato sotto il profilo della concorrenza e dell’equa tassazione della ricchezza. Ciò si osserva con maggior frequenza nei paesi in via di sviluppo i quali, ancora privi di robuste architetture fiscali e di efficienti sistemi di analisi e controllo, sono esposti a maggiori rischi ed incertezze nella costruzione di efficaci modelli per la tassazione effettiva dei guadagni registrati dalle multinazionali.
L’applicazione di una forma minima di imposizione fiscale era in voga a livello domestico già dalla metà del secolo scorso. In particolare, già a partire dagli anni ’60 gli Stati avevano iniziato ad introdurre aliquote ridotte per tassare i profitti conseguiti a livello locale dalle imprese. Tale ridotto livello di tassazione era funzionale a prevenire l’erosione della base imponibile il cui ammontare poteva risultare pericolosamente compromesso dall’eccessivo ricorso alle cd. “tax preferences”, intendendosi con tale espressione quelle forme di tassazione di favore, caratterizzata dalla applicazione di aliquote ridotte, dal riconoscimento di esenzioni fiscali o dalla attribuzione di crediti di imposta.

La previsione di una aliquota ridotta sull’imposta sul reddito delle società riusciva, difatti, ad assicurare agli Stati una ragionevole percezione del gettito fiscale. Altro indiscutibile vantaggio risiedeva nella sua facilità di gestione, sia per l’amministrazione che per il contribuente, rispetto alle ordinarie forme di imposizione. Essa, difatti, viene solitamente calcolata applicando una percentuale sul fatturato (reddito lordo) o sul patrimonio e limitando, in taluni casi, il ricorso a deduzoni e detrazioni. Dall’analisi delle banche dati sulla diffusione della “minimum corporate tax rate” si ricava l’ampiezza dell’utilizzo di tale forma di tassazione che risulta senz’altro prevalente su scala globale. Ciò spinge gli studiosi a valorizzare, in un certo qual modo, i possibili e più attenti usi di tale forma di
imposizione. Viene, in particolare, sottolineato che – pur non negando gli squilibri e le inefficienze distributive correlate all’applicazione delle local minimum taxes – esse possono, tuttavia, garantire agli Stati, se opportunamente ripensate in una ottica di più giusta tassazione dei profitti, il conseguimento di un gettito fiscale significativo.

In tal senso, si suggerisce, sarebbe auspicabile impostare in modo il più possibile condiviso l’architettura di una imposta sulle società caratterizzata dall’applicazione a livello locale di aliquote “moderate” tali da garantire il gettito erariale a livelli soddisfacenti, evitare l’erosione della base imponibile e preservare la competitività tra le imprese. Viene, altresì, auspicato l’avvio di una riforma fiscale, non più limitata solo sull’ammontare del “minimum tax rate”, ma estesa a valutare i possibili allargamenti della base imponibile dell’imposta sulle società.

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