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sabato 5 Ottobre 2024
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Giallo sull’autonomia differenziata: il servizio Bilancio del Senato prima la boccia, poi fa dietrofront: solo una bozza (La Stampa)

Dubbi sul ddl Calderoli: «Diteci quanto costa ora e domani, e come coprire le spese»

Di Francesco Grignetti

Clamoroso al Senato. Il servizio Bilancio del Senato ha analizzato nel dettaglio e soprattutto nelle ricadute il progetto di legge targato Roberto Calderoli sull’Autonomia differenziato. E emerge che si fa troppo presto ad affermare che la riforma dell’Autonomie differenziate non introdurrebbe nuovi costi per lo Stato e non creerebbe squilibri tra le Regioni più ricche e quelle più povere d’Italia. Esattamente quello che sostengono le opposizioni. Passa un’ora dalla pubblicazione dello studio sul sito, debitamente rilanciato dai canali ufficiali social del Senato, i giornali ne scrivono sui propri siti, partono le prevedibili polemiche, e il servizio Bilancio fa una inedita retromarcia: ci scusiamo con tutti, quanto pubblicato è una bozza interna, provvisoria, ancora in fase di studio, è stata resa pubblica per errore. “Un errore materiale, la fretta del click, nessun dolo. Ma lo studio finale non è quello”, precisa l’ufficio stampa del Senato. Eppure non finirà qui.

Lo studio reso pubblico anzitempo era molto dettagliato e severo. All’articolo Articolo 9 (Misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale), per esempio, laddove è scritto che lo Stato dovrebbe garantire a tutti l’esercizio effettivo dei diritti civili e sociali, anche nei territori delle Regioni più povere che non concludono le famose intese, il testo della riforma esclude spese particolari. Ebbene, il servizio Bilancio mette in guardia che così non sarà: “Andrebbe assicurato – scrivono i tecnici del Senato – che dalla ricognizione delle risorse da destinare a misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale, non si determinino effetti sui saldi di finanza pubblica differenti rispetti a quelli già scontati a legislazione vigente”. Ed è solo un esempio.

Il nodo, ovviamente, è la divaricazione tra Regioni forti e Regioni deboli. E quello che magari non appare oggi, si evidenzierà domani, “al momento della determinazione dei relativi livelli essenziali delle prestazioni (LEP) concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell’articolo 117”.

La “sorpresa” per il bilancio dello Stato, infatti, ovvero quali effetti onerosi potrebbero seguire alla determinazione dei LEP, rischia di emergere solo in un secondo momento, ossia quando entrerà in azione la prevista Commissione paritetica Stato-Regioni che “avrà il compito di procedere annualmente alla valutazione degli oneri finanziari derivanti, per ciascuna Regione interessata, dall’esercizio delle funzioni e dall’erogazione dei servizi connessi alle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, secondo quanto previsto dall’intesa”.

C’è di più. L’articolo 5 del progetto Calderoli – già licenziato dal Consiglio dei ministri, ora incardinato al Senato – individua quale forma di copertura, a seguito del trasferimento delle funzioni, una o più compartecipazione ai tributi erariali “senza peraltro indicare quali e per gli ulteriori ed eventuali oneri – commenta criticamente il servizio Bilancio – che dovessero manifestarsi”. Ci si limita a rinviare all’articolo 17 della legge di contabilità per tutti gli aspetti di copertura finanziaria e al rispetto degli equilibri di bilancio.

Il tema sono le disuguaglianze tra Nord e Sud. Che rischiano di essere accentuate, non il contrario. E siccome le intese con le Regioni ricche “non possono pregiudicare” l’entità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre Regioni, il rebus è capire come “dovranno conciliare questa condizione con quella di trasferire alle Regioni differenziate le funzioni, con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, concernenti materie o ambiti di materie riferibili ai LEP, senza compromettere la sostenibilità finanziaria della misura”.

In altre parole – scrive il servizio Bilancio – c’è da interrogarsi su come “si riuscirà a garantire la compatibilità di un eventuale aumento di gettito fiscale delle regioni differenziate rispetto alla legislazione vigente, per effetto del trasferimento delle funzioni, con la necessità di conservare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali presso le altre regioni”. Interrogativo che vale ora, ma ancor più in futuro. Il servizio Bilancio chiede quindi di definire da subito quali potrebbero essere i meccanismi e gli strumenti da approntare, al fine di evitare interventi a carico del bilancio statale.

Si rischia una doppia beffa per le Regioni più povere: non soltanto vedranno i loro servizi essenziali impoverirsi rispetto alle Regioni più ricche, ma in un prossimo futuro lo Stato, per inseguire i LEP dei territori più ricchi, potrebbe essere costretto a tagli lineari su tutte le altre voci di bilancio, con un impoverimento di ogni altro servizio rimasto in capo all’amministrazione centrale.

E ancora. “Si segnala che se, in presenza di un massiccio trasferimento di funzioni riferibili ai LEP, e nell’impossibilità di ridurre la spesa per i LEP nelle altre regioni non differenziate, si verificasse l’insorgenza di oneri aggiuntivi da coprire debitamente, le voci di spesa su cui lo Stato potrebbe agire per individuare possibili risparmi, da utilizzare a copertura, dovrebbero essere in numero inferiore rispetto a quelle precedenti al trasferimento”.

E qui si andrebbe a tagliare sulle funzioni rimanenti in capo allo Stato, quelle di competenza esclusiva, “i cui margini di riduzione andrebbero attentamente valutati e chiariti”.

Oltretutto, in una ipotesi di nuove crisi finanziarie, che cosa accadrebbe? “Nel caso di un consistente numero di funzioni oggetto di trasferimento – sottolinea ancora il Servizio Bilancio del Senato – potrebbe profilarsi l’eventualità di una incapienza delle compartecipazioni regionali sui tributi statali; le Regioni più povere ovvero quelle con bassi livelli di tributi erariali maturati nel territorio regionale potrebbero avere maggiori difficoltà ad acquisire le funzioni aggiuntive; le risorse attribuite mediante compartecipazione sono influenzate dal gettito del tributo erariale che a sua volta dipende dal ciclo economico che caratterizza in un dato momento il Paese”.

Ebbene, tutto questo è ora disconosciuto dal servizio Bilancio. Ma l’opposizione non ci sta, e anzi grida alla censura. “Ciò che sta avvenendo in Senato ha dell’incredibile. Si tratta di un atto molto grave, di vera e propria censura. La colpa di quel dossier era solo quella di evidenziare dati di fatto oggettivi: quel progetto rischia di creare diseguaglianze evidenti tra le diverse Regioni del nostro Paese penalizzando quelle più povere. In realtà, il dossier era stato già mandato per mail a tutti i senatori venerdì scorso, quindi ben 5 giorni fa. Ridicolo parlare di bozza”, dice il senatore del Pd Alessandro Alfieri, responsabile Pnrr e Riforme per il Pd. “Sarebbe grave se una manina avesse sollecitato il ritiro di un documento di un organo dello Stato. E sarebbe ancora peggio se fosse partito un processo di normalizzazione delle strutture tecniche, che come è noto svolgono con grande professionalità e imparzialità il loro lavoro”, aggiunge il deputato e responsabile Sud e Coesione della segreteria nazionale Pd, Marco Sarracino.

“L’autonomia differenziata di Calderoli rischia di aumentare le diseguaglianze economiche fra le regioni. Lo dice un organo indipendente. Questa riforma è un pericolo per l’unità del Paese, un danno per l’intera comunità e uno strumento che creerà solamente problemi alle regioni del Nord. Il M5s sarà in prima fila per contrastarla”. Così Roberto Fico, ex presidente della Camera e presidente del Comitato di garanzia del M5S.

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