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sabato 27 Luglio 2024
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Google e Amazon, Parlamento inglese accusa, troppi trucchi per non pagare tasse

L’azienda americana di Montain View avrebbe nascosto la presenza di personale di vendita in Gb per evadere le tasse. Poche tasse pagate su miliardi di fatturato, conti offshore e spostamenti di business in paesi dalle politiche fiscali più morbide anche per Amazon.

Guai fiscali in vista per Google e Amazon nel Regno Unito. I due colossi americani hanno ricevuto, su fronti diversi, le stesse critiche: userebbero troppi stratagemmi per non pagare le tasse sulle vendite effettuate nel Paese, tra conti offshore e spostamenti di business in paesi dalle politiche fiscali più morbide. L’accusa arriva dal Public Accounts Committee, commissione della Camera dei Comuni che si occupa anche di evasione fiscale: il vice presidente di Google, Matt Brittin non avrebbe detto la verità in una seduta dello scorso novembre di fronte al Parlamento inglese quando aveva spiegato che il suo personale nel Regno Unito non vende servizi a clienti britannici, e questo permette a Google di pagare tasse irrisorie nel Paese. A confermarlo sarebbe un’inchiesta dell’agenzia di stampa Reuters che aveva dimostrato invece che l’azienda americana impiega personale di vendita a Londra.

Brittin è stato dunque nuovamente chiamato a testimoniare dal Pac del Parlamento britannico: la laburista Margaret Hodge, presidente della commissione d’inchiesta ha ricordato al vice presidente di Google che il suo comportamento potrebbe avere conseguenze molto gravi. «Siete una compagnia che agisce in malafede e usa fumo e specchi per evitare di pagare le tasse», ha detto la deputata rivolta a Brittin che ha però negato di aver in alcun modo mentito al parlamento a novembre.

Il fatto di non aver nessun addetto in Gb che si occupi di vendita, lasciando che sia Google Irland a occuparsi delle vendite per il mercato Gb permette a Google di mettere al riparo dalle tasse inglesi gran parte delle entrate sulle vendite in Gb: Google Irland, infatti, manderebbe il grosso del fatturato a una società affiliata nelle Bermuda. Un portavoce di Google ha però respinto le accuse: «Sosteniamo la testimonianza resa da Matt Brittin nel corso delle due udienze di fronte al parlamento e non concordiamo con la visione della nostra struttura fiscale espressa dalla commissione».

Anche per Amazon non sono arrivate buone notizie: la critica proveniente dai media britannici e da rappresentanti laburisti è di aver pagato l’anno scorso tasse per 2,4 milioni di sterline a fronte di vendite in Gran Bretagna pari a 4,3 miliardi di sterline. Non solo, il gruppo americano avrebbe ricevuto una somma di 2,5 milioni di sterline in contributi e agevolazioni fiscali.

Il problema dell’elusione fiscale da parte delle grandi corporation è diventato pressante in Gran Bretagna, anche per via dell’aggravarsi del debito pubblico, e i politici hanno cominciato ad attaccare le autorità fiscali perché avrebbero la mano “troppo leggera” di fronte alle grandi aziende. La questione toccherebbe anche Apple, Microsoft e Starbucks, i cui rapporti col fisco britannico sono finiti sotto la lente di ingrandimento.

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