Doveva essere uno dei principali strumenti messi a disposizione degli 007 del fisco per la caccia ai grandi evasori. Ma l’archivio dei rapporti finanziari intrattenuti da società e persone fisiche con gli intermediari (come banche, poste, le società di gestione del risparmio), costola dell’anagrafe tributaria, dal 1991 non è mai decollata. Anzi secondo l’accusa messa nero su bianco dalla Corte dei Conti in una deliberazione del 26 luglio scorso, la legge istitutiva è stata sistematicamente disapplicata da 26 anni dall’Agenzia delle Entrate, ignorata dal ministero dell’Economia e sabotata dal governo di turno, impedendo di fatto di relazionare alle Camere, come previsto dalla legge istitutiva. L’ultimo atto è contenuto nella legge di Stabilità del 2015, che ha abolito anche l’obbligo per le Entrate di compilare liste selettive dei grandi evasori su cui indagare, seppure in base agli scarsi e lacunosi dati contenuti nell’archivio. Sostiuendole con cosa ancora non si sa, ad oggi ministero e Entrate stanno ancora “studiando” e “sperimentando”. Dall’istruttoria e dall’elaborazione dei dati raccolti nell’indagine, spiega il relatore consigliere Bruno Domenico Tridico, sono emersi anzitutto “gravi ritardi nella realizzazione dell’Anagrafe dei rapporti finanziari”. Prevista fin dal 1991 doveva attivarsi con un decreto ministeriale da emanarsi entro sessanta giorni. Ma nonostante riguardasse solo i rapporti di conto e di deposito e prevedesse la raccolta esclusivamente dei dati anagrafici,il decreto è stato adottato dopo dieci anni e, peraltro, non ha mai trovato concreta attuazione. L’Anagrafe dei rapporti finanziari, in concreto, è divenuta effettivamente operativa ed accessibile da tutti i soggetti legittimati solo nel 2009. “Se per il suo impianto definitivo, quindi, sono emersi ritardi particolarmente importanti, ben più grave è la situazione riscontrata relativa al suo concreto ed effettivo utilizzo per la lotta all’evasione, per il quale deve rilevarsi una grave inadempienza dell’Agenzia, che non ha mai elaborato le previste liste selettive né, successivamente, le analisi del rischio evasione e, di conseguenza, non ha potuto riferire alle Camere sui risultati nella lotta all’evasione derivanti dall’utilizzo dell’Anagrafe dei rapporti finanziari” accusa la Corte dei Conti che conclude: “E’ stato quindi, ad oggi, del tutto pretermesso di dare attuazione a un chiaro disposto normativo”.
Nel 2011, ricostruisce ancora Tridico, il legislatore aveva disposto che il direttore dell’Agenzia delle entrate, con un suo provvedimento, individuasse criteri per elaborare, con procedure centralizzate, specifiche liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione. “Tali criteri non sono mai stati emanati e, conseguentemente, non è mai stata predisposta alcuna lista selettiva”. Un approccio doppiamente colpevole e omissivo, visto che la norma nel prevedere l’elaborazione delle lista, aveva contestualmente esteso le comunicazioni obbligatorie degli operatori finanziari ai dati relativi alle movimentazioni e agli importi delle operazioni, “addirittura prevedendo la facoltà in capo al direttore dell’Agenzia di estendere l’obbligo di comunicazione anche ad ulteriori informazioni, relative ai rapporti, strettamente necessarie ai fini dei controlli fiscali”. Impostare le elaborazioni, “come è emerso dai primi timidi tentativi dell’Agenzia di realizzare il disposto normativo”, sulla base dei soli dati di identificazione del soggetto e sulla natura, tipologia, apertura, modifica e chiusura del rapporto, escludendo quindi dei dati, certamente più pregnanti ai fini della lotta all’evasione, sulle movimentazioni e sui saldi dei rapporti finanziari, “significava sostanzialmente svuotare di contenuto la previsione normativa e realizzare un prodotto di scarsa efficacia ai fini del contrasto all’evasione fiscale”. In ogni caso, come riferisce la magistratura contabile, il provvedimento non è mai stato adottato.
In sostituzione della predisposizione delle liste selettive, con la legge di stabilità per il 2015 è stato previsto l’utilizzo dei dati, anche finanziari, per effettuare “analisi del rischio di evasione”. In conclusione, spiega la Corte “a distanza di oltre due anni da tali modifiche, e di oltre cinque anni dall’obbligo di elaborare liste selettive, deve registrarsi l’inesistenza di selezioni di contribuenti attraverso lo strumento dell’Archivio dei rapporti finanziari quali soggetti a maggior rischio di evasione, sicché non v’è dubbio che la norma sia stata totalmente disattesa dall’Agenzia”. A tutto questo si aggiunge l’ulteriore omissione rispetto a quanto disposto dal decreto del 2011, “ove si prevede che l’Agenzia delle entrate trasmetta alle Camere una relazione con la quale sono comunicati i risultati relativi all’emersione dell’evasione a seguito dell’applicazione delle disposizioni di cui trattasi”. La relazione, prevista con cadenza annuale, non è mai stata predisposta, né, come detto, poteva esserlo, senza liste selettive e lo svolgimento delle analisi sul rischio di evasione. Nell’archivio dei rapporti in essere ne mancavano all’appello oltre 13 milioni per il 2012, oltre 16 milioni per il 2013 e oltre 17 milioni per il 2014), “sì da far ritenere inadeguata la qualità complessiva dei dati, essendo concreta la possibilità che i dati relativi ai soggetti più a rischio non siano inclusi tra quelli da valutare per l’elaborazione delle liste selettive e, ora, per le analisi di rischio evasione”. Il totale dei rapporti censiti negli anni nella banca dati, al 31 dicembre 2015 era pari a oltre 669 milioni di posizioni, scarsamente utilizzati dal Fisco come dimostrato dal brusco calo di accessi del personale dell’Agenzia stessa per indagini finanziarie nel 2015 e, ancor più, nel 2016. L’abolizione delle liste selettive, l’inutilizzo e la scarsa attendibilità dei dati dell’Anagrafe dei conti e dei depositi è solo l’ultimo tassello della sistematica destrutturazione degli strumenti di lotta alla grande evasione fiscale. Il quadro che emerge a consuntivo è sconfortante. Basti ricordare l’abolizione degli studi di settore e dell’elenco dei paradisi fiscali, il crollo dei controlli effettuati dall’Agenzia delle Entrate (ormai in larga parte limitati alla ricerca di errori nelle dichiarazioni dei redditi), la raffica di condoni (dalla voluntary disclosure, alla rottamazione delle cartelle di Equitalia e delle liti tributarie), la drastica riduzione del numero di funzionari assegnati al contrasto all’evasione, la depenalizzazione di reati tributari, la “distrazione” della preziosa e qualificata azione della Guardia di Finanza dai grandi evasori ai piccoli commercianti e ai venditori ambulanti, spesso classificati nelle statistiche come “evasori totali”.
LC