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sabato 5 Ottobre 2024
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I paradisi fiscali piacciono anche alle grandi banche europee: due italiane in cima alla classifica

Tra il 2014 e il 2020 decine tra le maggiori banche europee hanno registrato i loro profitti in paradisi fiscali,  accumulando un’evasione complessiva stimabile in 20 miliardi di euro ogni anno, pari al 14% dei loro utili totali. Dei 36 istituti rilevati due ben piazzati nella classifica sono italiani. Sono queste le conclusioni di uno studio dell’Osservatorio fiscale europeo, l’organismo comunitario che monitora le questioni legate alla tassazione. I ricercatori hanno calcolato la differenza tra le imposte effettivamente pagate e quanto gli istituti bancari pagherebbero se fosse applicata una minimu tax del 15% in ciascun paese. Il livello di profitti registrato dalle banche nei paradisi fiscali è abnorme: 238mila euro per addetto, contro i circa 65mila denunciati nei paesi “non-haven”. 
Tra le banche italiane, due figurano nei primi 10 istituti europei impegnati maggiormente a eludere il fisco. Il Monte dei Paschi di Siena si colloca al secondo posto della classifica con oltre il 50% dei profitti registrati offshore, segue Intesa san Paolo al decimo posto con il 10%. Nonostante l’introduzione nel 2014 della rendicontazione obbligatoria Paese per Paese, pensata per portare più trasparenza nell’opacità dei bilanci per frenare il fenomeno, otto istituti hanno addirittura aumentato negli anni successivi la percentuale di utili contabilizzati in questi paesi a fiscalità agevolata. Si tratta ancora delle italiane Mps (+19,4%) e Intesa Sanpaolo (+12,2%), a cui si aggiungono HSBC (+7,9%), Barclays (+4.3%), Nordea (+2,1%), BBVA (+1%), Banco Santander (+0.8%) e Rabobank (+0,7%).
I paradisi fiscali identificati nel rapporto sono Bahamas, Bermuda, British Virgin Islands, Isole Cayman Islands, Guernsey, Gibilterra, Hong Kong, Irlanda, Isola di Man, Jersey, Kuwait, Lussemburgo, Macao, Malta, Mauritius, Panama e Qatar.

La percentuale media dei profitti messi al riparo del fisco ordinario dalle banche si aggira intorno al 20%, con punte del 58%. Tra i casi analizzati dal report ci sono quelli di Hsbc, Deutsche Bank e SocGen, per i quali la presenza nelle giurisdizioni fiscali favorevoli è elevata. Se per Hsbc i profitti sono registrati soprattutto a Hong Kong, negli altri casi si ricorre a diverse giurisdizioni.
Poco omogeneo anche il tax rate effettivo: partendo da un media del 20%, si passa dal minimo del 10% a massimi del 30%, con sette banche che riescono ad avere una percentuale inferiore al 15%.

Nel report, si sottolinea l’esigenza di iniziative anti evasione più ambiziose e si sollecita l’introduzione  dell’aliquota minima globale sulle multinazionali prevista dall’accordo di Parigi in ambito Ocse. Come è noto si sta studiando l’introduzione di una minimum tax compresa in un ventaglio di aliquote dal 15 al 25%. Se si applicasse l’aliquota più alta sui bilanci delle banche oggetto del rapporto dell’Osservatorio fiscale, calcolano i ricercatori dell’Osservatorio europeo, si otterebbe nel settore un incremento di prelievo tra i 10 e i 13 miliardi.

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