La legge di stabilità ha trasformato il ravvedimento operoso in una sorta di sanatoria permanente. Il risultato sarà quello di offrire nuove opportunità ai contribuenti poco ligi al dovere fiscale per pianificare l’evasione con scarsi rischi.
Il nuovo ravvedimento operoso, introdotto con la legge di stabilità, produrrà effetti negativi tdi contrasto all’evasione dell’Agenzia delle entrate e della Gdf. Il nuovo meccanismo, infatti, dilata nel tempo, quasi all’infinito la possibilità di mettersi in regola, favorendo forme di pianificazione fiscale impropria finalizzate all’abbattimento degli imponibili dichiarati. Per i contribuenti meno propensi a rispettare gli obblighi fiscali sarà facile coordinare il nuovo ravvedimento con le nuove soglie sulla punibilità penale dell’evasione contenute nel decreto che attua le delega fiscale momentaneamente ritirato per la vicenda della norma salva Berlusconi, per dichiarare il meno possibile correndo rischi marginali.
La Legge di stabilità per il 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190) ha apportato notevoli modifiche nel funzionamento del rapporto giuridico d’imposta, intervenendo in modo rilevante sull’impianto del cosiddetto “ravvedimento operoso” previsto dall’art.13 del D.Lgs. n.472/1997, nonché sui termini di decadenza connessi alla presentazione delle dichiarazioni rettificative, ex art. 2, comma 8, della Legge n.322/98. Tali novità assumono ancora maggiore rilievo se accostate ad altre rilevanti modifiche che il Governo sembrerebbe avere in animo di adottare sul piano della legislazione penale-tributaria, tenuto conto dello schema di D.Lgs. di attuazione della Legge delega n. 23 del 2014 esaminato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 24 dicembre 2014 e poi temporaneamente ritirato dopo le polemiche sollevate nell’opinione pubblica. Procediamo, quindi, ad un breve esame delle singole disposizioni.
Ravvedimento operoso (Art. 1, commi 637-639, della Legge n. 190/2014)
Il ravvedimento rientrante nell’operatività dell’Agenzia delle Entrate si caratterizza ora per un regime premiale crescente rispetto a quelli che potremmo chiamare “vuoti di memoria” dei contribuenti, cioè rispetto al momento in cui esso interviene, secondo la sequenza che segue:
Ravvedimento “sprint”: tardività dei versamenti inferiore ai 15 giorni, 0,2% in più per ogni giorno successivo al termine previsto;
Ravvedimento “rapido”: 1/10 delle sanzioni minime edittali per versamenti effettuati entro 30 giorni dalla scadenza;
Ravvedimento “veloce”: 1/9 delle sanzioni minime edittali, per la regolarizzazione di errori o omissioni, entro 90 giorni dal termine di presentazione della dichiarazione, ovvero dalla omissione o dalla commissione quando non è prevista dichiarazione;
Ravvedimento “ordinario”: 1/8 delle sanzioni minime edittali, per la regolarizzazione di errori e omissioni entro il termine per la presentazione della dichiarazione afferente al periodo d’imposta nel corso del quale è stata commessa la violazione, ovvero entro un anno dalla commissione o omissione quando non è prevista la dichiarazione;
Ravvedimento “lento”: 1/7 delle sanzioni minime edittali, per la regolarizzazione di errori e omissioni, entro il termine per la presentazione della dichiarazione afferente al periodo d’imposta successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione, ovvero entro due anni dalla commissione o omissione quando non è prevista la dichiarazione;
Ravvedimento “decadenziale” o “in extremis”: 1/6 delle sanzioni minime edittali, per la regolarizzazione di errori e omissioni, oltre il termine per la presentazione della dichiarazione afferente al periodo d’imposta successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione, ovvero dopo due anni dalla commissione o omissione quando non è prevista la dichiarazione;
Ravvedimento “indotto” o “spintaneo”: 1/5 delle sanzioni minime edittali, se la regolarizzazione di errori ed omissioni avviene a seguito della consegna di processi verbali di constatazione, redatti ex art. 24 della Legge n.4/1929.
Come già accennato, per espressa previsione normativa, le nuove forme di ravvedimento qui definite “veloce”, “lento”, “decadenziale” e “spintaneo”, sono applicabili soltanto ai contesti impositivi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, per i quali la preclusione viene ad essere spostata dal momento di attivazione del controllo a quello di ultimazione dell’iter procedimentale, cioè a quello della notifica dei provvedimenti impositivi o riscossivi.
La nuova normativa pone rilevanti perplessità che qui possono essere, sia pure sinteticamente, riassunte.
Di natura più generale è il rischio di un inasprimento del rapporto contribuente/fisco nel caso in cui il primo si ravveda sulla base delle risultanze totali o parziali emergenti dal processo verbale e successivamente l’ufficio dell’Agenzia delle entrate strutturi diversamente l’atto di accertamento.
Nel caso del ravvedimento “indotto” si determina l’inapplicabilità del cumulo giuridico di cui all’art.12 del D.Lgs. n. 472/1997, con la conseguenza che il contribuente dovrà ravvedersi con riguardo a ogni singola violazione emergente dalla constatazione (tipicamente le violazioni prodromiche Iva e quelle per la violazione degli obblighi contabili). Pure deve essere segnalata una ingiustificata differenziazione di trattamento tra i contribuenti controllati mediante attività di verifica, ai quali la consegna del processo verbale di constatazione, contenente gli esiti dell’attività svolta, dà la possibilità di utilizzare il ravvedimento “spintaneo” e gli altri contribuenti esaminati mediante l’utilizzo di altri strumenti istruttori (questionario, invito) che non implicano la consegna di un processo verbale di constatazione[1].
Particolarmente grave è lo svilimento dell’attività di controllo dell’Amministrazione fiscale. Se, infatti, prima delle nuove disposizioni in materia di ravvedimento, il rischio minimo connesso all’attività di controllo dell’amministrazione per l’evasore corrispondeva al 16,66% (elevato dal 2016 al 20%) o al 33% dell’imposta evasa, a seconda se l’accertamento fosse stato preceduto o no da processo verbale, oggi il rischio per l’evasore sarà ancora più spesso quello del 16,66% (ravvedimento entro il termine di decadenza per la rettifica della dichiarazione presentata), se non addirittura quello del 14,29% (ravvedimento entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo), considerato che anche in assenza di un verbale notificato il contribuente avrà quasi sempre la possibilità di ravvedersi, avendo avuto preventivo sentore dell’avvio dell’indagine attraverso la comunicazione di un atto istruttorio nei suoi confronti o nei confronti di un soggetto con il quale ha intrattenuto rapporti.
Tutto ciò, una volta compreso il meccanismo dai contribuenti poco propensi alla correttezza fiscale, potrà indurre a rafforzare forme improprie di pianificazione fiscale, comprimendo sistematicamente ancor di più di quanto già avveniva imponibili e imposte dichiarate, facendo magari attenzione a non travalicare le soglie di punibilità penale, di cui si preannuncia peraltro il notevole innalzamento, quando ancora il fatto costituisca reato (non lo sarà più nel caso della non inerenza, secondo quanto riportato nel il citato schema di decreto legislativo sul penale-tributario temporaneamente ritirato dal Governo).
Infine, va segnalato come la possibilità di ravvedimento parziale dei rilievi constatati in sede di processo verbale determini il rischio di un sostanziale depotenziamento degli altri istituti deflattivi e di un incremento del contenzioso tributario in relazione alle partite non interessate dal ravvedimento. Si viene, infatti, a vanificare la premialità connessa agli altri istituti contenuti nel D.Lgs. n. 218/97 che, ad esclusione della conciliazione giudiziale, impongono l’integrale definizione della posizione relativa al periodo d’imposta ovvero l’accettazione totale del contenuto del processo verbale di constatazione, anche se riferito a più annualità (art. 5-bis del D.Lgs. n.218/97).
Dichiarazione rettificativa (Art. 1, commi 637, lett. a, e 640, Legge n. 190/2014)
La legge di stabilità 2015, nello stabilire la possibilità del ravvedimento operoso oltre l’anno, con previsione forse non indispensabile ha voluto ribadire la possibilità di definire mediante ravvedimento le sanzioni emergenti dalla dichiarazione rettificativa, prodotta ex art. 2, comma 8, del D.P.R. n. 322/1998. Probabilmente non indispensabile – stante la formulazione degli articoli 43 del D.P:R. n. 600/73 e 57 del D.P:R. n. 633/72, secondo i quali i termini di decadenza decorrono dall’anno di presentazione della dichiarazione senza precisare se trattasi di quella originaria oppure di quella in rettifica, sostitutiva della prima – appare anche la disposizione contenuta nel comma 640 che introduce nel sistema una sorta di dichiarazione parziale, assolutamente autonoma dalle altre relative al medesimo periodo d’imposta, prevedendo, per l’effetto, termini di decadenza differenziati sia per l’attività di liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni (artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/1973, art. 54-bis del D.P.R. n: 633/1972), che per il controllo sostanziale delle stesse.
Pertanto, con riferimento ad uno specifico periodo d’imposta, potranno determinarsi termini di decadenza differenti per ciascuna delle dichiarazioni prodotte in rettifica di quelle precedenti.
A tal proposito, alla luce dell’art. 8, comma 2, della Legge delega n. 23/2014 e dell’art. 17 dello schema di decreto delegato approvato dal Consiglio dei Ministri del 24 dicembre 2014 e poi temporaneamente ritirato, va valutato quale potrà essere il quadro normativo in materia di ampliamento dei termini di decadenza dell’attività di accertamento per condotte penalmente rilevanti. Infatti, poiché il presupposto per l’ampliamento del termine verrebbe a spostarsi dalla denunciabilità del fatto all’effettiva denuncia da prodursi nel tempo ordinario di decadenza per l’accertamento tributario, viene da chiedersi, ad esempio, se potrà essere emesso in futuro un atto di accertamento finalizzato a disconoscere la deducibilità fiscale di componenti negativi di reddito riferibili ad attività economiche illecite penalmente, ai sensi dell’art. 14, comma 4-bis, della Legge n. 537/93, così come modificato dall’art. 8, comma 1, del D.L. n.16/2012.
Considerato che secondo tale norma il presupposto per l’azione della finanza è subordinato all’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero, esercizio difficilmente compatibile con i ristretti termini ordinari previsti dall’art. 43 del D.P.R. n. 600/73 ed in considerazione del fatto che la norma ha previsto il diritto del contribuente al rimborso di imposte e interessi in caso di assoluzione penale, senza menzionare le sanzioni ritenute applicabili dall’Agenzia delle Entrate (circolare n. 32 del 2012), sarebbe auspicabile prevedere l’obbligo del contribuente di presentare una dichiarazione rettificativa, ex art. 2, comma 8, del D.P.R. n.322/98, entro un congruo termine successivo alla notifica della comunicazione di rinvio a giudizio o di altri analoghi provvedimenti.
A tal fine, potrebbe essere mutuata la disciplina dall’art.19 del D.P.R. n.131/86, prevista per “i fatti nuovi determinanti maggiori imposte” e sanzionare soltanto l’omissione di tale dichiarazione successiva, sembrando scarsamente convincente la prassi attualmente seguita di ritenere la fattispecie sanzionabile per infedeltà della dichiarazione originaria, senza tenere conto del fatto che la violazione viene a concretizzarsi soltanto dopo l’esercizio dell’azione penale che, normalmente, si realizza in epoca successiva.
[1] Recentemente, a seguito dell’introduzione della possibilità di definizione immediata dei processi verbali di constatazione, di cui all’art. 5-bis, del D.Lgs. n. 218/97, inserito per effetto dell’art. 83, del D.L. 25 giugno 2008, n.112, venne a realizzarsi una situazione di disparità simile a quella evidenziata, poi sanata mediante la successiva possibilità di definizione degli inviti al contradditorio, ex comma 1-bis introdotto nel corpo dell’art.5 del D.Lgs. n.218/97, nonché con la previsione dell’acquiescenza rafforzata di cui all’art. 15, comma 2 dello stesso decreto, così come disposta dall’art.27, comma 1, lett. b) e comma 4-ter del D.L.185/2008.