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sabato 5 Ottobre 2024
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Il Redditometro riacquista smalto nel nuovo cloud dell’intelligenza artificiale

Il dibattito politico e tecnico in tema di riforma fiscale si è incentrato in questi giorni intorno a un decreto ministeriale, pubblicato in Gazzetta ufficiale e poi “sospeso”, che reintroduce nell’ordinamento il cosiddetto “redditometro”. Istituito nel 1973, è uno strumento di accertamento sintetico del reddito basato sul confronto tra la capacità di spesa dichiarata dal contribuente e i consumi effettivamente realizzati.

Codificato in norma primaria nel 2015 dal governo Renzi ed abrogato nel 2018 dal governo Conte I, con il Redditometro il possesso o la disponibilità di taluni beni vengono associati a un certo reddito ritenuto “congruo”, calcolato utilizzando appositi coefficienti e fonti di dati stabiliti da un decreto ministeriale del Ministero dell’economia e delle finanze.

Qualora il reddito individuato risulti maggiore rispetto a quello dichiarato e lo scostamento sia superiore a una certa quota l’amministrazione finanziaria sarà legittimata a emettere un avviso di accertamento, basato su una rideterminazione sintetica dell’imponibile.

Nell’atto di indirizzo del viceministro Maurizio Leo si spiega la ratio dell’intervento legislativo, come varato “al fine di rendere più esplicita la sotto intesa volontà di concentrare il ricorso all’applicazione dell’istituto della determinazione sintetica del reddito fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva ai casi nei quali il contribuente ometta di dichiarare i propri redditi, a fronte del superamento di soglie di spesa da determinare”. In pratica parrebbe di capire da questo testo farraginoso e ambiguo che basterà dichiarare anche un modestissimo reddito e la paura della rideterminazione sintetica passerà.

Ma andiamo per gradi.

Reddito v/s consumi

Riguardo all’attendibilità teorica dei calcoli effettuabili tramite il Redditometro, taluni analisti hanno rilevato che è sostanzialmente impossibile per un’amministrazione finanziaria ricostruire i consumi di una persona in base alle norme in vigore in tema di privacy. Anche se l’obbligo di tracciabilità di tutti i pagamenti, opportunamente trattato con i moderni algoritmi, potrebbe raggiungere lo scopo di ricostruire il “paniere” di ogni contribuente.

Il governo Draghi inoltre ha inserito l’obbligo da parte degli intermediari di trasmettere all’Agenzia delle Entrate solo il volume complessivo giornaliero dei pagamenti ricevuti in forma elettronica dagli operatori economici che hanno diritto al credito d’imposta per le commissioni loro addebitate. Le amministrazioni finanziarie peraltro, già allo stato attuale, avrebbero la capacità operativa di utilizzare e analizzare l’imponente volume di dati che deriverebbero da tutte le transazioni tracciate.

Anche la definizione dei redditi utilizzando i patrimoni e le attività finanziarie come indizi di congruità non è agevole. Esistono non pochi soggetti che hanno manifestazioni di consumo ma non accumulano o che accumulano in modo occulto. L’accertamento sintetico previsto dai commi quarto e seguenti dell’art. 38 del DPR n.600/1973 dovrebbe costituire una norma di chiusura del sistema che, muovendo da singole manifestazioni di agiatezza o di incremento patrimoniale, consente di ricostruire un reddito in base al loro contenuto induttivo (in applicazione dei principi che regolano la prova presuntiva).

In questa logica si muovevano, sia pure con modalità di calcolo poco realistiche per difetto, i primi redditometri introdotti a decorrere dal 1992.

Poi a partire dal 2015, si è preteso di trasformare la quantificazione del reddito basata sul contenuto induttivo di singoli fatti conosciuti, in una sorta di accertamento analitico di fatti di consumo difficilmente misurabili (ricorso ai valori medi o minimi stimati dall’Istat) che sono stati messi insieme alle poche manifestazioni conosciute o tendenzialmente conoscibili dall’Amministrazione (auto, imbarcazioni, residenze, incrementi patrimoniali, ecc.).

L’analisi comparativa della capacità di spesa e dei patrimoni, spesso evocata, trova inoltre ostacoli nella prassi diffusa di intestare i beni a società e aziende individuali. Una ricognizione analitica delle manifestazioni di spesa avrebbe il pregio di intercettare, tra l’altro, le posizioni dei soci che, privi di patrimonio, non riscuotono dividendi adeguati ai consumi.

È questa tuttavia una strada difficile da percorrere quando le spese non siano analiticamente documentate né riferibili con certezza alla famiglia legale. Sorprende che un governo così sensibile alle istanze dei contribuenti abbia voluto riproporre l’idea di forfettizzare anche in base agli indici Istat i consumi, sia pure per recuperare a tassazione redditi marginali, tra contenziosi e polemiche che lasciano sullo sfondo i veri problemi.  

Sempre più l’evasione si concentra nelle società di capitali, generalmente a ristrettissima composizione, che occultano in misura consistente i propri redditi sia sotto il profilo dei ricavi, sia caricando nel proprio conto economico consumi privati delle persone fisiche che le possiedono (quando non anche contabilizzando costi fittizi). Naturalmente, anche quando dichiarano redditi d’impresa significativi poi distribuiscono pochissimi utili, per lo più sotto forma di compensi agli amministratori.

L’Accertamento sintetico in origine è stato correttamente concepito quale norma di chiusura, per contrastare evasioni grossolane che non si riusciva a intercettare con l’accertamento analitico e con quello analitico induttivo. Poi qualche apprendista stregone ha cercato di far credere che, grazie all’Anagrafe tributaria, si potessero misurare puntualmente i consumi di beni e servizi e gli incrementi patrimoniali per milioni di contribuenti. Purtroppo non è così.

Quanto all’ultimo Redditometro, sembra abbastanza evidente che lo scopo fosse quello di indurre al nuovo “concordato preventivo” (leggi nuovo condono) il maggior numero possibile di soggetti.

In conclusione solo una profonda revisione della normativa che lasci aperta la possibilità di una pieno utilizzo delle applicazioni di intelligenza artificiale per attingere e incrociare banche dati e transazioni individuali tracciate, come del resto largamente concesso per esempio ai privati gestori delle piattaforme “social” senza che nessuno evochi il Grande fratello, potrà mettere in condizione l’Amministrazione dello Stato di applicare un metodo ovvio e intuitivo di accertamento fiscale come il Redditometro.

Insieme all’applicazione di una funzione continua che assicuri progressività ed equità verticale e orizzontale calcolata su una base imponibile unificata, l’utilizzo della “Ia” nella tax compliance e nell’attività di accertamento potrebbe essere la soluzione per abbattere la patologica evasione fiscale di massa nel nostro Paese e normalizzare finalmente il rapporto tra fisco, economia e contribuente.

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