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sabato 5 Ottobre 2024
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Imu, via la seconda rata ma non per tutti i Comuni, in 870 Enti si pagherà in media 42 euro

Chi ha aumentato le aliquote verserà una quota entro gennaio 2014: va coperto il 50% della maggiorazione deliberata dai sindaci

La telenovela dell’Imu sembra essere arrivata alla sua ultima puntata. Salta alla fine anche la seconda rata dell’imposta dovuta nel 2013 per le prime case. Durante un Cdm lampo, poco meno di un’ora proprio a cavallo del voto in Senato sulla decadenza di Silvio Berlusconi e del comizio dell’ex premier, il Governo ha così «mantenuto l’impegno», come ha spiegato il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, e cancellato l’ultima parte dell’imposta nel frattempo “scomparsa” e sostituita dalla Iuc con la Legge di Stabilità. Stessa sorte tocca anche all’Imu su fabbricati agricoli strumentali. Mentre sui terreni agricoli ci sarebbe un alleggerimento. La cancellazione della seconda rata dell’Imu produce un mancato gettito di 2,15 miliardi. Le coperture per la cancellazione della seconda rata Imu – ha spiegato Saccomanni in conferenza stampa a Palazzo Chigi – saranno «a carico del sistema bancario: un terzo viene coperta dagli anticipi sulle imposizioni del risparmio amministrato e due terzi da anticipi Ires e Irap che sono anticipi a fronte di un aumento delle aliquote del 2014». Insomma per le banche si tratterà di una tantum con un anticipo cospicuo vicino al 130%. Farà discutere la norma che impone ai Comuni che hanno deliberato per l’anno 2013 aliquote superiori a quella standard (4 per mille), di fare pagare metà della maggiorazione ai contribuenti a metà gennaio 2014, mentre l’altra metà circa verrà ristorata dallo Stato.

Versamento medio di 42 euro. I residenti in Comuni che nel 2013 hanno deciso aumenti di aliquote Imu dovranno pagare in media 42 euro. Potrebbe essere questo l’esito della decisione del governo di far ricadere sui contribuenti il pagamento del 50% di quelle risorse aggiuntive, con saldo previsto il prossimo 16 gennaio. Nonostante lo stop alla seconda rata dell’Imposta sulla casa, infatti, allo stato

attuale non ci sono coperture sufficienti per garantire anche quel “pezzetto” di gettito in più che gli enti locali si volevano garantire alzando le aliquote sulla prima casa rispetto al livello standard del 4 per mille. Ad oggi, si tratta di 873 Comuni e tra questi ci sono 11 città capoluogo. Ma la platea potrebbe ampliarsi, visto che la scadenza per fissare i livelli d’imposizione a valere sul bilancio di previsione 2013 è il 9 dicembre.

I conti nelle principali città. A Milano ad esempio l’aliquota è passata dal 4 al 6 per mille; a Bologna dal 4 al 5 per mille; a Napoli dal 5 al 6 per mille; a Genova dal 5 al 5,8 per mille; ad Ancona dal 5,5 al 6 per mille; a Verona dal 4 al 5 per mille. E così, secondo i calcoli della Uil – Servizio Politiche Territoriali il conto a Milano è di 73 euro medi, a fronte dei 292 euro medi pagati lo scorso anno. A Bologna si parla di 40 euro medi a fronte dei 321 euro dello scorso anno; a Napoli 38 euro a fronte di 379 euro; a Genova 31 euro a fronte di 372 euro del 2012; ad Ancona di 21 euro medi a fronte dei 341 euro
dello scorso anno; a Verona 35 euro a fronte dei 281 euro dello scorso anno. Si tratta dell’elenco dei contribuenti che si aggiungono ai 44.785 possessori di una prima casa di lusso (rientrante cioè nelle categorie A/1, A/8 e A/9), i quali già da previsioni dovranno versare il saldo il 16 dicembre.

Il caso di Milano. Il problema è ben rappresentato dalla situazione di Milano, dove la giunta Pisapia ha deliberato un incremento dallo 0,4 allo 0,6% dell’aliquota sulle abitazioni principali. Per il bilancio del capoluogo lombardo significa un’entrata maggiore di 110 milioni.
Dividendo semplicemente per due questo carico, tra la quota coperta dallo Stato e quella che resta sulle spalle dei cittadini, i milanesi dovranno quindi saldare circa 55 milioni a metà gennaio. Venendo all’esempio pratico, su un’abitazione da 90mila euro di valore catastale risulta da coprire lo 0,2% che Milano ha aggiunto all’aliquota base: 180 euro, 90 dei quali dovrebbero ricadere sulle spalle del cittadino. La situazione diventa paradossale se si considera che nel 2012, sfruttando le detrazioni fino a 200 euro e quelle da 50 euro per figlio, le case di minor valore catastale pagarono poco o nulla di Imu e ora si troverebbero a versare una cifra maggiore, con effetti di impatto tutt’altro che progressivi.

Il tutto in attesa dei prossimi chiarimenti, che potrebbero ad esempio modificare il quadro ripartendo l’onere su tutti i Comuni e non solo su quelli che hanno previsto un extra-gettito. Ha comunque buon gioco il presidente dell’Anci, Piero Fassino, a chiedere che “il Governo faccia rapidamente chiarezza e onori gli impegni assunti con i contribuenti e i Comuni italiani. I sindaci hanno dimostrato ampiamente responsabilità e spirito propositivo, ma non si può abusare della loro pazienza e tanto meno si può abusare della pazienza dei cittadini”.

Un po’ di storia. In principio era l’Ici. Siamo all’inizio della seconda Repubblica, nel 1992 e quella che nasce come imposta straordinaria sugli immobili molto presto si trasforma in una delle entrate più importanti per i comuni italiani. Fino a che il governo Berlusconi nel 2008 non la abolisce sulla prima casa. Una scelta che mostra subito tutti i sui limiti a tal punto che lo stesso governo ripropone l’imposta, col nome di Imu, nell’ambito delle norme sul federalismo fiscale. Toccherà comunque al governo Monti, pressato dalla necessità di far quadrare i conti, anticiparne l’entrata in vigore ed estenderla di nuovo alle abitazioni principali. Poi il nuovo passo: niente più Imu, al suo posto arriva la Service Tax. Non certo una novità assoluta in quanto già il governo Amato nel 1992, con Goria alle Finanze aveva proposto una imposta sui servizi comunali (Iscom) poi naufragata per via della crisi di governo. La Service tax doveva sostituire dall’1 gennaio l’imposta municipale unica (Imu) e la tassa sui rifiuti (Tares). E invece ha avuto vita breva, lasciando il posto alla Iuc, imposta unica comunale, che sarà sempre divisa nelle due componenti: la prima relativa alla raccolta dei rifiuti, la seconda sui servizi indivisibili. La struttura della Iuc prevede che i Comuni abbiano ogni anno 500 milioni per introdurre detrazioni legate ai carichi familiari. Dal pagamento dell’imposta sugli immobili saranno esentate le prime case, con esclusione di quelle di lusso. Previste detrazioni a partire da 200 euro e 50 euro per figlio fino a 4.

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