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lunedì 10 Marzo 2025
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Inchiesta: Montecarlo, così è fallito il piano shock per ridurre il potere dei big del mattone

Il Sole24Ore

Di Angelo Mincuzzi

Claude Palmero, ex amministratore dei beni dei Grimaldi si batteva per la nascita di una banca di Stato monegasca e di un promotore immobiliare pubblico

 
Erano progetti pericolosi. Rischiavano di modificare gli equilibri di potere nel Principato di Monaco e per questo andavano fermati. I dossier avevano nomi all’apparenza innocui come Banque Monégasque ed État Promoteur ma per qualcuno rappresentavano una seria minaccia. Il piano più avanzato, una banca pubblica sul modello della Caisse des Dépôts et Consignations francese e della Cassa Depositi e Prestiti italiana, era ormai ai nastri di partenza. Il secondo, una società statale che avrebbe sostituito i costruttori monegaschi privati nello sviluppo dei progetti immobiliari sui terreni pubblici di Montecarlo, era in fase di progettazione. Una volta realizzati, i due piani avrebbero terremotato gli assetti del potere economico consolidati da tempo nel Principato, perché avrebbero drenato guadagni milionari dai privati dirottandoli nelle casse dello Stato. Ecco perché, in quella primavera ormai avanzata del 2023, andavano fermati. Occorreva però sbarazzarsi degli uomini che più di altri avevano consentito ai due dossier di arrivare lontano. Claude Palmero, da più di vent’anni amministratore dei beni della famiglia Grimaldi, era uno di loro. Così, il 6 giugno 2023, al temine di una campagna mediatica avviata dal misterioso sito Les Dossier du Rocher che lo dipinge come un uomo corrotto e come l’ispiratore di un gruppo clandestino desideroso di mettere le mani sul Principato, Palmero viene improvvisamente licenziato. «Caro signor Palmero, ho deciso di porre fine alle sue funzioni di amministratore dei miei beni e della Casa Sovrana. Vi ricordo i vostri obblighi di riservatezza riguardo a tutto ciò che avete dovuto gestire», gli scrive il principe Alberto II in un messaggio consegnato attraverso il suo aiutante di campo, il colonnello Luc Fringant. Palmero esce definitivamente dal Palazzo dei Principi. E con lui evaporano anche i due progetti.
La versione di Palmero L’ex amministratore dei beni della famiglia Grimaldi esce dal silenzio che si è imposto negli ultimi mesi e al Sole 24 Ore espone la sua versione dei fatti accusando «potenti interessi finanziari monegaschi» dietro il suo licenziamento. «È probabile – racconta Palmero – che i progetti strutturali che stavo portando avanti all’epoca, su richiesta del principe Alberto, preoccupassero questi ambienti finanziari egemoni a Monaco, per i quali erano “drappi rossi”, provocazioni o intimidazioni. In primo luogo, il progetto di una Société Nationale de Promotion et Construction. Questa società statale sarebbe stata in grado di lanciare, supervisionare e gestire grandi progetti di sviluppo, libera dall’avidità dei costruttori privati. Ovviamente, questo progetto è stato ferocemente contrastato da questi interessi in tutti i settori: nella pubblica amministrazione, nell’economia e nella politica. Lo stesso vale per il progetto della Banque Nationale Monégasque, il cui scopo era quello di finanziare queste iniziative. Tutto ciò ha indubbiamente fatto precipitare la mobilitazione di forze ostili che si sono scatenate dietro le quinte per ottenere il mio licenziamento».

Palmero non usa mezzi termini e parla apertamente dell’esistenza di un sistema di corruzione nel Principato. Un sistema che – secondo la sua versione – sarebbe stato la ragione strutturale del suo allontanamento dal Palazzo. «Da molto tempo – dice – portavo avanti una battaglia instancabile contro la corruzione che affligge attualmente il Principato di Monaco. Questo mi ha portato ad oppormi, in numerose occasioni, alle manovre e alle manipolazioni disoneste di potenti interessi che cercano di esercitare un vero e proprio dominio sul settore immobiliare e su altri importanti settori dell’economia monegasca». Palmero prosegue il racconto. «Fino al 2023, il Principe mi aveva sempre sostenuto, così come aveva sostenuto i progetti di interesse generale che mi aveva chiesto di condurre. Nel giugno 2023 fece uno strano dietrofront. All’epoca, disse a diversi colleghi che era stato costretto a farlo e che non aveva avuto scelta. Il che suggerisce chiaramente che questi potenti interessi hanno chiesto e ottenuto la mia testa.
La stessa cosa è accaduta a diversi altri servitori del Principato che, allo stesso momento, sono stati rimossi, degradati, estromessi o banditi. Dopo questa svolta, Monaco ha assistito ad un curioso allineamento dei pianeti. Nel settore immobiliare, questi potenti interessi hanno ormai un dominio praticamente incontrastato. Per di più, Monaco è stata recentemente inserita nella “lista grigia”, il che è altamente dannoso per la nostra economia».

E’ andata davvero così? Montecarlo sotterranea Dal belvedere della Place du Palais, in cima alla Rocca, accanto al Palazzo di Alberto II, dove Palmero lavorava, si può cercare una prima risposta. Dall’alto Monaco appare esattamente per ciò che è: un alveare di immobili di lusso abitato da ricchi stranieri in cerca di stabilità e di un fisco amico.
Lo sguardo abbraccia Port Hercule con i suoi mega yacht attraccati alle banchine, poi in lontananza il nuovo complesso Mareterra, con gli appartamenti da 120mila euro al metro quadro, la Tour Odeon con la penthouse più costosa di Montecarlo e forse del mondo, le strade del Gran Premio di Formula 1 e ancora, dall’altra parte della piazza, la zona di Fontvieille con lo stadio di calcio del Monaco e il porto. Il piano sequenza mostra una città senza verde, sommersa completamente dal cemento ma tutto sommato tranquilla, pulita, efficiente.
La vita sembra scorrere lenta, senza affanni. Facile. Ma come la stessa Montecarlo ha fin qui insegnato, niente è come sembra. Gli occhi non riescono a vedere cosa si nasconde sotto questa apparenza. In profondità c’è la città sotterranea affollata di tunnel e di parcheggi scavati per decine di metri sotto la roccia. Ma ci sono soprattutto i segreti che nessuno a Montecarlo ha intenzione di raccontare perché sono destabilizzanti. E dunque bisogna lasciare la Rocca e tornare più in basso per saperne di più. L’appuntamento è a Beausoleil, un comune francese di 14mila abitanti, facilmente raggiungibile da Montecarlo. Basta attraversare la strada a piedi e si varca il confine invisibile che una volta tagliava in due il vecchio stadio di calcio. Beausoleil è lì. È un luogo tranquillo per incontrarsi, lontano dalle oltre mille telecamere che sorvegliano Monaco. Il professionista monegasco di mezza età accetta di parlare solo a condizione di non rivelare il suo nome. «Palmero ha fatto bene e qualcuno comincia a capirlo – esordisce -. È stato vittima di una macchina del fango e ha avuto il coraggio di affrontare a viso aperto la collera del principe. Ma su una cosa ha sbagliato. Non doveva parlare con la stampa. L’inchiesta di Le Monde sui suoi quaderni segreti e sulle spese pazze della famiglia Grimaldi, ha provocato più danni di tutto il resto».
Già, con i giornalisti non si parla a Montecarlo. O meglio, si parla solo e rigorosamente off the record. «Nessuno vuole che le cose cambino davvero – spiega il professionista -. Non lo vogliono i grandi costruttori, che guadagnano milioni di euro. Non lo vogliono i professionisti, gli avvocati, i commercialisti, gli architetti che fanno affari grazie ai residenti facoltosi. E non lo vogliono i monegaschi. Più dell’80% di loro lavora per lo Stato o per società che sono nell’orbita pubblica. Sebbene siano infinitamente meno ricchi dei residenti stranieri, hanno molte agevolazioni e guadagnano bene, molto più dei loro simili in Francia o in Italia. Dunque, non vogliono perdere questi privilegi. Ognuno ha la sua fetta di ricchezza e ha il terrore di perderla. Ecco perché a Monaco c’è questa omertà. Abbiamo i soldi, la giacca e la cravatta ma forse da questo punto di vista siamo come nella Sicilia di una volta». Il discorso è chiaro. Ma c’è dell’altro. «Se i nostri problemi finiscono sui giornali, la conseguenza è che arrivano meno soldi, ci sono meno investimenti, meno affari per tutti e le quotazioni delle abitazioni rischiano di ridimensionarsi. Sarebbe un vero guaio. La fine di Monaco». L’intreccio giudiziario Eppure, il “Monacogate” è davvero finito sui giornali di tutto il mondo. E se è accaduto è perché, dopo il suo licenziamento, Palmero fa ciò che non andava fatto: non resta in silenzio. Impersona la figura drammatica del conte di Montecristo. Diventa il granello di sabbia che rischia di far inceppare un meccanismo oliato alla perfezione, un sistema che ha raggiunto un equilibrio stabile nella ripartizione dei miliardi generati dal business immobiliare e della gestione degli asset finanziari. Cominciano così le pressioni per isolarlo. Il suo studio di commercialista perde quasi tutti i clienti mentre in passato – anche per la sua vicinanza ad Alberto II – c’era la gara per avvicinarlo. Cominciano anche gli “stati di fermo” a cui viene sottoposto nei commissariati di Monaco, conseguenza delle tante cause giudiziarie che lo riguardano. Complessivamente attorno al “Monacogate” si sviluppano una cinquantina di procedimenti penali e civili nel Principato e in Francia. Circa 25 riguardano direttamente Palmero e, di questi, oggi quelli attivi sono una quindicina. Alberto II ne avvia quattro, uno dei quali ritirato, due fusi in un unico procedimento e un altro in cui si affianca come parte civile a Patrice Pastor, il costruttore della famiglia che ha edificato gran parte del Principato.
Pastor, infatti, presenta nel giugno 2023 una denuncia contro ignoti per corruzione riguardo ad alcuni progetti immobiliari monegaschi. Un mese dopo scattano le perquisizioni nei confronti di Palmero e degli altri tre esponenti dell’entourage di Alberto II accusati dal sito Les Dossiers du Rocher di far parte del cosiddetto Gruppo dei Quattro: il capo di gabinetto Laurent Anselmi, l’avvocato e amico d’infanzia del principe Thierry Lacoste e il presidente del Tribunale supremo Didier Linotte. Pastor denuncia poi per diffamazione uno degli avvocati di Palmero e annuncia la presentazione di un esposto per essere stato oggetto di atti di spionaggio. Palmero, dal canto suo, fa partire tre cause contro Pastor e un’altra per diffamazione nei confronti di Alberto II, contro il quale non è possibile avviare azioni penali per l’immunità sancita dalla Costituzione monegasca.

Intrighi a Montecarlo Un groviglio di atti giudiziari che non è possibile prevedere dove porterà. Per ora i tre protagonisti della controversia – cioé Alberto II, Claude Palmero e Patrice Pastor – sembrano determinati ad andare avanti. Il principe, in particolare, imputa a Palmero di aver tradito la sua fiducia, di aver esulato dai propri compiti e di essersi intestato i beni dei Grimaldi. Palmero respinge queste insinuazioni, afferma di non sentirsi perseguitato dalla giustizia e dalla polizia monegasca ma lancia accuse pesanti. «Sono vittima – sostiene – di una vera e propria “vendetta giudiziaria” ordita dal nuovo entourage del principe, che sta utilizzando tutti i mezzi a sua disposizione per manipolare il sistema giudiziario e le forze di polizia monegasche al fine di danneggiarmi e mettermi a tacere». L’ex consigliere di Alberto II si sente braccato. «Ho dovuto subire numerose custodie cautelari e vari interrogatori, senza nessun risultato, almeno per ora. E non è ancora finita. Sono stato accusato di ogni tipo di turpitudine: appropriazione indebita, tradimento, cattiva gestione, arricchimento personale, violazione del segreto professionale, traffico di influenze. Eppure, gli accordi firmati con il Palazzo nel 2023 e alla fine del 2024 dimostrano che tutte le accuse e le varie diffamazioni sul piano finanziario non avevano nessun fondamento. Sono stato e sono tuttora oggetto di procedure abusive e vittima di continue molestie. Il loro obiettivo è quello di mettermi a tacere e di eliminarmi, in modo che gli intrighi e i traffici possano continuare senza sosta a Monaco».

Lo Stato promotore All’inizio del 2021, Palmero sta cercando di acquisire per conto dello Stato monegasco un’area molto ambita, il terreno di Crémaillère, 7.200 metri quadrati a cavallo tra Francia e Monaco. Il 12 febbraio scrive nei suoi “quaderni segreti” che il «sistema Pastor non può più essere accettato. SAS (il principe Alberto II, ndr) deve combatterlo. La sua credibilità e legittimità dipendono da questo». Anche il gruppo Pastor, infatti, ha messo gli occhi su questa operazione. Con l’autorizzazione del principe, Palmero cerca di acquistare il terreno per 69 milioni di euro tramite una società creata per l’occasione, con l’incarico di rivenderlo subito al Principato senza alcun guadagno. Questo sistema gli consente di aggirare le lunghe procedure governative. Ma l’operazione non vedrà mai la luce. Eppure, questo è il primo, embrionale tentativo di mettere in piedi il progetto di État Promoteur.
Il prezzo di vendita dei terreni pubblici ai promotori immobiliari privati è da tempo un nervo scoperto a Monaco. La terra è una rarità nel micro-stato e il Principato è il maggiore proprietario terriero. Potenzialmente potrebbe ricavare tantissimi soldi ma in realtà i maggiori guadagni vengono realizzati dai costruttori privati, i quali acquistano i terreni pubblici a prezzi spesso non commisurati agli utili che incassano. È un problema noto da anni a Monaco e in passato non ha mancato di creare attriti politici tra Governo e Consiglio nazionale. Se però a promuovere un’operazione immobiliare fosse stata una società pubblica alla quale lo Stato aveva già ceduto i terreni, allora i margini più importanti di guadagno li avrebbe realizzati proprio il Principato. Una fetta maggiore del business per Monaco, una fetta più piccola per le grandi famiglie monegasche di costruttori. Insomma, più pubblico meno privato.

Una rivoluzione per Montecarlo. Ecco perché il progetto di “Stato promotore” era pericoloso. Palmero, tuttavia, ottiene un primo informale assenso da parte del principe. Secondo quanto ricostruito dal Sole 24 Ore, anche Alberto II è preoccupato, in quel periodo, del problema dei prezzi di vendita dei terreni pubblici ma è forse convinto che non ci sia una soluzione. Palmero ne parla con Rémy Rolland, allora direttore generale del ministero delle Finanze e dell’Economia, il quale presenta l’idea al ministro Jean Castellini. Quest’ultimo prepara un memo da illustrare al Governo. Il progetto è di far diventare Monaco un promotore immobiliare come gli altri gruppi privati che già esistono. I terreni demaniali verranno ceduti a una società al 100% di proprietà dello Stato, che incasserà i sostanziosi margini finora appannaggio esclusivo dei costruttori privati.

I guadagni per i promotori sono infatti colossali. Monaco è un mercato che nell’immobiliare non ha paragoni nel mondo. Il costo di costruzione di un edificio è intorno ai 10mila euro al metro e può salire a 15mila per i più lussuosi. Considerando che il prezzo di vendita è oggi in media 70mila euro al metro quadro (e può arrivare a 120mila), si può calcolare quali siano i margini anche solo di una torre di dieci piani. E poi ci sono le deroghe che i promotori possono strappare: mille metri quadrati in più sono 70 milioni di ricavi aggiuntivi. Questi guadagni ulteriori sarebbero andati allo Stato con il progetto État Promoteur. Il piano viene presentato informalmente al Consiglio nazionale. È prevista la creazione di un gruppo di lavoro con il Gabinetto del principe, il Governo e un avvocato specializzato per preparare la legge e dare vita alla società di promozione di proprietà dello Stato alla quale sarebbero stati finalmente girati i terreni demaniali. L’iniziativa incontra però l’opposizione strisciante di una parte del Governo e dei maggiori promotori immobiliari privati.

Quando Palmero viene licenziato, il progetto muore e nessuna traccia se ne ritrova pubblicamente. Castellini lascia il ministero delle Finanze il 15 settembre 2023 e Rolland resta direttore generale fino all’aprile 2024, quando diventa capo di Gabinetto al Consiglio nazionale. La banca pubblica Una feroce battaglia sotterranea riesce a bloccare anche il progetto di Banque Monegasque. La banca pubblica avrebbe offerto prodotti d’investimento sofisticati a una clientela monegasca sempre più ricca e sarebbe stata uno strumento utile anche per finanziarie il progetto di Stato Promotore. Monaco non ha debito pubblico e non vuole averne: troppo piccola per correre questo rischio. Quindi, per finanziare lo sviluppo delle operazioni immobiliari sarebbe stata necessaria una banca controllata dallo Stato. Nel giugno 2023, il progetto è sulla linea del traguardo e anche Alberto II ne ha già parlato pubblicamente in un’intervista a Monaco-Matin il 18 novembre 2022: «Non si tratta di una banca nazionale, ma di una banca in cui lo Stato sarebbe azionista e che potrebbe svolgere il ruolo della Caisse des Dépôts. Ma lo Stato non sarebbe l’unico socio. Non sarà assolutamente come ho sentito dire “la banca del Principe”.
Si tratta di un progetto che potrebbe sostenere il Principato nel suo sviluppo economico, nel finanziamento di progetti strutturanti e nello sviluppo sostenibile. Ma il processo è lungo e complesso». Secondo le fonti interpellate dal Sole 24 Ore, a metà del 2023 è stata già creata una società e il capitale è stato versato. È stato firmato un accordo con il Governo e anche il Consiglio nazionale è favorevole all’iniziativa. L’autorizzazione alle autorità bancarie francesi è già stata chiesta e sono stati assunti una decina di dipendenti. I soci privati, almeno una decina, hanno affiancato lo Stato nell’azionariato. Il Principato controlla un pacchetto del 32% delle azioni ed è il socio più importante. I componenti del Consiglio di amministrazione, tra cui almeno uno della Caisse des Dépôts et Consignations francese, sono già stati identificati ed è stato individuato anche il presidente, un banchiere transalpino. I locali della banca sono già pronti. L’istituto avrebbe avuto anche obblighi di servizio pubblico e avrebbe dovuto utilizzare i fondi raccolti dai clienti per finanziare i progetti di interesse collettivo. Ma anche questo piano muore con l’uscita di scena di Palmero. Ha incontrato la feroce opposizione delle banche presenti nel Principato. Un’alleanza – come sempre informale e sotterranea – si è saldata tra i banchieri e i promotori privati che non vogliono la legge sull’État Promoteur. E dunque, tra giugno e luglio 2023, gli azionisti privati della nuova banca pubblica si ritirano e vengono rimborsati del capitale versato.
Secondo alcune indiscrezioni, l’operazione avrebbe bruciato tra i 5 e i 6 milioni di euro. Ma non c’è nessuna conferma su questa cifra. Erano davvero progetti pericolosi, la Banque Monégasque e l’État Promoteur. E hanno rischiato di destabilizzare gli equilibri d’affari consolidati del micro-stato. La fatwa Per alcuni, Palmero è stato la principale vittima della reazione che si è scatenata su questi progetti. Per altri, invece – il principe in prima fila – resta l’uomo che ha cercato di approfittare del suo ruolo per interessi privati. Ora l’ex amministratore dei beni dei Grimaldi è impegnato a difendersi dalle denunce che lo hanno colpito e a contrattaccare. Ma non è il solo fronte aperto.

«Questa vendetta legale – racconta – è stata accompagnata da una “vendetta mediatica”, in quanto il Monarca mi ha attaccato pubblicamente su diversi giornali, in interviste piene di accuse diffamatorie, ingiuste e infondate. Con mancanza di dignità e di onestà intellettuale e morale. Anche altre personalità monegasche sono state indagate e sono vittime di una fatwa d’altri tempi. L’ex ministro della Giustizia ha denunciato pubblicamente le intimidazioni del nuovo entourage del Monarca e ritiene che lo Stato di diritto cominci a essere troppo spesso calpestato a Monaco. A parte il mio caso personale, tutto questo è tragico e patetico per il mio Paese, per la sua reputazione e la sua attrattività». Poi Palmero lancia l’accusa più pesante: «Quando, nelle interviste, il principe parla di tradimento e dice in sostanza che io ho tradito il mio giuramento nei suoi confronti, io propongo un’altra lettura: cacciandomi vergognosamente e facendo una svolta a 180 gradi nella gestione degli affari del Paese, è il principe stesso che ha tradito la sua visione, i suoi valori e i suoi fedeli e devoti consiglieri che avrebbe dovuto proteggere. Ho lavorato per lui e per il principe Ranieri con dedizione, impegno e abnegazione per oltre 20 anni. Ho dato loro i miei anni migliori. Il senso di tradimento e di delusione è immenso». A quasi due anni dal licenziamento di Palmero, della lotta sotterranea sui due progetti che avrebbero potuto cambiare Monaco nulla è trapelato in superficie. E se dal belvedere della Place du Palais tutto appare tranquillo, più giù, sotto le rocce, il terremoto del Monacogate non ha ancora esaurito tutti gli effetti. Pronto a emergere ancora una volta in superficie. All’improvviso.


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