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sabato 27 Luglio 2024
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Irpef, come leggere le statistiche del Mef sulle dichiarazioni dei redditi

di Lelio Violetti

Spesso i dati dicono tanto, ma altre volte, se non trattati in modo rigoroso, rischiano di portare fuori strada. È il caso delle statistiche, pubblicate di recente dal Dipartimento delle Finanze, sulle dichiarazioni dei redditi presentate dai contribuenti persone fisiche nel 2014 e relative all’anno d’imposta 2013.

Nel comunicato diffuso dal ministero, infatti, si è posta grande attenzione al paragrafo dal titolo Tipologie di reddito dichiarate”, in cui si mettono a confronto i redditi medi dichiarati derivanti da lavoro dipendente, pensione, lavoro autonomo, impresa e partecipazione.

L’equivoco in questione sta tutto in un passaggio, in cui si legge che “I lavoratori autonomi hanno il reddito medio più elevato, pari a 35.660 euro, mentre il reddito medio dichiarato dagli imprenditori è pari a 17.650 euro. Il reddito medio dichiarato dai lavoratori dipendenti è pari a 20.600 euro, quello dei pensionati a 16.280 euro e, infine, il reddito medio da partecipazione in società di persone ed assimilate risulta di 15.670 euro”.

Una formulazione a dire il vero piuttosto ermetica, che ha originato il malinteso che gli importi citati costituiscano il reddito medio dei contribuenti. È utile, quindi, qualche precisazione.

Anzitutto, che il reddito medio del contribuente non è fatto solo dal reddito di specie, ma anche dagli altri redditi.  Così un imprenditore persona fisica può avere anche un reddito da partecipazione in una società di persone e allo stesso modo un lavoratore dipendente può anche avere un reddito da lavoro autonomo in quanto esercita contemporaneamente un’attività professionale.

Per arrivare ad una comparazione significativa dei redditi medi occorre pertanto definire per ogni contribuente il suo reddito prevalente e su questa base definire il suo reddito medio come d’altra parte fanno le stesse statistiche sulle dichiarazioni dei redditi in una apposita sezione.

Il reddito medio dei contribuenti classificati in base a quello prevalente è quindi più elevato per la presenza di altri redditi e quindi il suo importo è condizionato dalla presenza o meno di altri cespiti.

C’è, inoltre, un altro fatto di cui tener conto quando si fa un confronto sia tra i redditi medi dichiarati per tipo che tra i redditi medi per contribuente ed è quello derivante dal fatto che i lavoratori autonomi con partita IVA, gli imprenditori persone fisiche a contabilità semplificata e i partecipanti a società di persone possono chiudere l’esercizio in perdita e tale perdita va a ridurre gli altri redditi posseduti.

Sembra quindi più corretto includere, nelle medie reddituali, anche i contribuenti che si trovano in questa situazione.

Per cui come si può verificare nella tabella che segue, tenendo conto anche dei contribuenti in perdita, tra il 2012 e il 2013 non vi sono state variazioni significative. Crescono gli importi medi del reddito di specie da lavoro dipendente e da pensione. Cresce anche il reddito medio derivante da impresa esercitata da persona fisica e diminuiscono di poco quelli da partecipazione e da lavoro autonomo. Dai dati sembra che l’effetto della crisi economica in atto nel 2013 si sia rallentato piuttosto che aumentato.

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La tabella che segue evidenzia i redditi medi dei contribuenti classificati in base al reddito prevalente per l’anno d’imposta 2012 (l’anno d’imposta 2013 non è stato ancora pubblicato) e pone l’accento sulla sostanziale differenza esistente fra i due tipi di ripartizioni poiché la presenza di altri redditi amplifica le differenze esistenti fra lavoro autonomo, impresa e partecipazione da una parte e lavoro dipendente e pensione dall’altra.

 

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Ad una prima analisi i dati delle dichiarazioni IRPEF pubblicati confermano sostanzialmente l’andamento dell’anno precedente e si può osservare, in prima battuta, che anche nel 2013 non è sostanzialmente aumentata l’adesione spontanea all’obbligo (la cosiddetta “compliance”) e quindi di conseguenza non si è avuta una riduzione dell’evasione.

Continuano ad alimentare le entrate dell’IRPEF spontanee soprattutto i contribuenti i cui redditi sono tracciati attraverso il meccanismo della ritenuta alla fonte; principalmente i redditi da lavoro dipendente, da pensione e in parte da lavoro autonomo.

In particolare in merito a quest’ultima tipologia di reddito, il lavoro autonomo con partita IVA, le due tabelle che seguono illustrano il suo andamento per classi di reddito complessivo negli ultimi due anni d’imposta (2012 e 2013). 

 

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I dati contenuti nelle due tabelle mostrano tre tendenze:  

    – la crisi economica ha ridotto il reddito medio dal 2012 al 2013 di soli 540 € (nelle classi fino a 20.000 € si è avuto anche un incremento); l’effetto della crisi è stato minore di quello che ci si poteva aspettare;

    – i contribuenti che dichiarano redditi di lavoro autonomo sono divisi in due gruppi; quelli che guadagnano molto (sopra i 50.000 €) e che sono poco più del 30% (i cui cespiti sono  tracciati in quanto fatturano ad enti pubblici o grandi imprese o i notai o i medici di famiglia, ecc.) e gli altri, la gran massa, che si posiziona al di sotto dei 50.000 €, (tra questi ci sono anche molti tracciati come le “finte partite IVA”);

  – l’andamento dei redditi medi è costante nel tempo in tutte le classi di reddito e questo fa supporre che la lotta all’evasione che ogni anno incrementa di molto la cifra delle imposte recuperate influenzi solo marginalmente l’adesione spontanea all’obbligo dichiarativo.

Ed è proprio quest’ultimo aspetto quello che richiede un ulteriore approfondimento. La nostra amministrazione, al contrario di tutte le altre amministrazioni europee comparabili con la nostra, cura assai poco la fase preventiva ovvero non interviene a supporto o in aiuto del contribuente che esercita una attività economica nella fase di predisposizione della dichiarazione. 

Eppure oggi nell’era di internet la nostra amministrazione dispone di una quantità “enorme” d’informazioni sul contribuente che potrebbero “aiutarlo” a dichiarare correttamente quanto ha guadagnato nell’anno. Tra le fonti se ne possono citare in questa sede solo alcune: i versamenti periodici IVA, gli studi di settore, l’elenco clienti e fornitori IVA, le spese, le proprietà immobiliari e mobiliari e se necessario, l’anagrafe dei conti. Sembra un patrimonio informativo più che sufficiente per formulare una proposta di dichiarazione anche per tutti coloro che dichiarano redditi non tracciati alla fonte.

Certo la dichiarazione precompilata per i dipendenti e i pensionati è un primo importante passo in questa direzione. C’è solo da augurarsi che non ci si fermi solo a questo primo passo che pure ha il grande merito di ridurre il numero e i costi di tutti quei soggetti che ruotano attorno al fisco e non aggiungono alcun valore e di consentire all’amministrazione di iniziare a riappropriarsi di competenze che aveva delegato all’esterno.  

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