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martedì 29 Aprile 2025
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Irpef, effetti distorsivi del regime forfetario, a rischio equità sistema

I dati statistici sulle dichiarazioni dell’anno d’imposta 2019 dei forfetari, contribuenti con partita Iva e con ricavi inferiori ai 65.000 euro, recentemente pubblicati dal Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia, consentono in prima analisi alcune riflessioni sia sull’adesione a questa agevolazione che sulla sua evidente iniquità nei confronti delle altre tipologie di contribuenti. Come evidenziato dalla Tabella 1 l’incremento dei contribuenti che hanno aderito a questo nuovo regime, rispetto al precedente anno d’imposta, in cui la normativa in merito era assai più ristrettiva, è stato pari a 666.995. 

Probabilmente chi in Parlamento ha spinto per approvare l’introduzione di questo nuovo regime si aspettava un’adesione più ampia. Il numero complessivo di aderenti, infatti, è pari a 1.437.931 ed è sicuramente inferiore alle attese se si tiene conto che le partite Iva con volume d’affari fino a 60.000 euro erano nell’anno d’imposta 2018 2.511.654. L’adesione risulta modesta anche se si tiene conto dei 552.096 che hanno dichiarato sempre per il 2018 volume d’affari pari a 0. Per comprendere le ragioni del parziale insuccesso dell’iniziativa è utile fare riferimento alle dichiarazioni Irpef dei soggetti con partita Iva non forfetari mettendo a confronto i dati dell’anno d’imposta 2019 con il precedente anno del 2018 (confronta Tabelle 2 e 3).   

Si rileva immediatamente che ai contribuenti con attività economica con reddito complessivo inferiore ai 15.000 euro, vista la pochissima imposta mediamente dichiarata, il nuovo regime poteva essere addirittura non conveniente anche se non erano dovute su tale reddito le addizionali regionali e comunali. Diventava comunque conveniente per tutti quei soggetti che possedendo altri redditi avrebbero visto scattare l’aliquota marginale superiore al netto del reddito da attività economica. Dal punto di vista dell’equità, al contrario, al crescere del reddito aumenta esponenzialmente la differenza fra l’imposta corrisposta da chi è soggetto all’Irpef normale, come i lavoratori dipendenti e i pensionati, e chi ha aderito al regime forfetario. 

Come evidenziato dalle Tabelle 4 e 5 per i lavoratori dipendenti l’imposta media dovuta inizia ad essere più elevata a partire da 15.000 – 20.000 euro di reddito per crescere progressivamente da valori attorno ai 2.000 euro per i redditi compresi tra 20.000 – 30.000 euro fino addirittura a 6.000/8.000 euro per i redditi fra 30.000 – 40.000 euro. Analogo discorso vale per i pensionati dove il divario inizia dai 15.000 euro perché questi redditi non sono difesi, come quelli da lavoro dipendente, dal bonus mensile di 80 euro.

L’effetto distorcente dell’ampio divario d’imposta dovuta che viene a crearsi fra chi gode dell’agevolazione e le altre tipologie di reddito è dovuto, principalmente al fatto che la progressività per i forfetari è praticamente annullata o ridotta al minimo. C’è solo da chiedersi se questo “autentico regalo”, concesso ad una limitata porzione di soggetti sia in linea con la Costituzione sia dal punto di vista dell’equità orizzontale fra diverse tipologie di redditi e contribuenti che da quello verticale fra redditi a cui la progressività viene applicata in un modo e redditi a cui viene applicata in un modo differente.  

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