Il testo della “riduzione della pressione fiscale” ovvero l’articolo 2 del Titolo II della Legge Finanziaria è particolarmente singolare in quanto sostanzialmente delega al parlamento e ai partiti la scelta, tra quelle indicate, di quale strada intraprendere “… Al fine di ridurre la pressione fiscale sui fattori produttivi” utilizzando a tale scopo “risorse pari a 8.000 milioni di euro annui a decorrere dal 2022”.
È un modo di procedere piuttosto inusuale figlio del mancato accordo sulla questione fra le forze politiche che sostengono il governo ma anche e soprattutto del degrado irreversibile a cui è giunto il nostro sistema fiscale.
L’ossessione demagogica che bisogna ridurre le tasse ad ogni costo, sostenuta da una parte del nostro parlamento, compresi alcuni gruppi che sostengono il governo Draghi, ha portato a questi estremi in cui la discriminante fra politici responsabili e politici irresponsabili, soprattutto in quest’epoca di pandemia e di impoverimento di buona parte delle famiglie, passa tra chi con le tasse vuole ridistribuire la ricchezza e sostenere i servizi, compreso il supporto sociale ai meno abbienti, e chi le considera semplicemente un freno alla libertà economica individuale del tutto incurante del dettato costituzionale che ciascuno deve contribuire allo sviluppo e alla gestione della comunità secondo le proprie capacità contributive.
Non si spiega, altrimenti, il fatto che nell’articolo la scelta primaria sta nel destinare gli 8 miliardi di euro alla “riduzione dell’imposta sui redditi delle persone fisiche con l’obiettivo di ridurre il cuneo fiscale” e/o “alla riduzione dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (Irap)”.
Da un punto di vista etico in quest’epoca di pandemia pensare di ridurre l’Irap una delle principali fonti di finanziamento del nostro sistema sanitario suscita subito profondi dubbi sull’opportunità di procedere in tal senso.
Ma ci sono anche ragioni di tipo economico e fiscale che rendono improponibile, ingiusta ed iniqua l’alternativa proposta nell’articolo della legge. A tal proposito basta analizzare l’andamento in questi ultimi anni dei dati, pubblicati sul sito del Dipartimento delle Finanze, delle dichiarazioni Ires, Irap ed Irpef.
Nel mondo delle sole imprese, esclusa quindi la pubblica amministrazione, l’Irap dall’anno d’imposta 2014 all’anno d’imposta 2018 si è ridotta, in seguito ad una serie di provvedimenti normativi, tra i quali il più importante è stato l’abolizione del costo del lavoro dall’imponibile, di un quarto passando da 19,5 miliardi di euro a 13,5 miliardi (confronta Tabella 1).
Inoltre, rispetto all’Ires/Irpef, la percentuale delle imprese che la devono (imposta positiva) è di quattro punti percentuali maggiore. Su 3,4 milioni d’imprese quelle con Irap positiva sono 1,9 milioni pari al 56,7 % mentre sempre su 3,4 milioni d’imprese quelle con Ires/Irpef positiva sono 1,8 milioni pari al 52,3% (confronta Tabelle 1 e 2).
Ciò significa che la base imponibile dell’Irap è più estesa e più produttiva d’imposta, a parità di aliquote, di quella dell’IRES.
Un altro rapporto da considerare è quello che mette a confronto l’andamento dell’imposta netta dell’Irpef al netto del bonus con quello dell’Ires delle società di capitali + quello dell’Irap esclusa la pubblica amministrazione.
Dal 2014 al 2018 il peso dell’Irpef sul totale è cresciuto di 3,5 punti percentuali e l’imposta netta è passata da 145 miliardi di euro a 154 miliardi mentre quella di Ires+Irap è scesa da 54 miliardi di € a 48 miliardi di (confronta Tabella 3).
Questi dati evidenziano che nel periodo preso in esame le modifiche legislative apportate a Ires ed Irap sono state più favorevoli per i contribuenti che le dichiarano.
Inoltre, l’andamento del dichiarato di queste imposte è in controtendenza rispetto a quanto sta avvenendo nei Paesi ad economia avanzata dove, per finanziare in modo adeguato lo stato sociale, si cerca di ridurre il prelievo sui redditi da lavoro e di aumentare quello sui redditi derivanti dall’esercizio di attività economiche, ampliando la base imponibile con cui si determina l’imposta.
Questa tendenza è stata fatta propria anche dall’Unione Europea che ha raccomandato ai Paesi membri fra cui il nostro, di seguirla. Secondo questa sollecitazione e vista la maggiore incisività impositiva dell’Irap, in Italia tecnicamente sarebbe più corretto, per assurdo, ridurre l’Ires e incrementare l’Irap.
Per tutte queste ragioni appare necessario, oltreché più equo, che il parlamento utilizzi tutte le risorse finanziarie disponibili per ridurre le imposte sui redditi da lavoro.
Anche nella riduzione dell’imposte sui redditi da lavoro si possono seguire due strade o agire, riducendola, sull’aliquota particolarmente onerosa del 38% con cui si determina l’imposta lorda nello scaglione di reddito imponibile compreso fra 28.000 euro e 55.000 € o incrementando le detrazioni di specie sulle tipologie di reddito. Anche in quest’ultimo caso sono ipotizzabili tre tipi d’intervento: solo su quella dei redditi da lavoro dipendente o su quella da lavoro dipendente e da pensione o su tutte e tre (lavoro dipendente, pensioni ed altri redditi).
La prima soluzione, abbassamento dell’aliquota del 38%, interesserebbe tutti i contribuenti ed ha come principale controindicazione il fatto che ci guadagnerebbero soprattutto i contribuenti con redditi imponibili superiori ai 55.000 euro mentre, al contrario, il decremento dell’imposta per i redditi imponibili medio bassi, sopra i 28.000 euro, sarebbe d’importo modesto.
La seconda soluzione, tuttavia, aggraverebbe ulteriormente la già precaria situazione dell’Irpef, aumentandone le incongruenze e le iniquità derivanti dall’anomalia delle aliquote marginali più alte di quelle relative allo scaglione, al decrescere della detrazione all’aumentare del reddito.
Tecnicamente è più valida la prima soluzione in quanto la progressività si applica con le aliquote e non con le detrazioni ma l’intervento andrebbe inquadrato in una prospettiva di riforma organica dell’imposta.
In questa eventualità, se si vuole mantenere una progressività in linea con il dettato costituzionale, la soluzione più valida e più equa sembra quella di introdurre per le aliquote una funzione lineare in cui crescono al crescere del reddito.
Questo consentirebbe ampi margini di recupero negli importi dell’imposta lorda fino a 60.000 – 70.000 euro; se ne avvantaggerebbero soprattutto i redditi medi con riduzioni d’imposta significative.
Sfruttando l’ampio margine offerto dalla crescita progressiva dell’aliquota si potrebbero trasformare in piatte le detrazioni decrescenti e ridurre drasticamente il numero delle attuali agevolazioni che coprono a macchia d’olio ogni tipo di spesa.
Una operazione di semplificazione dell’Irpef secondo questi indirizzi aprirebbe, infine, la strada alla risoluzione di quella anomalia tutta italiana che vede ogni anno milioni di contribuenti lavoratori dipendenti e pensionati impegnati nel costosissimo rito della dichiarazione dei redditi che a sua volta impegna centinaia di migliaia di addetti all’assistenza fiscale che aggiungono pochissimo valore al processo.
SEGUE TABELLE
Tabella 1
ANDAMENTO CONTRIBUENTI E IMPOSTA IRAP IMPRESE | |||||
ANNO D’IMPOSTA | IMPRESE | IMPRESE CON IRAP POSITIVA | % IMPRESE CON IRAP POSITIVA SUL TOTALE | IMPOSTA IN MIGLIAIA DI € | IMPOSTA MEDIA |
2014 | 3.894.285 | 2.273.402 | 58,38% | 19.587.100 | 8.616 |
2015 | 3.698.394 | 2.155.835 | 58,29% | 12.794.934 | 5.935 |
2016 | 3.565.754 | 1.953.745 | 54,79% | 12.240.770 | 6.265 |
2017 | 3.494.508 | 1.800.113 | 51,51% | 12.796.531 | 7.109 |
2018 | 3.396.677 | 1.927.092 | 56,73% | 13.518.707 | 7.015 |
Tabella 2
ANDAMENTO CONTRIBUENTI E IMPOSTA IRES/IRPEF IMPRESE | |||||
ANNO D’IMPOSTA | IMPRESE | IMPRESE CON IRES/IRPEF POSITIVA | % IMPRESE CON IRES/IRPEF POSITIVA SUL TOTALE | IMPOSTA IN MIGLIAIA DI € | IMPOSTA MEDIA |
2014 | 3.894.285 | 1.902.601 | 48,86% | 27.906.656 | 14.668 |
2015 | 3.698.394 | 1.860.775 | 50,31% | 28.361.328 | 15.242 |
2016 | 3.565.754 | 1.800.654 | 50,50% | 28.806.115 | 15.998 |
2017 | 3.494.508 | 1.637.641 | 46,86% | 28.134.090 | 17.180 |
2018 | 3.396.677 | 1.777.597 | 52,33% | 29.506.152 | 16.599 |
Tabella 3
CONFRONTO ANDAMENTO IRPEF E IRES+IRAP IMPORTI IN MIGLIA DI EURO | |||||
ANNO D’IMPOSTA | IRPEF (AL NETTO DEL BONUS) | % SUL TOTALE | IRAP (ESCLUSA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE) + IRES (SOCIETÀ DI CAPITALI) | % SUL TOTALE | TOTALE |
2014 | 145.108.844 | 72,74% | 54.393.716 | 27,26% | 199.502.560 |
2015 | 146.193.965 | 75,15% | 48.349.737 | 24,85% | 194.543.702 |
2016 | 146.679.548 | 75,94% | 46.472.793 | 24,06% | 193.152.341 |
2017 | 147.966.773 | 75,95% | 46.863.066 | 24,05% | 194.829.839 |
2018 | 154.353.772 | 76,25% | 48.075.689 | 23,75% | 202.429.461 |