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lunedì 10 Marzo 2025
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L’Italia tratta col Vaticano, accordo fiscale atteso entro fine marzo

Conferme anche dalla Santa Sede: per la fine del mese si attende l’ok definitivo all’accordo, che verte su trasparenza, scambio automatico di informazioni e doppia imposizione fiscale

L’accordo formale ancora non c’è, ma la trattativa è a buon punto e dovrebbe concludersi entro la fine di marzo. Dopo Svizzera, Liechtenstein e Principato di Monaco, anche il Vaticano si appresta a siglare un accordo fiscale con l’Italia. La conferma arriva direttamente dal direttore della sala stampa della Santa Sede, Padre Federico Lombardi: “Sono effettivamente in corso interlocuzioni per collaborare con l’Italia ad andare verso il traguardo di una più ampia collaborazione ai fini fiscali”. L’intesa, modellata sul nuovo standard Ocse sulla cooperazione amministrativa, verterà su tre punti: trasparenza, scambio automatico di informazioni e doppia imposizione fiscale. In sostanza le stesse linee guida che hanno portato alla ratifica degli ultimi accordi, sebbene il Vaticano non figuri fra i paesi black list. Dietro la trattativa, la volontà di Papa Bergoglio di continuare la politica di trasparenza già avviata da Ratzinger con l’Aif, un’autorità di vigilanza finanziaria istituita ad hoc nel 2010 per controllare le operazioni dello Ior.

I punti dell’accordo. Il cuore del trattato è lo scambio automatico di informazioni: sulla base del Common Reporting Standard elaborato dall’Ocse, l’Agenzia delle Entrate potrà richiedere informazioni finanziarie sui clienti italiani che hanno depositato o investito soldi in Vaticano, senza la necessità di rogatorie internazionali che spesso hanno dilatato i tempi delle indagini e permesso agli evasori di “scamparla” con la prescrizione. Non solo. Nell’accordo ci sarà anche spazio per la definizione della doppia imposizione fiscale, in base alla quale i contribuenti che porteranno i soldi nella Santa Sede dovranno pagare le tasse anche nel paese di residenza, nel caso specifico l’Italia.

Le cifre. Se i termini dell’accordo sembrano chiari, le ricadute positive in termini di incasso lo sono molto meno. “Io spero di recuperare un po’ di denari anche dal Vaticano, stiamo discutendo”, ha detto Renzi in un’ intervista a L’Espresso, aggiungendo di voler fare con la Santa Sede “Quello che abbiamo fatto con la Svizzera, con Montecarlo o con il Liechtenstein. Molti sono coinvolti e credo che la Santa sede sia interessata a fare un repulisti”. Difficile stabilire quanti clienti italiani abbiano ancora un conto aperto presso lo Ior. Ciò che si sa, è che dal 2013 il graduale riassetto dell’istituto e la contestuale riforma della compliance hanno portato alla chiusura di 3.555 rapporti, di cui 755 con clienti “laici” e 2600 di conti dormienti. Ad oggi la banca della Santa Sede ha 19mila conti attivi, quasi la metà rispetto ai 33mila del 2012. 

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