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sabato 5 Ottobre 2024
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La crisi dell’accertamento sintetico

L’esortazione a scovare l’evasione presso i grandi contribuenti, riproposta puntualmente ad ogni tornata elettorale, rischia di distogliere l’attenzione dalla posizione critica di professionisti, artisti e medio-piccoli contribuenti, ben illustrata dalle statistiche sulle dichiarazioni del 2022 pubblicate dal Dipartimento delle finanze.

A differenza dei bilanci delle società, la cui attendibilità è presidiata, ancor prima che dai controlli dell’amministrazione finanziaria, dai vari stakeholders e da un robusto apparato di norme civili e penali, le scritture contabili dei restanti contribuenti, redatte per finalità essenzialmente fiscali, molto più spesso si rivelano inaffidabili. Da qui la scarsa proficuità degli accertamenti analitico-contabili, ossia basati sulle risultanze delle scritture contabili tenute da piccoli e medi contribuenti. Tuttavia l’esigenza di incrementare l’efficacia dei controlli facendo uso di strumenti presuntivi, avvertita come alternativa all’illusione di contrastare su base analitico-documentale l’evasione diffusa nella vasta platea dei menzionati contribuenti, è tuttora senza risposta. Il mito della certezza del diritto si frappone puntualmente ad ogni tentativo di affrontare con realismo e buon senso, così come avviene in tutti i paesi occidentali, il tema dell’accertamento induttivo o sintetico del reddito delle persone fisiche. Basti pensare all’affossamento degli studi di settore, barattati con la definizione di strumenti di mera selezione dei controlli (ISA), oppure alle traversie del redditometro che hanno fin qui ostacolato l’accertamento sintetico.  

Il recente ripensamento del governo che ha rinviato l’entrata in vigore del redditometro approvato con il D.M. 7 maggio 2024, ripropone l’annosa ed irrisolta questione dell’evasione delle persone fisiche, cui neppure la riforma fiscale, incentrata sulla tutela dei diritti del contribuente, sembra riservare attenzioni che vadano oltre l’introduzione del concordato preventivo.

Nella originaria versione del D.M. 10 settembre 1992 il redditometro intercettava la capacità contributiva induttivamente espressa dalla “disponibilità” di pochi beni e servizi (aeromobili, imbarcazioni da diporto, autoveicoli, roulottes, residenze, colf, cavalli da corsa e assicurazioni), particolarmente significativi della capacità contributiva delle persone fisiche. In quel contesto, l’accertamento sintetico era realisticamente proposto come strumento residuale, da utilizzare solo in caso di infruttuosità dell’accertamento condotto sulle singole categorie reddituali, rispetto al quale la determinazione sintetica subentrava in ultima istanza, come extrema ratio.

Con il proposito di superare la connotazione presuntiva della soluzione iniziale, il D.L. n. 78 del 2010 ha inteso affinare il redditometro, facendone strumento di controllo massivo basato sulla ricognizione analitica di qualsivoglia manifestazione di spesa. Da qui il redditometro varato con il D.M. 24 dicembre 2012 che converte in reddito, in aggiunta alle spese desumibili dalle risultanze dell’anagrafe tributaria, le spese minime presunte ricavate dalle ricognizioni ISTAT, oltre agli investimenti e ai risparmi. Nonostante le ampie aspettative di gettito, quantificate in 815 milioni di euro per il solo anno 2013, il nuovo accertamento sintetico ha avuto scarsa applicazione assicurando gettiti irrisori (appena 300 mila euro nell’anno 2022). Benché non abbia mai turbato i piani degli evasori, nel 2018 il redditometro è stato “ritirato” dal governo che, dietro la capillare ricognizione delle manifestazioni di spesa, ha intravisto l’ombra del grande fratello. Infine, il redditometro introdotto con il menzionato D.M. 7 maggio 2024, oggetto della recente sospensione, ripropone nella sostanza la medesima struttura della precedente versione.

In vista di una prossima riattivazione, occorre interrogarsi sulla effettiva idoneità del menzionato redditometro a contrastare l’evasione delle persone fisiche e, in particolare, sulle motivazioni che ne hanno accompagnato l’approvazione nel 2013 nella convinzione che il metodo analitico di ricognizione delle manifestazioni di spesa, potesse sottrarsi agli inconvenienti del precedente redditometro di stampo presuntivo.

Se si guarda alle implicazioni operative del redditometro attualmente sospeso, non è dato coltivare tante illusioni. Prima di tutto perché le più significative manifestazioni di spesa solitamente vengono intestate a società e, conseguentemente, non possono essere imputate ai soci quali effettivi beneficiari, senza avvalersi di presunzioni che, allo stato, non sono ammesse. Allo stesso modo, le spese per beni e servizi relativi all’attività d’impresa o all’esercizio di arti e professioni, per espressa previsione di legge, “non si considerano sostenute dalla persona fisica”. Così circoscritto l’ambito operativo del redditometro, si osserva che la conversione in reddito della minuziosa e analitica ricognizione delle residue manifestazioni di spesa non è immune da passaggi presuntivi né da difficoltà operative.

Basti pensare alla valorizzazione del paniere estremamente dettagliato di spese medie rilevate dall’ISTAT e attribuite in via presuntiva ai singoli contribuenti (micro-acquisiti giornalieri, come ticket bus, alimentari, bevande, abbigliamento e finanche il fitto figurativo per chi non è proprietario, né affittuario di un’abitazione) oppure agli investimenti che esprimono redditi imputati integralmente, sempre in via presuntiva, all’anno in cui sono realizzati o al contribuente che sostiene spese in virtù di redditi accumulati e dichiarati in anni precedenti. Si pensi ancora  alla difficoltà del contribuente di superare le presunzioni del redditometro fornendo prova documentale della provenienza da terzi dei fondi impegnati nelle spese oppure alla difficoltà dell’amministrazione di gestire l’accertamento sintetico nei confronti del contribuente integrato in una famiglia legittima o di fatto, stante la necessità di imputare ai singoli componenti le spese sostenute dal complesso dei familiari oppure di giustificare le sottostanti manifestazioni finanziare mediante redditi dichiarati da altri componenti della famiglia o da parenti e affini.  Le difficoltà di gestione della massa di elementi individuati dal redditometro sono tali e tante da far rimpiangere il primo redditometro che, nel trasformare in reddito la “disponibilità” di pochi e significativi beni, aveva almeno il pregio di risultare più semplice e comprensibile.

È tuttavia imprescindibile e connaturale all’accertamento sintetico la necessità di valorizzare il contenuto induttivo di determinati elementi indicativi di capacità contributiva. Inseguire al riguardo il mito della certezza del diritto per accreditare improbabili redditometri che prescindano dall’impiego di presunzioni è fuorviante non meno del proponimento di affidare all’intelligenza artificiale le sorti dell’accertamento sintetico.

Al contrario, si richiede un approccio realistico che metta l’amministrazione finanziaria al centro della dinamica dei controlli. Se dotata delle risorse necessarie, l’amministrazione è senz’altro in grado di gestire responsabilmente i controlli nei confronti delle persone fisiche, avvalendosi degli elementi anche presuntivi forniti dal sistema informativo e validati in contraddittorio con il contribuente. Senza coltivare facili entusiasmi e al riparo dagli automatismi che, esautorando il ruolo dell’amministrazione, finirebbero per assecondare i disegni degli evasori più attrezzati.

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