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mercoledì 30 Aprile 2025
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Le armi spuntate del fisco, confisca per equivalente mai applicata

Per i contribuenti che non dichiarano al fisco beni o investimenti detenuti all’estero la legge prevede, come sanzione accessoria, la confisca di beni posseduti in Italia di valore equivalente a quelli occultati. Una sanzione introdotta 10 anni fa e finora mai applicata perchè mancano le norme attuative.

Di Oreste Saccone 

Nei primi 9 mesi del 2011 la  Guardia di Finanza ha accertato 1,591 miliardi di euro, grazie alle quattro liste di cittadini italiani scoperte in paradisi fiscali Falciani (572 milioni), Pessina (584 milioni), San Marino/Forlì ( 428 milioni )  e Kunde liste (1,7 milioni )[1].  Tutte somme che potrebbero ricadere nella norma che prevede la ‘confisca per equivalente’ in Italia di un pari importo pari a quello occultato a carico dei soggetti che si sono sottratti alla corretta contribuzione fiscale. Ma finora nessuno degli evasori che ha portato i soldi all’estero ha subito la confisca di beni in Italia. E la ragione, per quanto possa sembrare paradossale, è che a 10 anni dal varo della norma, ancora mancano i provvedimenti attuativi. O meglio, siamo ancora una volta di fronte a una norma ‘manifesto’ data in pasto ai contribuenti onesti al momento del varo dello scudo fiscale per prenderli in giro doppiamente. Condonando gli evasori e facendo credere che in futuro chi persevera sarà colpito con più severità.

La storia della “confisca per equivalente” in campo tributario.  Dieci anni fa il Governo Berlusconi –Tremonti inventò lo scudo fiscale, che consentì la regolarizzazione dei capitali occultati dai vip all’estero, pagando quattro soldi e garantendo l’impunità e l’anonimato. Fu un grande successo[2].. Il gettito relativo  fu di circa 2,4 miliardi di euro . Con la stessa legge, a futura memoria,il legislatore dell’epoca inasprì, le sanzioni per i futuri evasori. Per coloro che detengono investimenti e attività all’estero non dichiarate, (oltre alla sanzione principale, che – oggi – va dal 50 al 100% delle somme non dichiarate) è stata prevista la confisca “ di beni di corrispondente valore” [3]. Ma fatta la norma il governo si gurdò bene dal renderla esecutiva facendone in pratica un’arma caricata a salve. A 10 anni dal varo della norma mancano ancora le disposizioni attuative necessarie per disciplinare le procedure di confisca, i criteri di individuazione e di valutazione dei beni da confiscare, l’autorità giudiziaria competente a decidere le eventuali controversie. In concreto, la disposizione è inapplicabile.

Dopo otto anni dal primo scudo, lo stesso Governo e la stessa maggioranza nel 2009 hanno varato lo scudo-ter.  Lo scudo fiscale del 2001 ha fatto scuola e ha fatto aumentare in modo rilevante il numero di  contribuenti che hanno ritenuto conveniente portare i soldi in nero all’estero, anche tra i contribuenti medio-piccoli, in attesa di un altro scudo. Difatti allo scudo-ter hanno aderito circa 200.000 soggetti , che si sono assicurati l’anonimato e l’impunità fiscale versando il 5% delle somme occultate all’estero .Sono stati rimpatriati o regolarizzati complessivamente capitali per 105  miliardi di euro e il gettito incassato dall’erario[4] è stato poco più di 5 miliardi.  L’ammontare medio delle somme rimpatriate o regolarizzate è stato di circa 500.000 euro, quasi la metà dei 900.000 euro riscontrati con gli altri due scudi’.

Anche in occasione dello scudo-tre il governo ha fatto la voce grossa prevedendo il rafforzamento dei poteri di contrasto ai fenomeni di evasione fiscale internazionale. In particolare è stata previsto che gli investimenti e le attività finanziarie detenute illecitamente in paradisi fiscali si presumono costituiti da redditi sottratti a tassazione in Italia, salvo che l’interessato non sia in grado di fornire la prova contraria. Sono stati , inoltre,  raddoppiati le relative sanzioni e i termini per l’accertamento. Ma contrariamente alle aspettative, non sono state emanate le disposizioni che consentono la concreta applicazione della confisca per equivalente di beni (immobili, auto, imbarcazioni, contanti, depositi bancari, titoli ed altro)  posseduti in Italia dai vip beccati con le mani nel sacco all’estero. Quest’anno ricorre il decennale dal primo scudo, c’è la crisi con la C maiuscola, la stampa economica ci fa sapere che i forzieri delle banche svizzere sono di nuovo  piene di capitali italiani, ma della “confisca per equivalente” si è persa ogni traccia.

 

Note:



[1] (Audizione del Comandante del Corpo della Guardia di finanza alla Commissione Finanze del Senato in data 8.11.2011.

[2] Lo scudo uno ( 2001) e lo scudo due ( 2003) prevedevano  rispettivamente il versamento di una somma pari al 2,5% e al 4% delle somme regolarizzate o rimpatriate. Complessivamente i capitali emersi ammontarono a 78 miliardi di euro

[3] Ai sensi dell’art.5, comma  4 , dl 167/90, modificato dall’art. 19 del dl. 25.9.2001, n. 350 .

[4] Si fa riferimento allo scudo ter e al quater , quest’ultimo  ha riaperto i termini  del precedente con un’aliquota poco maggiore ( anziché il 5%, il 7%).{jcomments on}

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