Il premier annuncia ritocco all’insù del limite al contante nella legge di stabilità che sarà presentata giovedì in Consiglio dei ministri. Confermati sgravi su assunzioni ed edilizia, previsto bonus per acquisto macchinari. Ma all’appello mancano le coperture.
Abolizione della Tasi e stop a Imu su prima casa, terreni agricoli e “imbullonati”. Ma anche una super deduzione del 140 per cento per i macchinari acquistati tra ottobre 2015 e la fine del prossimo anno e il possibile anticipo al 2016 del taglio dell’Ires di due, massimo 3,5 punti. Queste alcune delle misure previste nella legge di Stabilità 2016 che sarà presentata giovedì in Cdm. Nella quale dovrebbe trovare spazio anche l’innalzamento del tetto all’uso del contante da mille a tremila euro, come dichiarato quest’oggi dallo stesso premier Renzi a Rtl 102.5. Per la soglia, introdotta l’ultima volta dal governo Monti col decreto Salva Italia, si tratta della sesta modifica in sette anni.
Sugli altri fronti, prevista la proroga di un ulteriore anno degli incentivi per ristrutturazioni edilizie (al 50 per cento) e risparmio energetico (65%). E la conferma del bonus assunzioni, ma in forma più sobria rispetto allo scorso anno: sarà biennale anziché spalmato su tre anni ed avrà un tetto di 4mila euro (non più 8mila). Tra le novità anche un fondo da un miliardo per i nuclei familiari con minori a carico e in condizioni di povertà. Capitolo partite Iva: si cercano coperture per congelare anche per il 2016 i contributi Inps al 27,72% e sterilizzare l’incremento dei contributi (previsto dalla legge Fornero) a carico di professionisti e freelance iscritti alla gestione separata. Nel pacchetto dovrebbe rientrare l’innalzamento delle soglie dei ricavi previste nel regime dei minimi.
Coperture. Fin qui gli interventi in uscita. Ma resta il nodo delle coperture. Molto dipenderà da quanto Bruxelles concederà di manovrare in deficit. Perché sul bilancio gli spazi sono angusti, tenendo conto che dopo aver scongiurato il rincaro automatico dell’accisa sui carburanti resta da disinnescare l’aumento dal 10 al 12% dell’aliquota Iva a partire dal 2016 e dal 12 al 13 per cento dal primo gennaio 2017. Solo nel 2016 le clausole di salvaguardia ammontano a 16 miliardi, e non è escluso che il governo decida di neutralizzarle solo in parte rinviando la copertura agli anni successivi, anche se le clausole già previste per il 2017 (25,4 miliardi) e 2018 (da 28,2) impongono la massima cautela e sconsigliano di “prenotare” ulteriori entrate future.
Al netto della spada di Damocle da 70 miliardi rappresentata dalle clausole, resta poi da capire come verranno finanziati gli interventi di spesa. I dieci miliardi di tagli alla spesa ipotizzati nel Def di aprile restano un traguardo difficilmente raggiungibile; più realistico che si arrivi a recuperarne due, intervenendo da un lato sugli acquisti della Pa, con la riduzione delle stazioni appaltanti e l’applicazione delle tariffe stabilite dalla Consap; dall’altro sulle strutture centrali e periferiche dello Stato, con lo sfoltimento delle municipalizzate pubbliche e l’eliminazione degli uffici doppione, a partire dai dipartimenti delle autority che si sovrappongono con quelli dei ministeri. Altri tre miliardi dovrebbero essere risparmiati tenendo ferma a quota 110 miliardi la dotazione del Fondo sanitario nazionale, che andranno ad aggiungersi ai 3,3 miliardi derivanti dal maggior gettito atteso dalla lotta all’evasione fiscale. Tra le risorse c’è poi il gettito incassato con il meccanismo dello Split payment e quello, ancora estremamente aleatorio, derivante dalla voluntary disclosure. Ancora troppo poco, però. Ecco perché, tra le ipotesi sul tavolo, c’è quella di trasformare gli 80 euro da prestazione sociale a detrazione (e quindi minore entrata anziché maggiore spesa), garantendo una proporzionalità minima. Niente di più che un artificio, ma che sul piano contabile si tradurrebbe in una riduzione d’imposta e un taglio di spesa nell’ordine di 10 miliardi, esattamente come previsto nel Def di aprile.