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lunedì 10 Marzo 2025
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Mannheimer, chiusa l’inchiesta per evasione fiscale da 10 mln

L’accusa si riferisce agli anni dal 2005 al 2010. Secondo il pm fu proprio il presidente dell’Ispo l’ideatore della frode

Da un lato c’è il pentimento e la volontà di restituire “tutto quanto” il dovuto con un risarcimento che potrebbe favorire anche il patteggiamento della pena. Dall’altro c’è la linea dura della Procura di Milano che ha chiuso le indagini contestando a Renato Mannheimer, presidente dell’istituto di sondaggi Ispo, e di altre nove persone una presunta frode fiscale da circa 10 milioni di euro, realizzata attraverso uno schema di false fatture e società esistenti solo sulla carta, che avrebbe permesso al noto sondaggista di aggirare il Fisco e spostare denaro su conti esteri.

L’accusa. Mannheimer, in particolare, è accusato di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale e all’utilizzo di false fatture per operazioni inesistenti (per circa 30 milioni di euro) assieme ad altre quattro persone. Fra loro ci sono il commercialista Francesco Mario Merlo e due personaggi già indagati anche nel caso Finmeccanica con al centro la presunta tangente pagata a funzionari del governo indiano per aggiudicarsi la fornitura di 12 elicotteri Agusta-Westland: Carlo Gerosa e il tunisino Hedi Kamoun.

L’indagine. Le indagini hanno avuto origine da un’ispezione amministrativa antiriciclaggio che ha riguardato proprio il consulente Francesco Merlo.
Dall’attività investigativa è emerso che Merlo, che operava come fiduciario di Mannehimer, aveva ideato un giro di false fatturazioni, alcune che chiamavano in causa anche società estere inesistenti, con movimenti su conti correnti in banche di Lussemburgo, Svizzera e Antigua. Scopo delle false operazioni e dei movimenti bancari all’estero – sempre secondo l’accusa – era quello di frodare il fisco, consentendo a Mannheimer di evadere le imposte dovute (Ires e Iva) e di far rientrare i soldi dall’estero in Italia. E sarebbe stato proprio il noto sondaggista, secondo il pm, “l’ideatore e beneficiario dell’attività fraudolenta, posta in essere attraverso il consulente e commercialista Merlo” e tramite le cosiddette società “filtro” e una serie di società “cartiere” tunisine. Mannheimer, come scrive il pm, si sarebbe servito “al fine di evadere le imposte sui redditi e sull’Iva, nelle dichiarazioni fiscali societarie per gli anni dal 2004 al 2010” di fatture “per operazioni inesistenti utilizzate dalle società effettivamente operative da lui amministrate, emesse dalle società filtro”, e di “fatture per operazioni inesistenti utilizzate dalle società filtro da lui di fatto amministrate, emesse dalle società cartiere tunisine”. Il sondaggista, inoltre, avrebbe poi trasferito “il provento dell’evasione alle società cartiere tunisine per poi veicolare l’illecito profitto su conti a lui riconducibili radicati in Svizzera, in Antigua e Lussemburgo”. Intanto, il commercialista Merlo si sarebbe mosso “come fiduciario” del sondaggista, “incaricato della movimentazione del denaro frutto dell’attività illecita verso l’estero”. E nell’ambito del sistema di frode contestato sarebbero state emesse, scrive il pm, “fatture per operazioni inesistenti” anche “in relazione ad attività di ricerca sondaggistica in favore delle società realmente operative riconducibili a Mannheimer”. Kamoun, “referente per la Tunisia” del presidente dell’Ispo, avrebbe invece ricevuto “sui conti correnti tunisini il provento dell’attività illecita per poi veicolarlo, trattenuta la percentuale del 5 per cento, su conti correnti radicati in Svizzera e in Antigua”. E infine Gerosa, che vive a Lugano ed è indagato a Busto Arsizio come intermediario della presunta maxitangente da 51 milioni nel caso Finmeccanica, qui risponde “quale concorrente morale, ideatore – si legge nell’avviso di chiusura indagini – del meccanismo fraudolento, nonchè beneficiario di una percentuale pari al 2,5 per cento corrispostagli da Kamoun”.

Le ammissioni di Mannheimer. Interrogato dal pm nello scorso mese di dicembre, Mannheimer aveva poi fatto sapere di aver risposto «con franchezza a tutte le domande» e di aver compreso «appieno la natura delle contestazioni che gli sono rivolte». Davanti al pm, inoltre, il sondaggista, difeso dall’avvocato Mario Zanchetti, aveva manifestato «vivo dispiacere e sincero pentimento per essersi lasciato coinvolgere in atti di particolare gravità». E si era detto «intenzionato a fare in modo che sia restituito al fisco tutto quanto dovuto». Mannheimer aveva sottolineato anche «come, già da alcuni anni», sia lui personalmente che le sue società «siano totalmente rispettose della normativa fiscale». Il 17 aprile dello scorso anno, gli uomini del Nucleo di Polizia Valutaria di Milano della Guardia di Finanza avevano eseguito una serie di perquisizioni, anche nella sede dell’Ispo, disposte nell’ambito dell’inchiesta, giunta ora a conclusione. Ora Mannheimer punta a versare il dovuto al fisco e a patteggiare la pena nelle prossime settimane.

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