Il provvedimento introduce l’incompatibilità degli iscritti ad albi professionali con il ruolo di giudice tributario. Viene anche previsto il reclamo amministrativo obbligatorio per accedere al contenzioso per le liti sotto i 20.000 euro, mentre per le liti pendenti di pari importo arriva l’ennesima sanatoria. Misure destinate a incidere marginalmente sui problemi della giustizia tributaria
La manovra chiude la porta delle Commissioni tributarie agli iscritti agli albi professionali e introduce nuove regole sulle liti fiscali. Novità non risolutive, su cui aleggia, anzi, il dubbio che siano una semplice foglia di fico. La stretta sulle incompatibilità dei professionisti e la novità del “reclamo” amministrativo obbligatorio sembrano servire più a giustificare la sanatoria prevista sulle liti fiscali di valore non superiore a 20.000 euro pendenti al primo maggio 2011, piuttosto che a dare soluzioni reali ai problemi che affliggono i rapporti tra fisco e contribuente nei giudizi davanti ai giudici tributari.
La disposizione. L’iscrizione ad albi professionali diventa causa di incompatibilità con il ruolo di giudice tributario. Ad essere interessati avvocati, consulenti del lavoro, dottori commercialisti, geometri, architetti e ingegneri. Ma anche chi esercita consulenza tributaria, si occupa di tenere i conti o assiste i contribuenti. La stretta riguarda anche i familiari (coniugi, conviventi o i parenti fino al terzo grado) di coloro che sono iscritti in albi ed esercitano le attività in campo tributario e contabile.
Le altre novità. Dal primo ottobre gli avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate diventeranno esecutivi dopo 60 giorni dalla notifica e conterranno l’intimazione a pagare le somme indicate nell’atto entro il termine di presentazione del ricorso ( il pagamento si riduce ad un terzo della maggiore imposta accertata, nel caso in cui verrà proposto ricorso innanzi alla CTP). Decorsi 30 giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme non pagate sarà affidata ad Equitalia. Il dl sviluppo ha però previsto che l’esecuzione forzata verrà automaticamente sospesa per un periodo di 180 giorni dall’affidamento del carico all’esattore. Restano comunque possibili misure cautelari. Dal 1 aprile 2012 il reclamo diventerà il passaggio obbligatorio per contestare gli avvisi di accertamento emessi, se la pretesa risulta di valore inferiore ai 20mila euro. Se l’ufficio accoglie le ragioni che il contribuente espone l’atto può essere annullato, in toto o in parte; altrimenti un apposito ufficio dell’Agenzia, diverso da quello che ha notificato l’accertamento, può formulare una proposta di mediazione. Qualora entrambi i mezzi falliscano, non resta che dare inizio al processo tributario.
Si rischia la paralisi. Le novità non risolvono il problema. Prima fra tutte, la stretta sulle incompatibilità introdotte dalla manovra che, oltretutto, rischia anche di portare allo svuotamento delle Commissioni tributarie: fino a 3mila magistrati potrebbero lasciare i tribunali del fisco, bloccando di fatto l’attività dei collegi. Si parte dal presupposto della correttezza del principio che è dietro a questo provvedimento: è giusto rendere trasparente il meccanismo del processo tributario. Per evitare conflitti di interesse e casi di corruzione dunque ha senso la stretta che impedisce agli iscritti ad albi professionali di esercitare la funzione di giudice tributario. E’ la soluzione a risultare poco efficace: un concorso per 960 posti riservato solo a giudici di carriera (ordinari, amministrativi, militari e contabili), avvocati e procuratori dello Stato. L’effetto che si produce è un sovraccarico di lavoro per i magistrati che entrano a far parte del processo tributario come secondo lavoro e pagati a cottimo, con la conseguenza di togliere risorse agli altri processi (civili, penali, amministrativi) ben più lunghi e numerosi rispetto a quelli tributari e, notoriamente, con arretrati pazzeschi. Diverso sarebbe se si introducesse anche nel processo tributario il giudice togato. Gli stessi soldi attualmente spesi per il funzionamento delle Commissioni Tributarie potrebbero essere utilizzati per l’assunzione di altri giudici togati da destinare a tempo pieno al processo tributario. Magari prevedendo in primo grado la figura del giudice monocratico, in luogo del collegio composto da tre giudici. Quindi giudici togati a tempo pieno, non più giudici di serie “B”, pagati a sentenza e come secondo o terzo lavoro. L’idea insomma è che anche la magistratura tributaria entri a pieno titolo tra le fila della magistratura ordinaria.