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martedì 29 Aprile 2025
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Maradona: ora il debito con il fisco italiano potrebbe passare ai suoi eredi

Diego Armando Maradona è stato un grande evasore del fisco italiano? Per i giudici tributari che hanno seguito il suo caso per anni si. La scomparsa dell’ex calciatore è arrivata prima che il suo contenzioso si potesse definire nell’ultimo grado di giudizio fissato per il 2021.  In questi anni le azioni nei sui confronti si sono di fatto limitate a un esilio forzato del Pibe de oro dalla sua patria adottiva e ogni suo sbarco più o meno clandestino si è trasformato in una farsa. Appena messo piede sul suolo italiano ad attenderlo trovava un finanziere che gli sequestrava qualsiasi cosa di valore portasse addosso. Solo una volta il gioco a guardia e ladri tra Maratona e le autorità italiane è sfociato nel penale. E’ successo nel 2012 quando, secondo l’accusa, il giocatore nel corso di una intervista aveva rilasciato dichiarazioni  considerate offensive “della reputazione di Equitalia Spa e del presidente dell’epoca, Attilio Befera.

L’inchiesta, riferisce il Sole 24 Ore in una cronaca dell’epoca, era nata a Roma ma il tribunale capitolino si era dichiarato incompetente e aveva trasmesso gli atti alla Procura di Cassino, dove un giornale locale aveva per primo ripreso l’intervista a Maradona in cui, raccontando del suo contenzioso con l’Erario italiano, chiedeva “un fisco giusto e dal volto umano”. L’ex calciatore si rese protagonista anche di una “polemica simbolica” nel corso di “Che Tempo che fa”, su Raitre, intervistato da Fabio Fazio, facendo il gesto dell’ombrello al Fisco. Accuse archiviate dalla procura di Cassino perché non penalmente rilevanti.

Restava intatto invece il debito vantato dal fisco nei confronti del campione argentino,  nato nel 1991 da una sequenza di accertamenti e cartelle – notificate con difficoltà visto che Maradona si era già allontanato da Napoli – alla quale sono seguite diverse sentenze emesse dalle commissioni tributarie e dalla Cassazione. Alla base ci sono sei avvisi di accertamento Irpef relativi agli anni dal 1985 al 1990 per 13 miliardi di lire, lievitati a oltre 40 milioni di euro a causa di interessi e sanzioni accumulatisi nel tempo. Gli ispettori del fisco contestavano a Maradona e alla società sponsor la prassi consolidata a quel tempo da parte dei club calcistici, di corrispondere oltre all’ingaggio una quota di compensi per lo sfruttamento dei diritti d’immagine attraverso società terze con sedi all’estero. Come la Diego Armando Maradona Productions establishment con sede a Vaduz.

Per il fisco e il giudice tributario di primo grado (decisione n. 3230/93) si trattava di una truffa, consistente in un “interposizione fittizia” della società sponsor che permetteva ai giocatori di pagare meno imposte e alla società di risparmiare sulle ritenute alla fonte. La Commissione di secondo grado ha ribaltato il verdetto nei confronti di due altri calciatori coinvolti, ritenendo non provato in quei casi il diretto passaggio delle somme dalla società sportiva ai giocatori e quindi l’interposizione fittizia. Giudizio positivo però che non ha interessato Maradona.  Non aveva presentato ricorso e i giudici tributari hanno rifiutato di estendere la cancellazione ai sei accertamenti sul capo del campione argentino in base al principio di solidarietà, come richiesto dai suoi avvocati.  Ora gli eredi potrebbero essere chiamati in caso di condanna definitiva a saldare il debito con il fisco. Ma solo se accetteranno l’eredità.

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