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martedì 29 Aprile 2025
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Mediazione tributaria, irragionevole duplicazione di definizione bonaria

Ingabbiata in eccessive  regole procedimentali la mediazione tributaria risulta priva della caratteristica fondamentale di strumento agile per ridurre il contenzioso. Affidata alla gestione dell’Agenzia delle entrate e priva della figura del mediatore super partes rappresenta un duplicato di strumenti deflattivi delle liti già presenti nell’ordinamento.

di Ipazia

La mediazione tributaria che dallo scorso primo aprile ha fatto ingresso nel sistema fiscale(1), si presenta come un istituto ibrido con significativi elementi di irragionevolezza. Anzitutto va sottolineato che Il legislatore fiscale nell’accedere alla soluzione stragiudiziale delle controversie  come valida possibilità deflattiva della volumetrica piaga del contenzioso, ha indicato un iter, doviziosamente descritto nella circolare n. 9 del 19 marzo scorso, particolarmente rigido che finisce per snaturare l’istituto che per sua natura si caratterizza agile e poco burocratico. Senza scendere nel dettaglio della procedura (peraltro già descritta in altro articolo pubblicato nella rivista)  né esprimere valutazioni sulla sua tortuosità né sulla applicazione ad uno strumento informale per antonomasia di mordacchie procedimentali, è opportuno evidenziare che nel nostro ordinamento esistono da tempo altri istituti di risoluzione “bonaria”, come ad esempio la procedura di adesione, relativamente alla quale la mediazione si traduce in una irragionevole duplicazione di definizione stragiudiziale con diversi effetti sulla riduzione della sanzione. Per non parlare dell’iniquo diritto di difesa riservato al contribuente, obbligato ad anticipare tutta la strategia difensiva che adotterebbe in sede contenziosa. In sostanza è stato creato una sorta di ‘mostro’ senza alcun rispetto per le categorie giuridiche.

Mediazione è un termine omofono, l’italianizzazione dell’anglosassone mediation, con il quale si definisce opportunamente   un metodo di Adr (alternative dispute resolution) quale quello  recentemente introdotto in ambito civile e commerciale dove –  dopo anni di studi e analisi sulla validità di tali strumenti come unica possibilità di risoluzione della paralisi dei tribunali (triste piaga che condividiamo con molti Paesi ma per la quale vantiamo un primato di tutto rispetto (monetizzabile in ben 4 punti di Pil stando al rapporto pubbllicato dalla banca d’Italia il 31 maggio 2011 – ha avuto una disciplina organica (recata dai Dlgs  n. 28/2010 e  Dm n. 180/2010 come modificato dal Dm n. 145/2011 )  anche nel nostro Paese, in applicazione del richiamo contenuto nella direttiva n. 52/2008.

In ambito tributario la naturalizzazione dell’accezione mediation sembra una manifestazione di diritto promozionale, adesiva all’onda mediatica  prodotta dalla mediazione civilistica piuttosto che a ciò che essa a stretto rigore rappresenta. La mediazione è un preciso strumento, con caratteri e contenuti propri, passibile di applicazione in vari settori del diritto (civile, penale, commerciale, amministrativo, fiscale) ma sempre e comunque con le medesime modalità e caratteristiche. La mediazione è un metodo rapido, informale, economico: un procedimento per tali peculiarità  alternativo alla giurisdizione collassata.

Le fasi della  mediazione sono strutturate elasticamente entro i due margini di inizio (determinato  dall’attivazione di un’istanza: indipendente o in attuazione di una clausola contrattuale o di un accordo privato quale elemento di un programma endoprocessuale)  e di conclusione (definita con un verbale di accordo o di non accordo  tra le parti in lite).

Il mediatore è un professionista iscritto in un registro pubblico e, come tale,  tenuto  dell’adempimento degli obblighi imposti dalla normativa antiriciclaggio In tutti gli ordinamenti per i vari  settori del diritto e in tutte le metodiche convenzionali ad essi applicate ( non dimentichiamo che anche nel nostro diritto medioevale e in tempi più vicini, sullo scorrere del secolo scorso, l’ordinamento aveva riconosciuto l’eccellenza della conciliazione) presenti sul pianeta la mediazione è condotta da un soggetto (il mediatore) terzo e super partes  che svolge la funzione di assistente/facilitatore nel raggiungimento della soluzione negoziata. Imparzialità e indipendenza sono gli attributi imprescindibili del mediatore nell’ambito del procedimento di Adr perché questo possa essere qualificato come  mediazione. Non esistono equipollenti e quanto non possegga tali attributi mediazione non è.

La mediazione tributaria è, invece, gestita da apposite strutture (arbitre di se stesse) appartenenti all’Agenzia delle entrate, seppure diverse ed autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili.

Da legittimista oltre che da purista ritengo che il legislatore fiscale avrebbe potuto utilizzare il termine conciliazione, proprio della nostra cultura conciliativa, perché coerente con ciò che veramente è lo strumento predisposto in ambito tributario. Il termine “conciliation”, infatti, possiede due accezioni diverse: nei Paesi di Common law individua il tentativo di una parte, solitamente ma non necessariamente neutrale, di incoraggiare la negoziazione e il raggiungimento della soluzione della vertenza, mentre nella prassi commerciale internazionale con essa si qualificano le forme di intervento non aggiudicative.

Se in questa stagione di pancontrattualismo il legislatore intende promozionare la negozialità per rilanciare lo sviluppo e la competitività del Paese ben venga a patto, però, che non si snaturino gli istituti e le categorie giuridiche che non rispondono alla logica da mihi factum, dabo tibi jus.



[1] Ai sensi dell’articolo 39, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito,con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha inserito nel decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, l’articolo 17-bis, rubricato “Il reclamo e la mediazione”.

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