Il fuoriclasse è accusato assieme al padre di aver frodato il fisco spagnolo, rigettato il ricorso della pulce: “non poteva non sapere”.
Tante cose uniscono Diego Armando Maradona e Lionel Messi. Il mancino vellutato, le serpentine a mille all’ora palla al piede, il dieci sulle spalle. Ma c’è anche un’altra cosa che li lega: i guai con il Fisco. Che, se per il Pibe de Oro sembrano non finire mai, per la “Pulce” argentina sono appena iniziati. Sia Leo che il padre Jorge Messi andranno a processo: lo ha deciso la Procura di Barcellona, che nel respingere il ricorso ha rinviato entrambi a giudizio con l’accusa di frode fiscale per complessivi 4,1 milioni di euro. Il fuoriclasse blaugrana, attraverso il padre-manager, avrebbe infatti creato una galassia di società fittizie in giro per il mondo, dalla Svizzera alla Gran Bretagna, dall’Uruguay al Belize, in cui sarebbero confluiti i proventi per i diritti d’immagine percepiti tra il 2007 e il 2009. Il tutto, secondo i giudici, per dribblare la tassazione spagnola. Il caso vuole che la tattica somigli molto a quella già utilizzata anni prima da Maradona: anche lui, con la complicità del Napoli, cercò di schivare il Fisco italiano indirizzando i compensi per lo sfruttamento dei diritti d’immagine alla “Maradona Productions” con sede a Vaduz, in Liechtenstein.
L’autogol col Fisco. Probabile a questo punto che la vicenda si concluda con un patteggiamento. Soluzione gradita al calciatore, che già un anno fa provò senza successo a chiudere la controversia versando circa 5 milioni di euro nelle casse dell’erario spagnolo. Un’ipotesi probabile ma non scontata, anche perché sulla questione i magistrati catalani vogliono vederci chiaro e finora hanno respinto le tesi difensive sostenendo che il fuoriclasse argentino “non poteva non sapere” dello schema evasivo messo in piedi dal padre. Dal canto suo, Jorge Messi abbozza un timido mea culpa “per non aver controllato abbastanza attentamente quello che facevano i suoi consulenti”, senza però coricarsi in toto la responsabilità dell’accaduto sulle spalle.
Campioni nel pallone. Da un fuoriclasse all’altro, sempre con il Fisco di mezzo. Anche Antonio Cassano potrebbe presto seguire le orme giudiziarie del dieci catalano. Il sostituto procuratore Antonio di Maio in questi giorni dovrebbe chiudere le indagini nei confronti del fantasista barese, in attesa di capire se il Gup riterrà necessario l’avvio del processo. Il reato ipotizzato è di dichiarazione infedele relativo al 2006, anno in cui Cassano giocava nelle file del Real Madrid. Per gli inquirenti il calciatore non avrebbe dichiarato una parte dello stipendio “galactico” da 8 milioni di euro percepito nell’unico anno in cui ha vestito la maglia delle merengues.