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lunedì 10 Marzo 2025
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Non prededucibili i compensi professionali nel concordato semplificato

Tra le principali novità introdotte con il Codice della Crisi e dell’Impresa e dell’Insolvenza vi è la composizione negoziata della crisi e una nuova procedura, strettamente legata a quest’ultima, denominata “concordato semplificato”.

Questa ultima tipologia di concordato presenta caratteristiche peculiari che la distinguono nettamente dal concordato “classico”, tra cui il fatto che non è prevista la fase di ammissione, è esclusa la figura del commissario giudiziale (sostituita da quella dell’ausiliario), non è riconosciuto il diritto di voto ai creditori e non è richiesto al debitore di garantire una percentuale minima di soddisfacimento ai chirografari nonostante l’impianto liquidatorio dello strumento.

Non si tratta di una procedura concorsuale autonoma. E infatti l’imprenditore in stato di crisi o insolvenza non potrà depositare direttamente la domanda di omologazione del concordato semplificato, in quanto il deposito della domanda è subordinato al previo esperimento della composizione negoziata.

Per considerare verificatasi la condizione di accesso al concordato semplificato non è comunque sufficiente il mero accesso alla composizione negoziata. È infatti, altresì, necessario che l’esperto abbia ravvisato inizialmente concrete prospettive di risanamento  e che ciononostante le possibili soluzioni (negoziali e non) si siano rivelate concretamente impraticabili.

La verifica sulla sussistenza di tali requisiti (compreso lo svolgimento delle trattative secondo correttezza e buona fede) è demandata al Tribunale.

In un tale contesto, la Corte d’Appello di Trieste, Sez. II, con il Decreto 21/03/2024, n. 140, ha chiarito un aspetto rilevante relativo a tale procedura.

Nel caso in esame, il Tribunale di Udine aveva infatti dichiarato inammissibile il ricorso per omologazione di una proposta di concordato semplificato, formulata da una S.N.C. nonché dai soci illimitatamente responsabili, evidenziando che la stessa proposta – che si fondava sull’attivo presumibilmente ricavabile dall’esecuzione del piano ad essa sotteso (circa Euro 460.000,00 a fronte di un passivo concordatario di oltre Euro 1.600.000,00), prevedeva:

a) il soddisfacimento integrale dei creditori prededucibili (in cui erano stati inseriti anche i compensi dei professionisti per la predisposizione del ricorso e del piano);

b) l’ampia falcidia dei crediti di rango privilegiato ed in particolare di quello Erariale e di quello dei dipendenti per TFR, nonché la non completa soddisfazione del credito ipotecario.

Affermava, tra le altre, il Tribunale che tale proposta era inammissibile sia perchè l’art. 6 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) non contemplava i crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato semplificato e sia perché, comunque, la società ricorrente già versava, al momento della presentazione della domanda di accesso alla composizione negoziata della crisi, in una palese situazione di insolvenza irreversibile, dovendo, a suo avviso, l’art.12, comma 1, CCII, essere interpretato nel senso che l’imprenditore poteva accedere al concordato semplificato solo se non si fosse trovato in stato di insolvenza già attuale.

Avverso tale decreto la società ricorrente e i soci proponevano ricorso, censurando la decisione laddove il Tribunale aveva ritenuto inammissibile il ricorso con riguardo alla prevista prededucibilità dei crediti professionali, avendo, a loro avviso, tale interpretazione come conseguenza il trattamento difforme di situazioni analoghe, con ingiustificata disparità di trattamento rispetto, ad esempio, alla posizione del professionista che assiste l’imprenditore nel concordato preventivo.

Inoltre, secondo i ricorrenti, la decisione era censurabile laddove il Tribunale aveva ritenuto inammissibile la proposta di concordato semplificato perché la società già versava in stato di insolvenza, tenuto conto del chiaro disposto dell’art. 12 CCII, che consente espressamente all’imprenditore di chiedere la nomina dell’Esperto nel caso in cui si trovi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendano probabile la crisi o l’insolvenza, nonché dell’orientamento della giurisprudenza maggioritaria secondo cui l’insolvenza non pregiudica l’accesso alla composizione negoziata per la soluzione della crisi, a patto che tale condizione risulti reversibile mediante interventi di risanamento utili al ripristino della solvibilità.

Secondo la Corte d’Appello il reclamo era infondato.

I giudici di secondo grado ritengono comunque che le argomentazioni del Tribunale a favore della tesi più restrittiva, secondo cui tale tipologia di concordato sarebbe preclusa agli imprenditori che, al momento della domanda di accesso alla composizione negoziata, si trovano in una situazione di insolvenza soggettivamente irreversibile, non fossero convincenti, laddove, come già osservato (cfr., Tribunale di Bologna 08/11/2022), il sostantivo “probabilità” si rivolge sia allo stato di crisi che allo stato di insolvenza mettendoli sullo stesso piano, essendo decisiva la sola circostanza che il risanamento dell’impresa risulti ragionevolmente perseguibile.

Del resto, aggiunge la Corte, il concordato semplificato costituisce una extrema ratio, nel senso che può essere richiesto solo quando, preso atto della impossibilità di un accordo con i creditori o comunque di trovare altre soluzioni concordate, rimane quale unica strada percorribile quella della liquidazione del patrimonio per evitare la liquidazione giudiziale, che l’insolvenza presuppone (cfr., Cass. 9730/2023).

Pertanto, concludeva sul punto la Corte d’Appello, diversamente da quanto argomentato dal Tribunale, andava ritenuto che lo stato di insolvenza non precludesse l’accesso al concordato semplificato.

Viceversa, la Corte condivideva la decisione del Tribunale laddove aveva ritenuto che il concordato fosse inammissibile in quanto prevedeva la prededucibilità dei crediti professionali sorti in funzione proprio della presentazione della domanda di concordato semplificato.

A tal proposito i giudici evidenziano infatti che:

a) le disposizioni sulla prededuzione sono norme di stretta interpretazione, perché derogano alle regole del concorso;

b) al concordato semplificato non possano applicarsi per analogia le norme del concordato preventivo, poiché, pur rientrando nell’alveo delle procedure concorsuali, questo è uno strumento a sé stante, con norme proprie;

c) non era del resto pensabile, anche sotto il profilo della ragionevolezza, e non corrispondeva comunque alla ratio dello strumento (di salvataggio in condizioni estreme, senza che i creditori lo possano votare) che fosse riservato ai soli professionisti il diritto ad ottenere il rimborso integrale dei crediti, mentre tutti gli altri creditori (privi del diritto di voto), compreso l’Erario, devono sottostare a condizioni particolarmente svantaggiose.

Insomma, anche tali procedure, se non ben “governate” possono diventare facili strumenti di abuso.

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