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lunedì 10 Marzo 2025
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Omesso versamento per crisi di liquidita’: no penale solo se per cause indipendenti da volontà imprenditore

La Corte di Cassazione, Sez. Penale, con la Sentenza n. 15942 del 17.04.2024, ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di crisi di liquidità ed esimente penale quanto ai reati di omesso versamento, affermando che l’inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore, che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio.

La rilevanza della crisi di liquidità del debitore ai fini dell’esclusione della colpevolezza va dunque limitata ai casi di crisi di liquidità non imputabile al debitore stesso e comunque con la dimostrazione che siano state adottate tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo, anche attingendo al patrimonio personale.

Nel caso di specie, la Corte d’appello, in accoglimento dell’appello del Procuratore generale, e in riforma della sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale, aveva condannato l’imputato alla pena di mesi sei di reclusione in relazione al reato di cui all’art. 10 ter D.Lgs. n. 74 del 2000, per non avere questi versato, nel termine di legge, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale per il 2013.

Il Tribunale aveva invece assolto l’imputato, quale legale rappresentante della omonima ditta individuale, ritenendo sussistente l’esimente della forza maggiore ex art. 45 cod. pen.

In particolare, il Tribunale aveva dato rilievo ad un triplice ordine di fattori: anzitutto, la contrazione del mercato immobiliare nell’ambito del quale l’impresa operava; in secondo luogo, l’attivazione dell’imputato al fine di porre rimedio alla crisi finanziaria, anche intraprendendo commesse in nuovi settori; e, infine, la scelta dell’imputato di utilizzare la liquidità derivante dalle nuove commesse per pagare gli stipendi dei dipendenti, nonché i debiti INPS e INAIL, scelta da ritenersi “obbligata” al fine di garantire la sopravvivenza dell’impresa.

In ragione di tali elementi, il primo giudice aveva quindi escluso la sussistenza del dolo ed accolto la tesi difensiva in ordine alla presenza dei requisiti oggettivi e soggettivi della forza maggiore.

Il giudice di secondo grado non condivideva però tale linea, evidenziando come fosse a suo avviso sussistente il dolo generico del reato di omesso versamento Iva, integrato dalla coscienza e volontà di omettere i versamenti dovuti, laddove, in caso di reati omissivi propri come i delitti di omesso versamento, la causa di forza maggiore in grado di escludere il dolo doveva essere valutata al momento della consumazione del reato.

Secondo il giudice d’appello, pertanto, dedurre la crisi di liquidità quale fattore di causa di forza maggiore che esclude ex se l’intenzione di non adempiere costituiva un’operazione dogmaticamente errata, dato che fino a che vi è margine di scelta non può ritenersi sussistente tale esimente.

In definitiva, la mancanza di provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria era frutto di una scelta imprenditoriale consapevole, che, seppur volta a fronteggiare la crisi di liquidità, non poteva assurgere a causa di forza maggiore.

Avverso tale sentenza l’imputato proponeva infine ricorso per cassazione, deducendo, per quanto di interesse, che, al più, il suo comportamento poteva essere qualificato come imprudente, con integrazione però dell’elemento soggettivo della colpa e non del dolo.

Inoltre, ad avviso della difesa, non poteva ravvisarsi il dolo generico del reato, avendo il soggetto agente sì trattenuto l’IVA riscossa, ma nella convinzione di riuscire comunque ad onorare il proprio debito d’imposta attraverso gli introiti derivanti dalla prosecuzione dell’attività d’impresa, potendosi anche in questo caso ravvisare, al più, l’elemento soggettivo della colpa, non sufficiente però ad integrare il reato in esame.

Infine si deduceva che la “scelta” di non adempiere al debito d’imposta non poteva nella specie dirsi libera, essendo sì scelta consapevole ma obbligata, in quanto i pagamenti effettuati dall’imprenditore (nei confronti dei fornitori, dei dipendenti, dell’INPS e dell’INAIL) erano necessari per la prosecuzione dell’attività d’impresa.

Secondo la Suprema Corte il ricorso era infondato.

L’art. 10 -ter D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ricorda la Cassazione, punisce chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a Euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta.

Evidenziano i giudici di legittimità che si tratta di un reato omissivo ed istantaneo, che si consuma nel momento in cui scade il termine previsto dalla legge per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo. Ciò che rileva è, quindi, l’indicazione nella dichiarazione di un debito d’imposta e l’inadempimento alla conseguente e corrispondente obbligazione di pagamento, laddove la prova del dolo è insita nella presentazione della dichiarazione annuale dalla quale emerge quanto è dovuto a titolo di imposta.

Il debito verso il fisco relativo ai versamenti IVA è peraltro normalmente collegato al compimento delle operazioni imponibili, dal momento che, ogni qualvolta il soggetto d’imposta effettua tali operazioni, riscuote già dall’acquirente del bene o del servizio l’Iva dovuta, e,deve, quindi, tenerla accantonata per l’Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere l’obbligazione tributaria.

Quanto poi all’elemento soggettivo del reato, la Cassazione ribadisce che è in questi casi sufficiente il dolo generico, come appunto integrato dalla condotta omissiva posta in essere nella consapevolezza della sua illiceità, a nulla rilevando i motivi della scelta dell’agente di non versare il tributo.

Quanto, infine, ai profili di esclusione della colpevolezza, come detto, l’inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore, che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà, e solo quando venga dimostrato che sono state adottate tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo.

In conclusione e a prescindere dallo specifico caso processuale, giova evidenziare sul tema che garantirsi la liquidità necessaria omettendo il pagamento del debito tributario costituisce frutto di una precisa scelta, con la conseguenza che l’inadempimento della obbligazione tributaria non può dirsi attribuito a forza maggiore, atteso che la mancanza della provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione ha la sua origine in una precisa scelta di politica imprenditoriale.

Tale scelta, infatti, anche se dettata dalla volontà di garantire la continuità imprenditoriale, è comunque frutto di una deliberata volontà dell’imprenditore, essendo quindi giuridicamente ascrivibile al dolo generico (cfr., Cass., n. 2614 del 21/01/2014).

In definitiva, per escludere la colpevolezza invocando la crisi di liquidità è necessaria la prova che detta crisi non sia dipesa dalla scelta consapevole di non adempiere l’obbligo tributario, essendo inoltre necessaria la prova che la crisi finanziaria sia stata davvero imprevedibile e che l’imputato abbia adottato tutte le misure idonee per evitare l’omissione del pagamento.

Nel delitto di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto l’elemento soggettivo è rappresentato del resto, come visto, dal dolo generico, configurabile anche nella forma del dolo eventuale, non essendo richiesta la specifica finalità di evadere le imposte o di consentire l’evasione a terzi (cfr., Cass., 31/07/2023, n. 33430).

Affinchè sia integrato l’elemento soggettivo deve comunque sussistere in capo all’imputato la piena consapevolezza della illiceità della condotta, non essendo il dolo integrato dall’omesso pagamento in sè, bensì dalla scelta consapevole di porre in essere la condotta illecita rappresentata dall’omesso pagamento.

I motivi della scelta del soggetto di non versare l’imposta, come visto, non rilevano però in alcun modo nella valutazione della colpevolezza.

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