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domenica 1 Settembre 2024
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Orlandi: Puntiamo a tax compliance per combattere vera evasione

Sul Fatto Quotidiano  di ieri Stefano Feltri co m m e n t ava l’editoriale di Ro ss e l l a Orlandi sulla rivista interna dell’A ge n z i a delle Entrate. La direttrice r i ve n d i c ava l’abbandono di “ogni a t te g g i a m e n to a u to r i t a t i vo” nella lotta all’eva s i o n e perché “le persone che abbiamo di fronte sono ge n e ra l m e n te in buona fe d e ”. Feltri chiedeva di non scordarsi però di quella parte di italiani che le tasse le paga re go l a r m e n te. Il giornale oggi pubblica una replica della direttrice Orlandi e una risposta del vice direttore Feltri.

Caro Stefano Feltri, ho letto il suo commento sul mio editoriale pubblicato sulla rivista interna dell’Agenzia delle Entrate. Su alcuni punti siamo in totale accordo: l’e s i g e nza di abbandonare gli atteggiamenti esclusivamente “au t or i ta t iv i ” dei funzionari del fisco e la considerazione che i cittadini, nella
maggioranza dei casi, sono in buona fede, anche quando commettono un errore. Sono altrettanto d’acc ordo che l’evasione è molto diffusa e non si può imputare solo ad alcune tipologie di contribuenti e chetutti dovremmo fare la nostra parte.Il suo intervento si chiude poi con una esortazione a non dimenticare quei cittadini che le tasse le pagano tutte. Ho trascorso troppo tempo, circa 30 anni, a rincorrere gli evasori fiscali, per non sapere che c’è una grande parte di cittadini che le tasse le pagano regolarmente e vorrebbero che tutti si comportassero allo stesso modo. Ma occorre affrontare l’enorme
problema dell’evasione fiscale con approcci diversi a seconda del fenomeno che si vuole combattere. Ci sono coloro  che attuano schemi fiscali aggressivi avvalendosi di “varchi” nella normativa internazionale e di strutture opache che consentono loro di sottrarsi alla tassazione nazionale, coloro che creano pericolose frodi utilizzando strumenti tipici dell’associazione a delinquere, evasioni da mancata fatturazione di corrispettivi (anche mancata emissione di scontrini) o di false fatturazioni di acquisto per gonfiare i costi, ci sono, infine, le evasioni che derivano da dimenticanza o da errore. Sono proprio queste ultime che vengono commesse da coloro che non intendono evadere. Non è un ossimoro. Il nostro ordinamento non distingue tra chi commette una violazione in buona fede o chi lo fa per scelta. A esclusione della rilevanza penale delle singole condotte, oggi l’evasione è uguale per tutti. La strategia che stiamo cercando di portare avanti, mira a sovvertire questo teorema. Un dipendente che ha perso il lavoro e nello stesso anno riceveuna qualsiasi indennità ma dimentica di presentare la dichiarazione dei redditi non è uguale a chi utilizza delle teste di legno per congegnare delle frodi carosello. Dobbiamo aiutare quel lavoratore a rimediare prima che arrivi il controllo con sanzioni e interessi. Lo abbiamo fatto negli ultimi due anni con risultati importanti. Grazie alla dichiarazione precompilata abbiamo avvisato centinaia di migliaia di persone che non avevano presentato la dichiarazione pur essendovi tenute. La metà ha rimediato da sola. Stesso discorso per i pensionati che perdono uno scontrino medico per il quale avevano chiesto una detrazione. In sede di controllo non potremo fare finta di niente, ma ai miei colleghi dico che bisogna trattare il cittadino come un “soggetto portatore
di diritti”non come una pratica oggetto di lavorazione. E tutto ciò va a vantaggio dei controlli cruciali e incisivi, il nostro vero target se vogliamo recuperare l’evasione fiscale più dannosa. Invitando i cittadini a porre rimedio da soli ai propri errori, eviteremo di doverli controllare e i nostri verificatori avranno più tempo ed energie da dedicare ai casi eclatanti. Se riusciamo a ricucire il nostro rapporto con i cittadini, facendoci percepire come giusti ed equi nel nostro lavoro, la nostra azione non verrà più intesa come vessatoria ma necessaria per una corretta convivenza civile. Chiudo dicendole che non
amo le demonizzazioni, di singoli o di categorie. Abbiamo bisogno di un clima sereno per lavorare, e anche qualche operazione fortemente mediatica
che lei cita non ha aiutato a distendere i rapporti ma ha creato ulteriori fronti di tensione sociale È invalso nell’o p in i o n e pubblica il luogo comune secondo cui richiedere la fattura sia un modo per non far evadere gli altri. Dev’essere però chiaro che chi non riceve o non pretende lo scontrino viene
impoverito di risorse sue. Quell’Iva non versata è una somma pagata dal consumatore finale che non potrà essere reimpiegata in scuole, ospedali, strade, investimenti, stato sociale. Un furto ai danni di tutti noi. Spero che questo contributo  insieme al suo, possa dare il via a una discussione costruttiva
su un tema così sentito e che ci riguarda tutti.
* direttore Agenzia delle Entrate

La risposta di Feltri

Gentile direttore Orlandi,

apprezzo il suo spirito costruttivo. Nel 2015 la lotta all’evasione ha prodotto un gettito record di 15 miliardi. Come ha osservato la Corte dei Conti,
però, gran parte di questo (6,9 miliardi) deriva dalla liquidazione automatizzata, i rilievi immediati alle irregolarità sulle dichiarazioni dei redditi. Un
intervento che contrasta il fenomeno di chi dichiara imposte senza versarle (di solito perché non può permetterselo). Il numero degli accertamenti –
quelli per stanare i furbetti – è calato invece di 120 mila unità tra 2012 e 2015. Proprio per questo, nel mio articolo, auspicavo misure anche simboliche
– come furono i blitz a Cortina del governo Monti su macchine di lusso e ristoranti –utili a rassicurare i tanti che pagano le tasse e che vogliono vedere gli
altri pagarle di essere dalla parte degli onesti e non dei fessi. In un Paese con un’evasione di massa non basta l’efficienza e la correttezza giustamente
perseguite dalla sua Agenzia. Serve anche la deterrenza e la sanzione morale, altrimenti detta gogna, per chi rompe il patto della cittadinanza aggirando
le tasse che sono il prezzo da pagare per vivere in una democrazia. Ma il dibattito è utile.

 

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