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mercoledì 30 Aprile 2025
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Pagare tutti pagare meno: favorire la cultura della legalità fiscale

Di Oreste Saccone

Da un recente studio finanziato dalla Commissione europea è emerso che in Italia nel 2014, nonostante qualche timido cenno di miglioramento, la differenza tra le entrate Iva previste e quelle riscosse è stata del 27,55% , pari a due volte la media europea (14,03%), quasi tre volte il gap Iva tedesco (10,37%), più di tre volte quello spagnolo (8,88%) e 20 volte il gap iva svedese (1,24%). In cifre assolute anche nel 2014 Il divario dell’Iva italiano risulta essere il più alto tra 27 Paesi della Ue, pari a € 36,9 md. su un ammontare complessivo di 159,9 md.
Negli anni dal 2010 al 2014 la propensione media all’evasione Irpef dei lavoratori autonomi e le imprese è stata pari al 55,9%, solo del 3% quella dei lavoratori dipendenti irregolari.(Rapporto Mef ottobre 2016).
L’evasione fiscale e i cittadini – Se diamo credito a buona parte dei media e alle parole di molti politici in Italia l’evasione fiscale viene percepita come una forma di difesa del cittadino verso lo Stato esoso ed oppressore ( e non solo per il cattivo uso del denaro pubblico), tutt’al più valutabile come peccato veniale. Fino al punto che la notizia, periodicamente annunciata, di portare avanti una seria lotta all’evasione fiscale viene considerata da molti più come minaccia di uno Stato autoritario, che come battaglia di giustizia sociale. Quasi come se esistesse una evasione tollerabile, quella diffusa e di massa, quella di chi dichiara 30mila euro e ne guadagna 80mila ed un’evasione indecente e da combattere, quella dei grandi evasori e dei fenomeni elusivi transazionali. In questa ottica troverebbero giustificazione i continui condoni fiscali che si sono succeduti nel tempo, da ultimo la rottamazione dei ruoli, che consente al contribuente evasore beccato in flagrante di chiudere un ‘ennesima volta i conti col fisco senza subire alcuna sanzione. E’ lecito dubitare che questa sia l’opinione di chi a stento sbarca il lunario, del disoccupato, del precario, del pensionato medio , del giovane alla ricerca di lavoro, ma anche della maggior parte di quelli che, a stipendio fisso, pagano regolarmente le tasse e devono stringere la cinghia per arrivare dignitosamente a fine mese con la propria famiglia.
Insomma non è certo questo il sentimento della maggioranza degli italiani, stremati da una crisi economica e sociale di cui non si vede la fine, accentuata dal moloch dell’evasione fiscale e dalle altre manifestazioni di illegalità diffusa, la corruzione prima di tutte, che come la gramigna infestano il Paese, accentuano le diseguaglianze tra i cittadini e disgregano il tessuto sociale.
E’ naturale pensare, semmai, al profondo senso di frustrazione e impotenza che tocca l’opinione pubblica e favorisce una visione fatalistica dell’evasione di massa, come un fatto ineluttabile: “vis cui resisti non potest”. Una peculiarità italiana, che differenzia il nostro Paese dalle altre grandi democrazie occidentali.
Il substrato socio culturale dell’evasione fiscale – Questa visione del fenomeno dell’evasione diffusa è strettamente connessa ad un altro aspetto del problema, che costituisce – a mio parere – il substrato socio culturale : il cittadino medio è consapevole che l’evasione fiscale sia un problema reale, ma lo considera un affare che riguarda lo Stato e i suoi organismi deputati al controllo, che non lo coinvolge in prima persona. Anzi, pensare anche solo di costringere il cittadino a chiedere obbligatoriamente lo scontrino o la ricevuta fiscale, è stato visto come un’ulteriore costrizione dello Stato- gabelliere nei suoi confronti. Al punto che nel 2003 venne abrogata la norma (art. 11, comma 6, dlgs. 471/97) che sanzionava il cliente sprovvisto di scontrino fiscale e nessuno oggi ne sente la mancanza. Non era certo quella la misura decisiva per favorire la partecipazione del cittadino alla lotta all’evasione fiscale, ma la sua abrogazione testimonia una visione ampiamente condivisa dall’opinione pubblica e assecondata dai nostri politici: la lotta all’evasione fiscale non costituisce una battaglia di civiltà a difesa dell’equa tassazione, del bene comune e del welfare, nella quale i cittadini sono parte attiva, ma una lotta tra guardie e ladri, tra agenzia delle entrate, guardia di finanza e piccoli o grandi evasori.
Le difficoltà del cittadino che segnala un’evasione – Questo cultura è talmente radicata nella nostra società che le stesse istituzioni guardano con diffidenza o comunque non rendono la vita facile a chi, per senso civico o per un moto di rabbia non più reprimibile, si propone di denunziare un fatto, un episodio di evasione fiscale nel quale è stato involontariamente coinvolto.
A chi non è mai capitato di vedersi presentare dal ristoratore, al momento di pagare il conto, ad esempio di 50 euro, una ricevuta che reca la dicitura “non valida ai fini fiscali”, con l’aggiunta, nel migliore dei casi, dell’invito a richiedere espressamente alla cassa il documento fiscale ( sic!!).
E’ evidente che in questo frangente il privato, che non ha necessità di scaricarsi il costo del ristorante ai fini fiscali, a fine pranzo si trova di fronte ad un antipatico dilemma: far finta di nulla, oppure armarsi di santa pazienza e chiedere la ricevuta fiscale. In questo secondo caso il nostro farà il suo dovere di cittadino ma, probabilmente, non potrà più frequentare quel locale e sarà ritenuto un rompiscatole dagli altri commensali. Il nostro cittadino modello potrebbe invece decidere di denunziare l’accaduto alle autorità fiscali.
A questo punto, consultando internet, si accorgerebbe che non è affatto facile fare il proprio dovere civico. Scoprirebbe che non esiste una normativa specifica che mira a favorire la partecipazione del cittadino al contrasto ai fenomeni evasivi.
La sua unica possibilità sarebbe quella di rivolgersi alla Guardia di finanza, segnalando l’accaduto al 117 oppure recandosi presso un Comando territoriale, utilizzando le stesse modalità previste in presenza di fatti di ben altra rilevanza, tutti fatti delittuosi, come lo spaccio e il traffico di stupefacenti, il furto, la rapina, etc. etc.
Nel primo caso, dovrà probabilmente attendere l’arrivo della volante, (sperando che ce ne sia una nei paraggi), per fa constatare il fatto, con tanto di sirena, verbale, clamore mediatico.
Nel secondo caso, la situazione è meno eclatante, ma dovrà comunque recarsi ( lui oppure un suo delegato) presso gli uffici della Guardia di finanza ( o dell’Agenzia delle entrate) in orario d’ufficio e predisporre un esposto circostanziato, con tanto di generalità, documento d’identità, etc. etc., con tutti i tempi necessari per queste operazioni. Senza considerare che probabilmente sarà convocato successivamente,magari dopo qualche anno, per confermare il contenuto dell’esposto. E tutto questo per l’omessa ricevuta fiscale di 50 euro.
In tempi di dichiarazioni telematiche, pagamenti delle tasse on banking, sms e avvisi fiscali via web, è davvero sconcertante che il legislatore non abbia previsto una analoga semplificazione per favorire il comportamento virtuoso del cittadino che intende segnalare un illecito fiscale, quantunque di modesto ammontare. E non tanto e non solo per consentire alle autorità di intervenire, ma anche per diffondere nei cittadini la cultura della legalità fiscale come bene comune. Per rafforzare la consapevolezza che l’evasione fiscale non è un concetto astratto, ma nelle sue diverse espressioni danneggia direttamente ognuno di noi e mina profondamente le base del vivere comune.
Il conto dell’evasione – Ogni euro evaso partecipa a accentuare la voragine dei conti pubblici, a ridurre le risorse per i servizi sociali, la sanità, la scuola, i trasporti e il welfare in generale e ad incrementare la pressione fiscale sui cittadini onesti.
Basta poi fare un po’ di conti per rendersene conto. Se ad esempio ogni giorno 300mila clienti pagano al ristorante 30 euro in nero, vengono omessi quel giorno 9 milioni di ricavi, 63 milioni ogni settimana, 275 milioni circa ogni mese, 3 miliardi e 300 milioni ogni anno. L’erario perderà circa 300 milioni di euro in un anno per l’Iva (10%) pagata dai clienti e non versata. Il minor gettito irpef/Ires ammonterà a non meno di 800 milioni euro.
Serve un cambiamento radicale nel rapporto fisco-cittadini – il fisco nelle scuole e il cittadino come Whistleblower fiscale. Bisognerebbe puntare ad un cambiamento radicale nel rapporto fisco – cittadini, facendo essenzialmente leva su tre ordini di iniziative.
La prima, introdurre nell’ordinamento scolastico delle scuole medie una materia autonoma, aventi pari dignità rispetto agli altri insegnamenti, che formi i cittadini di domani e cementi in loro i valori costituzionali fondanti la convivenza civile, di cui la legalità fiscale rappresenta una delle maggiori espressioni.
La seconda, prevedere una disciplina specifica che faccia sentire il cittadino come primo interessato alla lotta all’evasione fiscale: il cittadino come “Whistleblower” fiscale.
A tal fine si dovrebbero prevedere specifiche tutele e semplificazioni per consentire alle persone che a qualsiasi titolo vengano a conoscenza di una condotta che costituisce illecito fiscale, come nel caso dell’ acquirente per le vendite o prestazioni in nero, di procedere in modo semplice ed immediato a segnalare l’illecito, magari via web e con app, dedicati. Prevedere anche che l’identità del segnalante non può essere rivelata senza il suo consenso, tranne che nel caso in cui la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa del contribuente segnalato.
La terza, impedire futuri condoni, che disincentivano qualsiasi forma di collaborazione dei cittadini onesti, introducendo a livello costituzionale il divieto di sanatorie fiscali, salvo che in situazioni eccezionali da votare con maggioranza assoluta in entrambi i rami del Parlamento (come per il pareggio di bilancio).

La partecipazione dei cittadini alla lotta all’evasione non si ottiene facendo ricorso a generici richiami etici e o a pletoriche e occasionali campagne pubblicitarie e neanche con la annunciata lotteria antievasione, ma con scelte e comportamenti concreti che diano sostanza al principio della legalità fiscale come valore fondante della nostra democrazia, riducano la pressione fiscale sui contribuenti onesti e consentano all’Italia di divenire un Paese fiscalmente normale.

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